Oliver Stone: “Snowden non è un film politico, ma stiamo attenti alla privacy”
“Ho letto 1984 di George Orwell quando ero un ragazzino e mi ha spaventato a morte. Non voglio trovarmi in quella situazione, ma ci siamo”.
Oliver Stone presenta il suo film, Snowden, al Toronto Film Festival. Fin dai primi momenti di promozione, il regista ha usato il tema del film – il caso Snowden, appunto – per raccontare quello che pensa sullo stato attuale della privacy dei cittadini, in particolare negli Stati Uniti. Stone si dice allarmato per la poca sicurezza dei dati personali che ormai siamo costretti ad accettare, in cambio della tecnologia.
In una video-intervista con The Hollywood Reporter, Oliver Stone racconta il film appellandosi, ancora una volta, al bisogno di privacy e ai rischi di un Governo che spia i propri cittadini. Potete vedere l’intervista integrale (con trailer di Snowden compreso) qui di seguito.
Oliver Stone: “Non è un film politico, racconterò la storia di Snowden”
“Eravamo da cinque anni nell’amministrazione Obama e credevo, come chiunque altro, che avrebbe riformato il sistema di sorveglianza, perché lo aveva criticato. Per questo motivo, le informazioni rilasciate dal signor Snowden sono state come un uragano”.
Oliver Stone denuncia il sistema attraverso un film che ripercorre le vicende del “Caso Snowden”: nel 2013 Edward Snowden, un informatico ex tecnico della Cia, rivela pubblicamente alcuni dettagli sulla sorveglianza di massa del governo statunitense e britannico, fino ad allora tenuti segreti. Quasi immediatamente il Governo americano denuncia il tecnico di furto di proprietà del governo, comunicazione non autorizzata di informazioni della difesa nazionale e comunicazione volontaria di informazioni segrete con una persona non autorizzata.
“Il governo americano ha messo insieme il sistema di sorveglianza interna più sofisticato del mondo. E’ abbastanza spaventoso pensare a quali possono essere le implicazioni. Nella mani del Presidente sbagliato… è molto pericoloso quello che stiamo facendo”.
Ma Snowden non parlerà solamente di politica e intelligence:
“E’ molto importante il rapporto con la sua ragazza. Da lei ricava il coraggio e la forza di denunciare. Senza di lei non ci sarebbe riuscito. Se lavori per la NSA per così tanti anni, ti abitui a questo meccanismo. Di tutti i dipendenti dell’agenzia, solamente 4 o 5 persone hanno deciso di alzare la voce. Il film non è stato fatto per motivi politici, l’avevo pensato come drama, all’inizio. Voglio raccontare la sua storia con thriller e non è facile. Non ci sono inseguimenti o scene alla James Bond, non c’è violenza. Ma funziona come thriller: le persone andranno a vederlo e lo percepiranno come tale”.