RomaFF11 – il re della canzone italiana Paolo Conte incontra il pubblico

Dopo tanti registi e attori, il compito di deliziare la platea della Festa del Cinema di Roma 2016 è toccato a una colonna portante della musica italiana e internazionale come Paolo Conte, che ha sempre manifestato la sua grande passione per la settima arte, riconoscendola come inesauribile fonte di ispirazione per i suoi brani.

Paolo Conte a RomaFF11: l’incontro col pubblico di una leggenda della canzone italiana
Paolo Conte

Paolo Conte ha rotto il ghiaccio parlando proprio di come il cinema abbia influenzato la sua arte:

Ho sempre pensato che la tecnica di costruzione di una canzone e quella di un film si somiglino. Si tratta di raccontare una storia amministrando il tempo che hai a disposizione. Una canzone secondo me non deve durare più di 3 minuti o 3 minuti e mezzo, quindi devo essere conciso e raccontare tramite immagini. Il cinema in questo mi è stato di grande esempio.

Dopo due sequenze tratte da Tu mi turbi e Ricette d’amore, in cui viene utilizzato il suo pezzo di chiara matrice jazz Via con me, Paolo Conte ha parlato proprio del suo stretto rapporto con questa forma musicale:

Il jazz è stata una grande caccia, perché per trovare dischi 70 anni fa bisognava faticare, e costavano anche molto, 700-800 lire l’uno. Il fenomeno del jazz ci è arrivato addosso come una rivoluzione fortissima. Ci era stato raccontato dagli americani in modo romantico, ma noi dovevamo carpirne tutti i segreti che ci aiutavano a comprendere meglio questa arte.

Paolo Conte: La musica e la regia si devono imparentare dal punto di vista dello stile

A proposito del rapporto fra musica e film, Paolo Conte ha dichiarato:

Io ho una mia idea: per costruire un film sono preponderanti le ragioni della regia, e il regista può essere più o meno sensibile alla musica. Il regista deve però concedere al musicista degli spazi, altrimenti la musica non ha tempo di respirare. Allo stesso tempo però nei film gradirei vedere sottratta la musica ad alcune parti, soprattutto ai dialoghi, perché dei dialoghi brutti rovinano la musica che li accompagna. La musica e la regia si devono imparentare dal punto di vista dello stile. Ma la colonna sonora è anche una questione di costo. Probabilmente i produttori di oggi non sono molto sensibili a dare al cinema tutte le componenti di cui avrebbe bisogno.

Dopo una serie di scene di film in cui è presente l’intramontabile classico della canzone italiana Insieme a te non ci sto più, portata al successo da Caterina Caselli ma scritta da Paolo Conte, il protagonista di quest’incontro si è soffermato sulla genesi dei suoi testi:

Per me è sempre una grande fatica scrivere il testo, scrivo sempre la musica prima. Quando compongo la musica sono felice, quasi in stato di grazia. Le cose che immagino quando scrivo la musica sono astratte. Le parole arrivano quando mi dicono “il disco devi finirlo!”. Il testo di Genova per noi per esempio è stato uno dei pochi non forzati, mi è venuto fuori contemporaneamente alla musica. Ho cominciato a ricordarmi le mie storie a Genova, mi venivano in mente sentimenti particolari e non sempre decifrabili, qualcosa di etnico. La nostra “razza” piemontese si coordina bene con quella ligure. Siamo due popolazioni riservate e taciturne, un po’ selvatiche, in un certo senso ci somigliamo.

Paolo Conte: spesso le mie canzoni non sono state comprese

Paolo Conte ha poi parlato del suo rapporto col canto, a cui si è dedicato solo in un secondo momento della sua carriera, e con l’utilizzo delle sue canzoni nei film:

A un certo punto nella mia carriera ho sentito che soprattutto il pubblico giovane voleva sincerità: chi scriveva qualcosa lo doveva anche testimoniare. E cosi ho deciso di cominciare a cantare le mie stesse canzoni, pur con tutti i miei limiti. Posso dire di avere un grandissimo pubblico, la somma di tanti pubblici d’élite. Tante mie canzoni vengono ospitate in film. Quando vengono messe in film però, spesso non sono state comprese. In particolare, sono convinto che i francesi non abbiano mai capito niente delle mie canzoni. Il nazionalismo assiste i francesi da sempre, e non ammettono che qualcuno dall’estero canti in francese, ma hanno una simpatia per la lingua italiana che non ci si aspetterebbe. Per esempio, per loro la parola “farfalla” è meravigliosa.

Il cinema di Paolo Conte

A seguire sono stati proiettati spezzoni di alcuni fra i film preferiti di Paolo Conte: Pane amore e fantasia, Casablanca, Amarcord, Hellzapoppin’, Il bacio dell’assassino, Blade Runner, Lo spaccone. Il cantautore ha così spiegato le sue scelte:

Le mie sono scelte che riguardano la partecipazione della musica nel film. Pane amore e fantasia contiene una scena della Lollobrigida in cui lei si arrabbia e con la voce comincia a cantare il ritmo. Si commenta da sola con la musica, è una scena che mi ha sempre commosso. In Blade Runner Vangelis ha fatto un lavoro straordinario. Non c’è quasi musica, ma ci sono suoni che si imparentano benissimo fra loro.

Per il bacio dell’assassino invece immaginatevi una città di provincia di 45 anni fa con la nebbia. Sono andato al cinema e non c’era nessuno, quindi ho visto questo film di cui non sapevo nulla. Quando sono uscito dal cinema avevo la sensazione di aver assistito a un lavoro di grandissima cinematografia, soprattutto per quanto riguarda le musiche e la fotografia. Mi sono tenuto questo ricordo di grandissimo cinema fino a poco fa, quando l’ho rivisto citato in un giornale. Ho letto che era di Stanley Kubrick e mi sono detto: qualcosa di cinema lo capisco anch’io. Amarcord ha un tema musicale bellissimo e parsimonioso. Non c’è bisogno di sparare la musica a tutto volume, qui il tema di Rota ha una grazia assoluta e trasmette tutto il senso di attesa. Lo spaccone invece lo adoro e lo trovo un film assolutamente perfetto.

Paolo Conte

Paolo Conte ha poi concluso l’incontro rispondendo ad alcune domande del pubblico, che lo hanno portato una profonda riflessione sulla sua carriera:

Nelle mie canzoni non ho mai fatto morale. Può essere spiegato dal fatto che io non appartengo alla categoria storica dei cantautori, che mediamente erano più giovani di me. Loro si sentivano portatori di cultura e istanze sociali. Io venivo da una canzone fatta per gli altri. Non ho mai amato o sentito il bisogno di tirare fuori il cosiddetto messaggio.