Westworld – Dove tutto è concesso: recensione della serie tv HBO
Nell’anno 1973, Westworld (italianizzato Il mondo dei robot) era il titolo del primo lungometraggio a opera di Michael Crichton, visionario autore che si trova – per chi, imperdonabilmente, non ne fosse ancora a conoscenza – dietro i testi, tra gli altri, di Jurassic Park, Sfera e La grande rapina al treno: opere profondamente differenti l’una dall’altra, ma accomunate dalle tre trasposizioni cinematografiche che ne hanno rispolverato, in seguito, la bellezza e l’importanza.
Westworld – Dove tutto è concesso (trailer) :dal film di Michael Crichton alla serie tv
Oggi tocca la medesima sorte a quell’opera prima che ha segnato l’esordio di Crichton nel mondo della settima arte: il Westworld del 2016 è, infatti, una serie tv ideata da Jonathan Nolan e Lisa Joy (senza dimenticarci di annoverare J.J. Abrams, di cui si riconosce come sempre la mano, fra i produttori) per la HBO, e prende le mosse dalle stesse premesse del film del 1973.
Il dr. Ford è il direttore del futuristico parco a tema che dà il titolo alla serie tv: l’ambientazione, quindi, è quella di un remoto far west (di chissà quale epoca futura: rimane imprecisata, infatti, l’anno esatto), un villaggio che al suo interno ospita robot umanoidi come vere e proprie attrazioni per i ricchissimi clienti che faranno visita. Agli abitanti del luogo è concesso dare libero sfogo alle proprie pulsioni senza che queste siano punite e senza alcun tipo di conseguenza. Tuttavia, la componente di Westworld che offre i maggiori spunti di riflessione è quella riguardante gli errori di programmazione negli esseri di “metallo” che li spingono, più di una volta, a porsi domande sulla propria natura, sul luogo in cui vivono e su quanto sia fittizio o reale ciò che li circonda, ricordando un po’ quel Truman protagonista di The Truman Show.
Dei robot, alla asimoviana maniera, spiccano quindi lo spirito, le emozioni, ogni tipo di sentimento e la coscienza individuale e collettiva, questa tenuta unita, in qualche modo, dalla bellissima Dolores (una Evan Rachel Wood più espressiva che mai), automa anche lei.
Il dottor Robert Ford, di cui veste i panni un Anthony Hopkins sicuramente più in forma di quanto non lo ricordassimo nelle sue più recenti prove attoriali sul grande schermo, è un altro personaggio di spicco, ed è affiancato dal “proselito” William (personificato da un ottimo Jimmi Simpson).
Diversamente da come detterebbe Asimov, tuttavia, c’è l’allontanamento del focus – che, nell’autore di fantascienza per eccellenza visceralmente appassionato agli esseri pensanti in metallo, era focalizzato sull’uomo e sul suo complesso e sfaccettato rapporto con le sue creazioni – ai robot stessi: più che l’innegabile somiglianza agli esseri umani stessi, da parte degli esseri “inanimati” c’è la necessaria e improrogabile ricerca di una parità fra i due universi, soprattutto per quanto concerne il loro posto nel mondo, pur essendo agli antipodi e situati in un rapporto di stretta dipendenza con, e da, gli umani, persino biologicamente.
Se non c’è nulla di profondamente nuovo nell’aspetto tematico, Westworld farà parlare di sé soprattutto per la messinscena e la perfetta commistione del genere fantascientifico e del western, i due generi preponderanti: i robot sembrano, infatti, trovarsi nel proprio naturale habitat tanto in asettici corridoi grigi quanto nei propri abiti dal sapore steampunk, per non parlare dei polverosi viali e nei locali sudici della cittadina, ricostruzione completamente rispettosa del puro stile di quel west che popola da sempre l’immaginario collettivo.
Perfino gli amanti del sangue possono stare tranquilli: il pilot di questa nuova serie tv non li deluderà.
Westworld – Dove tutto è concesso, la nuova serie evento targata HBO, va in onda in esclusiva su Sky Atlantic dal 3 ottobre in contemporanea con la programmazione americana.