Alta Fedeltà: recensione del film con John Cusack
“Cos’è nata prima, la musica o la sofferenza? Io ascoltavo pop music perché ero un infelice o ero un infelice perché ascoltavo la pop music?”. Alta Fedeltà è un film sulla vita, sulle scelte che facciamo o che decidiamo di subire e più di tutto su quanto la musica, volente o nolente, ci accompagni passo passo in questo percorso.
Alta Fedeltà è un film del 2000. Diretto da Stephen Frears, è tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore inglese Nick Hornby e racconta la storia di Rob (John Cusack), il proprietario di un negozio di dischi in crisi con la vita e con l’amore. Insieme ai suoi dipendenti, Barry (Jack Black) e Dick (Todd Louiso) ha l’abitudine di stilare delle classifiche, delle Top Five. Per questo, quando la sua relazione con Laura (Iben Hjejle) finisce, decide di analizzare le sue precedenti storie d’amore per capire cosa ci fosse di sbagliato. Così, in cerca di risposte, compone la Top Five delle rotture più dolorose della sua vita.
Nel cast troviamo anche Lisa Bonet nei panni della fascinosa cantante Marie DeSalle; Joan Cusack nel ruolo dell’amica Liz; Tim Robbins che interpreta Ian, il nuovo fidanzato new age di Laura; e Catherine Zeta-Jones nei panni di Charlie, l’ex fidanzata più temuta di Rob.
Alta Fedeltà – Una playlist da intenditore
Alta Fedeltà ci porta attraverso tutte le storie d’amore, ovviamente finite male, del protagonista. Come una vera e propria playlist d’intenditore, lo seguiamo verso la scoperta di se stesso, attraverso il rapporto con gli altri. Scopriamo che ci sono sempre due lati della storia e che Rob, ritenutosi sempre “il bravo ragazzo” della situazione, tradito e soppiantato, forse così bravo non è.
Scopriamo pian piano gli altarini, le scuse e quei dettagli della storia che Rob vuole raccontarci. Come se fossimo un amico, un confidente a cui il protagonista racconta i suoi problemi, escludendo le parti in cui, in qualche modo, ne esce in modo negativo. E’ anche grazie agli altri personaggi della storia che scopriamo davvero quello che succede e che è successo e Rob, immediatamente, si giustifica con noi, cercando di recuperare terreno, trovando una scusa per tutto.
Alta Fedeltà – Nick Hornby e la musica
Assistiamo alla sua maturazione come uomo, come compagno e anche come amico. E’ un percorso che Alta Fedeltà segue come altri film tratti dal lavoro di Hornby – pensiamo ad About a Boy – Un ragazzo (2002), a L’amore in gioco (2005) o a Non buttiamoci giù (2014). Tutti sono, in qualche modo, caratterizzati dal senso di crescita, di cambiamento, anche e soprattutto grazie all’aiuto di coloro che circondano il protagonista di turno.
L’elemento guida del film è, però, la musica. La passione nell’ascoltare, nel raccogliere e nello scoprire la musica degli altri e del desiderio di contribuire in qualche modo. I protagonisti di Alta Fedeltà sono feticisti musicali, la loro vita è scandita dalla musica. Esiste una playlist per qualunque cosa: per il lunedì mattina o per il proprio funerale. Allora, creare una Top Five per qualcuno diventa qualcosa di intimo, un modo per esprimere i propri sentimenti “attraverso la poesia degli altri”. Ma questo, in fondo, è l’essenza della musica.
Alta Fedeltà – Il romanticismo del mondo reale
Alta Fedeltà è un film da vedere. E’ romantico, ma realista. E’ dolceamaro. Con un cast di qualità è una storia originale, si differenzia dalla solita commedia romantica. Da Alta Fedeltà non ci si aspetta un “E vissero felici e contenti”, una vita perfetta all’insegna dell’amore eterno e impeccabile, perché non sarebbe reale. Il romanticismo del film è concreto, guidato da emozioni reali, senza fronzoli.
E se il romanticismo non vi attrae, se il cast vi sembra insulso e la storia vi annoia, un buon motivo per vederlo c’è comunque: potrete arricchire la vostra playlist. E non è poco.