Oliver Stone a Roma FF11: la carriera, il cinema, la politica attraverso i suoi film
Dopo la proiezione del suo ultimo film Snowden, il Maestro Oliver Stone ha incontrato il pubblico della Festa del Cinema di Roma 2016 e ha imbastito una lunga conversazione sulla sua carriera, sul cinema e sulla politica degli Stati Uniti negli ultimi 50 anni, utilizzando alcuni spezzoni di suoi film come filo conduttore del suo discorso.
Si è cominciato con un breve estratto di Salvador, film del 1986. Su questa pellicola Oliver Stone ha detto:
“Questo è un film fatto con pochi soldi. La maggior parte dei miei film sono stati rifiutati perché troppo tristi e realisti, lo stesso Platoon è stato rifiutato per 10 anni. Per fare Salvador e per raccontare la guerra civile che stava sconvolgendo il paese ho parlato con persone di entrambi gli schieramenti, anche con i politici di destra, che mi rispettavano in quanto scrittore di Scarface. La mia idea politica in quel momento si stava trasformando. Vedevo gli Stati Uniti che continuavano a trovarsi dalla parte sbagliata della storia, e questo ha cementato il mio punto di vista sulla loro politica.”
Il secondo spezzone commentato è stato di Wall Street, film del 1987 sull’immoralità dell’alta finanza che valse al protagonista Michael Douglas l’Oscar come migliore attore. A tal proposito, Stone ha sentenziato:
“Erano gli anni di Reagan, posseduti da uno sfrenato capitalismo. Si utilizzavano tutti i metodi per assumere il controllo della varie società, per poi trasformarle, rivenderle e fare soldi. Il capitalismo senza freni è un animale selvatico che distrugge molte persone. Reagan e i suoi lo hanno alimentato, cominciando la distruzione della classe media. I lavori sono stati ricollocati all’estero per guadagno, e così è nata una grande differenza fra le classi. Lo stesso Donald Trump adesso sta incarnando la rabbia del popolo per quello che ha fatto il neoliberismo. Nel film Gordon Gekko dice che l’avidità è un bene. Ora questa avidità si è fatta esagerata, e le persone non pensano più al bene generale, ma solo a fare soldi.”
Il successivo film a essere analizzato è stato JFK – Un caso ancora aperto, che indaga sull’assassinio del Presidente John Fitzgerald Kennedy e sui tanti dubbi che la versione ufficiale ha sempre suscitato. A riguardo Oliver Stone ha dichiarato:
“L’ispirazione è stata Rashomon, con la sua storia frazionata e non del tutto comprensibile. Sul caso JFK, il comportamento della commissione Warren è stato vergognoso. È stato uno dei momenti più difficili della mia carriera. I media in America sono molto allineati con l’opinione dominante, io sono andato in giro dappertutto a difendere il film. L’idea che Kennedy sia stato ucciso da un singolo assassino, con il famoso proiettile magico, è davvero una stronzata. Il popolo americano accetta tutti gli imbrogli senza dire niente. Pare che i presidenti vadano e vengono senza cambiare la direzione del paese, come se ci fosse un sistema di sicurezza globale costruito con il consenso, perché gli Stati Uniti sono riconosciuti come una potenza e come una sorta di polizia mondiale.”
A seguire è stato il turno di Gli intrighi del potere – Nixon, film del 1995 sulla vita del Presidente Richard Nixon con protagonista Anthony Hopkins. A proposito, il regista ha detto:
“Mio padre è stato un grande sostenitore di Nixon. Secondo me Nixon è stato un uomo intelligente che nella vita ha molto sofferto. Lui ha sempre pensato che Kennedy avesse avuto una vita più facile. Nixon ha sbagliato tanto e ha governato male. Il suo miglior discorso è stato quello che ha fatto quando ha dato le dimissioni. Era una persona talmente insicura da avere la sensazione di essere in pericolo come Kennedy. Ho cercato di mettermi nei panni del personaggio e di comprenderlo.
Anche con W. e Snowden ho fatto un ragionamento simile, mi sono messo nei panni dei protagonisti. Io cerco di non mettermi in mezzo, ma è difficile. Credo che Nixon non avrebbe potuto fermare la guerra. La Guerra Fredda è stato uno strumento molto comodo, perché permetteva agli Stati Uniti di esagerare la paura del nemico. Pochi mesi dopo la caduta dell’Unione Sovietica abbiamo attaccato Panama, perché la droga era il nuovo nemico. Abbiamo bisogno di attaccare qualcuno.
Nixon non ha fatto partire la guerra, ma l’ha continuata perché aveva paura di perdere le elezioni e si è macchiato di terribili stragi. Noi americani siamo nati aggressivi, siamo incredibilmente competitivi. Io ho un background europeo, nello specifico francese, e mi sembra che abbiamo perso il senso della pace, pensiamo solo al potere. Da noi chiunque è dalla parte della pace viene considerato come qualcuno che ha qualcosa di sbagliato. Dov’è il partito della pace negli USA?”
La scena successiva è stata di Nato il quattro luglio, film sul reduce del Vietnam Ron Kovic. Oliver Stone ha dichiarato che questa è una delle scene da lui dirette che lo emozionano ancora di più; ha poi aggiunto:
“Tom Cruise è un attore che mi emoziona molto, nei miei incubi sono lì con lui sulla sedia a rotelle a protestare. Niente è cambiato da allora, pochissimi protestano nel 2016. Tom cruise è stato fantastico, aveva appena fatto Top Gun, film con una morale completamente differente, ma era affascinato dal personaggio di Nato il quattro luglio, ed è andato realmente in giro in sedia a rotelle per entrare meglio nel personaggio di Ron Kovic.”
A seguire è stata la volta di una scena di Platoon, film grazie al quale Oliver Stone vinse l’Oscar per la migliore regia. A tal proposito il regista ha detto:”è la scena meno realistica e più esagerata del film. Curioso che l’autore delle musiche Georges Delerue abbia cercato di comporre qualcosa di buono a riguardo, ma che poi abbia scelto l’adagio di Barber come accompagnamento musicale della scena.
Dopo avere emozionato il pubblico con il celebre discorso di Al Pacino in Ogni Maledetta Domenica, concepito ripensando a quando cercava di sopravvivere come militare in Vietnam, Oliver Stone ha concluso l’incontro mostrando e lodando due pellicole non sue: Novecento di Bernardo Bertolucci, che ha definito un film epico e forse non compreso da tutti, e Sette giorni a maggio, che il regista ritiene fra i più significativi a proposito della politica americana.