Venezia 73 – Planetarium: recensione del film con Natalie Portman
In una Venezia 73 decisamente riuscita e dalla buona qualità media, con diversi film in lotta per i premi più ambiti e per il favore del pubblico, arriva la pellicola di Rebecca Zlotowski Planetarium, che rischia seriamente di mettere tutti d’accordo su quale sia il peggior lungometraggio passato quest’anno al Lido. Protagonisti del film sono l’attore francese Emmanuel Salinger, la 17enne Lily-Rose Depp (figlia di Johnny Depp e Vanessa Paradis) e soprattutto Natalie Portman, che solo poche ore dopo aver conquistato tutti con la sua performance in Jackie, si ritrova al centro dell’attenzione per un film, confusionario, mal diretto e mal sceneggiato, in cui la performance dell’attrice premio Oscar è l’unico faro in una lunga e cupa notte cinematografica.
Ci troviamo in Francia negli anni ’30, dove le due sorelle sensitive Laura (Natalie Portman) e Kate (Lily-Rose Depp) Barlow vengono ingaggiate dal produttore cinematografico André Korben (Emmanuel Salinger) per essere le protagoniste del primo vero film sui fantasmi. Poco a poco vengono però fuori le reali intenzioni dell’uomo e il suo cupo passato.
A dispetto di premesse decisamente buone e di un cast di tutto rispetto, Planetarium si rivela una cocente delusione
La prima cosa di cui ci si rende conto durante la visione di Planetarium è l’assoluta confusione narrativa che domina su tutto il film. La regista Rebecca Zlotowski (anche co-sceneggiatrice insieme a Robin Campillo) prepara un polpettone filmico in cui vengono inseriti, spesso senza alcuna cognizione di causa e in maniera oltremodo forzata, i più disparati elementi (le sedute spiritiche, la figura dell’attrice, la repressione sessuale, il nascente nazismo, gli omaggi al cinema dell’epoca) in modo talmente caotico da rendere estremamente difficoltosa la visione anche ai più allenati spettatori
Nel corso della pellicola, è estremamente difficile non arrivare al punto di chiedersi almeno una volta chi sono realmente i personaggi, cosa si sta vedendo e soprattutto perché. L’ancora acerba Lily-Rose Depp e il costantemente in overacting Emmanuel Salinger mancano già dalle prime battute del film l’obiettivo di dare tridimensionalità e approfondimento psicologico dei rispettivi personaggi, lasciando all’incolpevole Natalie Portman il compito di cercare di risollevare le sorti della pellicola. Quest’ultima dà fondo a tutto il suo repertorio in fatto di espressioni, portamento e mimica facciale, ma si deve arrendere all’impossibilità di rendere interessanti un personaggio inconsistente e una sceneggiatura totalmente vuota.
Nel corso della pellicola, è estremamente difficile non arrivare al punto di chiedersi almeno una volta chi sono realmente i personaggi
Non sappiamo se l’intenzione di Rebecca Zlotowski fosse quella di imbastire un thriller ambientato agli albori del nazismo, un omaggio al cinema dell’epoca, una critica da un punto di vista prettamente femminile sul cinema e su tutto ciò che gli ruota intorno o un parallelo fra la figura dell’attrice e quella della sensitiva. Quello che ci sentiamo però di dire è che qualsiasi fosse il fine ultimo, esso è stato mancato clamorosamente. Planetarium procede per inerzia, senza creare alcun senso di empatia nello spettatore e non lasciando alcun messaggio di fondo, cercando di mascherare le proprie vistose carenze narrative con una fotografia evocativa, una serie di improbabili citazioni e con continui primi piani su Natalie Portman e sulla comunque affascinante Lily-Rose Depp.
Il tutto è ulteriormente ammorbato da musiche totalmente prive di spessore, che sembrano essere state scelte più con la funzione shuffle di iTunes che per creare un legame con ciò che viene mostrato sullo schermo.
A dispetto di premesse decisamente buone e di un cast di tutto rispetto, Planetarium si rivela una cocente delusione e un tentativo fallito di creare una solida commistione fra generi e temi affrontati. Spiace soprattutto vedere un’interprete dal talento così puro e cristallino come Natalie Portman sprecata in un progetto incosistente e autoreferenziale, senza uno scopo e senza una precisa direzione da seguire, che ha avuto soltanto l’immeritata fortuna di godere della luce di un grande Festival al posto di altre pellicole sicuramente più meritevoli. Planetarium è quindi un film sconsigliato a chiunque e da dimenticare al più presto.