Venezia 73 – Gantz: O – recensione del film basato sul popolare manga Gantz
Venezia 73 si apre agli anime con Gantz: O, film diretto da Keiichi Saitô e Yasushi Kawamura, basato sul popolare manga Gantz. La pellicola è stata realizzata interamente in 3DCG, limitando così l’utilizzo di attori in carne e ossa alla sola voce.
Protagonista di Gantz: O è il giovane Masaru Kato, maggiore di due fratelli, che viene accoltellato apparentemente a morte in metropolitana. Il ragazzo viene però strappato dalla morte da Gantz, una macchina che impiega le persone trapassate per combattere gli alieni in un folle gioco ambientato nelle più importanti città giapponesi.
Le regole del gioco sono semplici, ma spietate: ogni ferita subita viene rigenerata alla fine del gioco, ma se si viene uccisi si muore per davvero.
Ogni partita inoltre fa accumulare un certo numero di punti. Arrivati a quota 100 punti, il giocatore può scegliere il suo premio fra un armamento migliore e potenziato, la resurrezione di un proprio compagno o l’uscita definitiva da Gantz e il conseguente ritorno alla vita reale. Per Masaru ha così inizio un’incredibile e adrenalinica avventura per la salvezza del Giappone intero e per la propria libertà.
Gantz: O si rivela sostanzialmente fin dai primi minuti un videogame messo su pellicola, senza alcuna pretesa di approfondimento della storia e di introspezione dei personaggi.
Tolti pochi minuti introduttivi e conclusivi, o di flashback sui personaggi principali, il film non è altro che un lungo e adrenalinico combattimento, concepito per intrattenere lo spettatore e per mostrare l’eccellente lavoro di animazione svolto dalla produzione.
Inevitabile che un lavoro di questo tipo possa fare storcere al naso sia a un pubblico esigente come quello della Mostra del Cinema di Venezia, sia ai puristi del manga e della conseguente serie televisiva, che potrebbero essere particolarmente infastiditi dai consistenti tagli fatti al racconto, soprattutto in termini di caratterizzazione dei personaggi e di carica erotica e splatter.
I pregi di Gantz: O, il film tratto dall’omonimo manga
Il più grande pregio di Gantz: O è sicuramente l’impressionante lavoro fatto in termini di modellazione digitale e resa scenica dei personaggi del film. Difficile non provare all’interno del magico buio della sala cinematografica un misto di stupore e straniamento per il realismo dei protagonisti, sia nei loro lineamenti che nelle espressioni facciali, equiparabile a quello delle migliori cutscene di videogiochi dal buget ultramilionario.
Ben congegnate e realizzate anche le molteplici battaglie su schermo, insieme all’ambientazione in un Giappone cupo e avveniristico, che renderanno la visione di Gantz: O un tuffo al cuore per coloro che sono cresciuti a suon di battaglie nelle serie televisive d’animazione giapponesi.
Al di là degli innegabili pregi tecnici e visivi, in Gantz: O risulta prevedibilmente deficitario l’approfondimento psicologico e narrativo dei personaggi.
Difficile trasporre in poco più di 90 minuti su schermo un racconto così lungo e complesso, ma durante la visione si ha più volte la netta sensazione che la trama sia stata per la produzione solo un mero pretesto per fare sfoggio degli ottimi risultati raggiunti nel campo dell’animazione digitale.
Un vero peccato, perchè all’interno del film e dell’opera sulla quale è basato ci sarebbero stati tanti spunti da sviscerare in maniera più seria ed esaustiva, come il confine sempre più labile nell’era moderna fra mortalità e immortalità dei nostri avatar tecnologici o le differenze etiche e morali fra le diverse fazioni del gioco, compresa quella degli inquietanti alinei invasori. Spiace inoltre vedere un’opera tanto cruenta e cinica come l’originale Gantz deturpata delle componenti più fastidiose, ma anche più interessanti, come la fortissima tensione erotica (ridotta in Gantz: O a banali battuti sulla formosità delle protagoniste) o un tono splatter decisamente più marcato rispetto a questo adattamento.
Gantz: O si propone come un innocuo e semplice adattamento di un manga che è già un grande classico fra gli amanti del genere, utile per toccare con mano l’eccellente realismo ormai raggiunto nel campo dell’animazione digitale. Una visione godibile anche per chi non conosce le opere sulla quale è basata, ma decisamente sconsigliata ai detrattori di una narrazione basata prettamente su lunghe e frequenti scene d’azione e di combattimento.