Venezia 73 – La región salvaje: recensione
Arriva a Venezia 73 La región salvaje, quarto lungometraggio del regista messicano Amat Escalante, per la prima volta al Lido, ma con all’attivo già il prestigioso Prix de la mise en scène del Festival di Cannes 2013 per il suo Heli. Il film si preannunciava come uno dei possibili “casi” della Mostra, forte anche delle parole dello stesso regista, che ha dichiarato di avere tratto ispirazione anche dal cult di Andrzej Żuławski Possession. Tanto rumore, possiamo già anticiparvelo, per (quasi) nulla.
Venezia 73 – La región salvaje: recensione
La región salvaje preme il piede sull’acceleratore fin dalla primissima scena, che ci mostra un minaccioso meteorite in arrivo sulla Terra. Da questo oggetto alieno si sprigiona una forza misteriosa, che si incarna nel corpo di Veronica (Simone Bucio) in un capanno sperduto nel bosco. La ragazza si avvicina alla civiltà, dove si inserisce nelle vite della coppia formata da Alejandra (Ruth Ramos) e Angel (Jesús Meza) e in quella del fratello di lei Fabian (Eden Villavicencio). La torbida e oscura esistenza dei tre sarà ulteriormente scombussolata da Veronica, decisa a fargli conoscere il mistero della capanna nel bosco.
Con La región salvaje, Amat Escalante affronta con coraggio un mix di generi che spazia dall’horror al thriller e alla fantascienza, non riuscendo però a gestire in maniera coerente e consistente i buonissimi spunti di partenza. A emergere rispetto a questi elementi, che potevano e dovevano essere preponderanti, è così un dramma familiare a sfondo omosessuale, che provoca e disturba solo nelle intenzioni e mai nella messa in scena. La storia si avvolge così su se stessa, incapace di attrarre ed emozionare lo spettatore se non nei pochi, ma ben fatti, momenti più marcatamente horror, che avrebbero meritato ben più spazio e centralità all’interno della storia.
Non aiutano la resa generale di La región salvaje le prove monocorde e insapori degli attori protagonisti
Escalante inserisce all’interno della narrazione scene dall’innegabile impatto visivo in maniera decisamente forzata e affrettata, finendo così per creare più confusione che suspense o reale paura. Il risultato è una pellicola che cerca disperatamente di disturbare, scandalizzare e creare pathos nell’animo dello spettatore, ma che in fondo riesce soltanto a creare un senso di straniante attesa, senza lasciare veramente un segno, e perdendo del tutto il filo del racconto nell’ultima parte. Il paragone con un capolavoro con un punto fermo del genere horror come Possession è così decisamente impietoso, mentre semmai possono sussistere, a livello di soggetto, delle similitudini con il ben più riuscito Under the Skin di Jonathan Glazer.
Non aiutano la resa generale di La región salvaje le prove monocorde e insapori degli attori protagonisti, che oltre a non brillare per espressività non danno mai profondità e tridimensionalità ai propri personaggi. A non convincere pienamente sono anche le musiche, curate dallo stesso Escalante insieme a Guro Moe e Lasse Marhaug, oltre alla regia e al montaggio, decisamente piatti e privi di spessore.
La región salvaje si presenta come una pellicola innocua e facilmente dimenticabile
È quindi tutto da buttare? Probabilmente no. Oltre alle già citate scene sovrannaturali, esaltate dalla fotografia di Manuel Alberto Claro, rimane anche il buon personaggio del marito Fabian, che con il suo rapporto con l’omosessualità, detestata in pubblico ma decisamente apprezzata in privato, incarna l’ipocrisia e la doppiezza della società verso un argomento ancora anacronisticamente considerato sporco e tabù. Ma se in un film con tutte le intenzioni di sconvolgere e spaventare, a rimanere nella mente dello spettatore è la critica alla società e all’istituzione della famiglia, è inevitabile trarre la conclusione di aver assistito a un fallimento e a un deciso passo indietro per la carriera di Amat Escalante.
A dispetto della spasmodica attesa, La región salvaje si presenta come una pellicola innocua e facilmente dimenticabile, sia dagli amanti del cinema di genere che dagli appassionati di film d’essai, priva di una direzione ferma e precisa da intraprendere e incapace di affascinare completamente lo spettatore, rivelandosi uno dei film più deboli di un concorso dalla buona qualità media. Attendiamo quindi di rivedere un regista dall’indiscutibile talento come Amat Escalante in un progetto più solido e che possa esaltare maggiormente le sue doti.