Inferno: recensione del film di Ron Howard con Tom Hanks
“Il mio dono è il futuro. Il mio dono è la salvezza. Il mio dono è l’Inferno”
Inferno, terzo film dedicato alle avventure dell’esperto simbolista dell’Università di Cambridge, Robert Langdon, rappresenta un inno all’Inferno dantesco, e alla stessa figura del sommo poeta, la cui presenza spettrale riecheggia fino alla fine della pellicola.
Ron Howard torna nuovamente a dirigere un adattamento cinematografico, tratto dai celebri romanzi dello scrittore Dan Brown (Il Codice Da Vinci, Angeli e Demoni, Il Simbolo Perduto). Con Inferno, i due ripresentano una collaborazione che dura ancora, dopo più di dieci anni, in cui è incluso anche Tom Hanks, che torna a vestire i panni del professor Langdon, chiamato a risolvere un altro dei tanti misteri che avvolgono questo mondo.
Inferno – Firenze brilla nella sua maestosità rinascimentale
La pellicola si apre su una strabiliante panoramica della città di Firenze, con la cupola del Brunelleschi, il Campanile di Giotto e Palazzo Vecchio che spiccano nella loro bellezza e magnificenza.
La purezza di un’arte rinascimentale come quella fiorentina, viene contrastata nell’incipit del film, dal suicidio di un uomo, che si trova costretto a lanciarsi da un altro luogo simbolo di Firenze, la torre del Bargello.
Robert Langdon si risveglia in un ospedale fiorentino, incosciente e privo dei ricordi degli ultimi due giorni. Il professore diviene, improvvisamente, il bersaglio di molti, che tentano di catturarlo mentre ancora tenta la riabilitazione. In suo aiuto accorre Sienna (Felicity Jones), che lo assiste all’ospedale e decide di tenerlo al sicuro in casa propria.
Inferno – Robert Langdon protagonista di una lotta contro il tempo
Inferno è una continua fuga da un nemico che, concretamente, non esiste più, ma che ha lasciato il compito di proseguire il suo piano ai suoi seguaci. La mente in questo nuovo capitolo della saga è proprio Bertrand Zobrist (Ben Foster), l’uomo suicida all’inizio del film.
Zobrist è un celebre ingegnere genetico e miliardario svizzero, che vuole risolvere il problema della sovrappopolazione globale, diffondendo un virus che farà capitolare metà del genere umano.
Quella con cui stavolta Robert Langdon ha a che fare è, letteralmente, una lotta contro il tempo e soprattutto contro la diffusione del virus. Il professore non riesce più a distinguere chi sta realmente dalla sua parte e chi no, chi sono veramente Vayentha, Christoph Bouchard e Elizabeth Sinskey?
Per la prima volta, Langdon mette in discussione se stesso e tutto quello a cui ha creduto fino ad ora. Vediamo un personaggio perso, non più lucido e brillante come nelle pellicole precedenti. Fragile e confuso, Tom Hanks riesce a portare sullo schermo il senso di smarrimento provato dal suo professore. La mente di Langdon sembra vacillare e perdere pezzi, tanto da non ricordare neanche il nome del caffè, indicandolo come “quella cosa scura che si beve….e dà energia e tiene svegli”.
Proprio la precarietà della mente di Langdon, che alterna la realtà a visioni grottesche e crude tinte di un rosso sangue, scuote lo spettatore, facendolo temere fino alla fine per la sorte di Langdon e, in questo caso, della stessa umanità.
Inferno – Lo spettatore si immedesima in ogni personaggio
L’adrenalina regna sovrana e, sia la sapiente e scaltra regia di Ron Howard sia la sofferenza e ambiguità dei personaggi, portano il pubblico ad immedesimarsi in ogni personaggio, cercando di vedere globalmente la situazione da ogni prospettiva. Non si può dire che quello di Inferno sia un pubblico passivo, anzi il contrario. Lo spettatore, fino alla fine, vuole essere partecipe dell’impresa di salvare l’umanità e sentirsi anche solo per un attimo un eroe come Langdon.
La pellicola è dislocata in tre luoghi diversi, da Firenze, la cui geografia viene in parte stravolta per esigenze di copione, si passa a Venezia, fino ad arrivare ad Istanbul, con un susseguirsi di scenografie che sono una più spettacolare dell’altra. Il mistero, diviso in queste tre città, rende il segreto e la ricerca degli indizi ancora più intriganti, realizzando un vero e proprio rebus.
Battute velate anche alla cronaca italiana quando Robert Langdon presenta Sienna come sua nipote a Marta Alvarez, direttrice del Museo dell’Opera del Duomo, la quale scherza sul fatto che siamo in Italia, e che non c’è bisogno che il professore finga che la giovane ragazza prodigio sia sua nipote.
Felicity Jones interpreta magistralmente una Sienna ambivalente, che alla fine farà di tutto pur di portare avanti il suo credo e le gesta del suo amato. Ben Foster si presenta come l’antagonista perfetto, con quel pizzico di pazzia e manie di grandezza che contraddistingue le grandi menti. Anche Omar Sy e Irrfan Khan non deludono nei loro ruoli ambigui.
Inferno – Torna il quartetto vincente Brown-Howard-Hanks-Zimmer
Come ogni trasposizione cinematografica ispirata ad un romanzo, l’adattamento non è perfetto, con alcune lacune nella sceneggiatura, soprattutto nella prima metà. Ron Howard, però, ha confermato la sua abilità nel sapersi ormai destreggiare tra i numerosi enigmi e misteri dei libri di Dan Brown, realizzando un adattamento che, nonostante alcune mancanze importanti, funziona bene e convince gli spettatori.
Colonna sonora perfetta per rappresentare il climax della pellicola, che ben si accompagna ad ogni scena. Si conferma, quindi, un perfetto accompagnamento musicale, composto da Hans Zimmer che, dopo Il Codice Da Vinci e Angeli e Demoni, torna a collaborare col trio Brown-Howard-Hanks.
Squadra che vince non si cambia, per questo sappiamo già che Inferno riscuoterà un grande successo all’uscita nelle sale (in Italia ricordiamo che uscirà il 13 Ottobre), come è già accaduto per le due pellicole precedenti.
Preparatevi ad immergervi negli Inferi con Robert Langdon, alla scoperta dei misteri Danteschi e sulle orme di una Firenze segreta, in cui anche gli enigmi più oscuri possono venire alla luce.