Roma FF11 – Genius: recensione del film con Jude Law, Colin Firth e Nicole Kidman
Il vero genio. Chi è il vero genio? Forse è colui che crea oppure colui che ha la capacità di trasformare. Colui che plasma o colui che definisce le rifiniture. Questa la domanda dal quale si sviluppa l’intero nucleo narrativo di Genius (trailer), ultimo film del regista Michael Grandage sull’esistenza e i lavori del rapsodico Thomas Wolfe, scrittore in piena ascesa negli anni a cavallo tra il 1920 e il 1930, uomo conosciuto per la sua fervente mente e incanalato inevitabilmente verso un progressivo eccesso di presunta superiorità.
Nessun editore di New York vuole pubblicare il libro del novello Thomas Wolfe (Jude Law). “Un sasso, una foglia, una porta nascosta”, parole di un inizio ambiguo e quasi delirante quelle del suo lavoro, le quali aprono la strada a un intricato racconto pieno di confusione vitale, una sfida che spaventerebbe qualsiasi curatore di romanzi. Nessun editore di New York vuole pubblicare il libro del novello Thomas Wolfe tranne il famoso ed eccelso Max Perkins (Colin Firth), gran segugio nello scovare tra mille le opere da poter rivelare al mondo e unico ad aver colto nei disordinati scritti di Wolfe il barlume del genio. Così avrà inizio l’ascesa artistica e la discesa umana del fresco scrittore, una storia di sospetti autoriali e di leale amicizia.
Genius – Le parole e la poetica dello scrittore Thomas Wolfe
In corsa per l’Orso d’oro alla 66esima edizione del Festival di Berlino e nella Selezione Ufficiale dell’undicesima Festa del Cinema di Roma, le parole e la poetica del conosciuto Thomas Wolf si fanno film nella nuova pellicola del regista Michael Grandage, l’egocentrismo di un uomo di lettere geloso del proprio operato eppure tanto devoto quanto grato agli insegnamenti del suo mentore Max Perkins, l’unione di due mondi separati che insieme riuscirono a realizzare il testamento artistico di uno scrittore che segnò la letteratura degli anni d’oro, dividendo il palco con Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald.
Come un fiume in piena che non può essere arginato, Thomas Wolfe straripa con tutta la sua forza comunicativa inondando amici e lettori di irrefrenabili parole, stracciando la forma e le regole per modellare dalla “distruzione” qualcosa di totalmente diverso e viscerale, rincorrendo un’originalità che lo renderà faro di seguenti romanzieri quali Jack Kerouac e Edward Bunker. Eppure questa necessaria ricerca di originalità sembra essere rilegata solamente alle intenzioni del personaggio esistito: Genius risulta infatti privo di qualsiasi barlume di effervescenza degna del protagonista a cui si ispira, un’opera piatta dal grigiore esiziale, il quale pregiudica la riuscita di un potenziale che sbiadisce tra la polvere delle logore pagine.
La narrazione poco vibrante e smorta del viscerale Thomas Wolfe
Approssimativamente essenziale e mancante di passaggi che rendono alquanto farraginosa la riuscita della storia, nulla di emozionante aggiunge Genius alla lista di pellicole che narrano le vite e le opere di artisti e poeti, ma rimane anzi ben lontana dalla possibilità di porsi come struggente viaggio tra le sfaccettature del suo intrigante personaggio che, seppur in contesti del tutto differenti, va a ripescare nella mente dello spettatore – rimarcando perciò la sua vena poco ambiziosa – le vicende del tormentato protagonista de Il talento di Mr. Ripley, dove l’interpretazione dell’attore Jude Law risultava di gran lunga più completa e appassionante.
Non solo di passaggi frettolosi e scialbi è composto il lavoro di Grandage, il film infatti si condisce di presenze inaspettatamente insipide pur portando i nomi, oltre al già nominato Jude Law, del grandissimo Colin Firth e dell’eterea Nicole Kidman, talenti limitati da una direzione errata e appesantiti da una fotografia e una composizione estetica dai toni sostanzialmente smorti.
Dai ritmi che oscillano tra il dramma e la commedia, i quali però mal si controbilanciano a vicenda, non è certo Genius il lungometraggio che meglio rende giustizia al controverso scrittore Thomas Wolfe, un’opera che avrebbe richiesto quello sprazzo di pazzia in più, famigliare al protagonista, per riprodurre con maggiore trepidazione le difficoltà interpersonali e i sogni letterari del complicato romanziere.