Café Society: 5 buoni motivi per vedere il nuovo film di Woody Allen
Anni ’30, il luccichio di Hollywood, la malavita dei sobborghi di New York, un giovane che si innamora perdutamente della ragazza sbagliata: Café Society (recensione) è l’ultimo film dell’iper produttivo regista Woody Allen, impegnato al momento sul grande e piccolo schermo, dove ha debuttato il 30 settembre con la sua prima serie televisiva targata Amazon Crisis In Six Scenes.
Ma il più grande amore di Allen rimane comunque il cinema e ne dà l’ennesima prova con la sua disincantata opera con protagonisti Jesse Eisenberg, Kristen Stewart, Steve Carell, Blake Lively, Corey Stoll e Parker Posey, un ritorno a un’epoca passata fatta di star e disincantate illusioni.
Con ritmo frizzante e l’immancabile sottofondo jazz, Cafè Society è l’amore giovanile che ferisce, ma rimane inviolato, una romanticamente nostalgica storia di sentimenti che noi di Cinematographe vi invitiamo a gustare, servendovi 5 buoni motivi per andare tempestivamente al cinema e vederla.
Che aria magica stasera…
Gli abbagli del cuore sono i più difficili da superare, ma l’atmosfera da sogno che Woody Allen riesce a creare può rivelarsi ottimo balsamo per i sentiti dispiaceri. Perché l’amore può ingannare, ma gli occhi dei sognatori non possono rimanere spenti troppo a lungo ed Allen sa accenderli di brillante speranza, racchiudendo il tutto in una malinconica delicatezza.
Jesse Eisenberg aka Woody Allen
Non solo uno dei più eccellenti attori della sua generazione, Jesse Eisenberg è in grado di comprendere nel suo smisurato e riconosciuto talento le ansie, i turbamenti, le insicurezze e le manie di uno storico Woody Allen diventandone il perfetto fantoccio. Certamente non per annullare sé stesso nella persona di un altro, ma per dar prova di sapersi muovere con abilità in differenti ruoli e in ognuno riuscire a rappresentare lo spirito che li alimenta.
Pallottole su Café Society
Parafrasando un altro grande titolo della filmografia alleniana, anche nell’ultimo Café Society non poche sono le chicche comiche riservate ai boss della criminalità organizzata americana. Un fratello, quello del protagonista Bobby, interpretato da Corey Stoll, l’Hemingway di Midnight in Paris, che con il suo fare deciso e senza usare mezze misure, saprà regalare divertenti risate agli spettatori, sempre nel rispetto della famiglia e portando avanti numerose “lusinghe” per convincere restii acquirenti.
L’epoca d’oro del cinema
Agente di numerose stelle di quella Hollywood dei divi oramai trascorsa, è la presenza di Phil Stern, interpretato dal bravissimo Steve Carell, a trasportarci nelle feste da sogno dove non è difficile incrociare i volti di grandi nomi come quelli di Fred Astaire e Greta Garbo. Una dimensione, quella dell’opera di Woody Allen, dove si ricordano le star che hanno fatto la storia del cinema mondiale e che farà gioiosamente sorridere gli appassionati, un omaggio al passato immensamente amato dal regista e dai più affezionati cinefili.
Occhi, sogni, finale…
Una delle più grandi abilità del cineasta statunitense è quella di aver sempre capito quando era il momento di salutare. Non aspettando tempi lunghi per farlo, non dilungandosi affannosamente verso chiusure forzate. Woody Allen ha sempre saputo chiudere un film ed i suoi finali migliori sono quelli che per un motivo o per un altro risultano improvvisi, che riescono a lasciare l’amaro in bocca ed un pensiero alle spalle. Café Society ne è una nuova prova, una fine che lascia aperto uno spiraglio che non potremmo mai completamente afferrare.