Ultimo tango a Parigi: recensione
“Non abbiamo bisogno di nome qua dentro. Dimenticheremo ogni cosa. Tutto ciò che sappiamo. Tutto. Cose, persone, gli altri. Tutto ciò che siamo stati. Gli amici, la casa. Dobbiamo dimenticare ogni cosa, ogni cosa.”
Ultimo tango a Parigi (1972) regia del grande Bernardo Bertolucci, è un film scandalo che ha segnato a fondo un’intera generazione, grazie alla straordinaria capacità di dare vita alle sue insofferenze, alla volontà di trasgressione, al desiderio sempre più forte di uscire dagli schemi, guadagnando una propria indipendenza nei confronti di un esasperato ed esasperante conformismo e degli ormai abusati miti borghesi. Discusso, criticato, denigrato, condannato al rogo, il film evento del regista italiano è oggi un vero e proprio cult, antenato e progenitore del genere cinematografico erotico, che ha dato vita a film come 9 settimane e mezzo (1986), e il più recente 50 sfumature di grigio, catturando l’attenzione e solleticando le fantasie più intime di un pubblico sempre in continua crescita. Capolavoro indiscusso della cinematografia italiana, è considerato oggi il film più trasgressivo dell’intero panorama italiano la cui fortuna è probabilmente dovuta alla sua travagliata genesi e al grande scalpore mediatico suscitato.
Il “film scandalo” degli anni Settanta ha dato vita ad infinite controversie suscitando polemiche, reazioni di sdegno e forti critiche negative a causa dell’esplicito erotismo che permea l’intera pellicola, frutto delle fantasie sessuali del regista stesso e dello stretto rapporto creatosi sul set con l’attore protagonista Marlon Brando. Proprio le prestazioni erotiche della coppia protaginista Brando-Schneider, costarono al film svariate denunce e censure, non solo in Italia, che lo portarono ad essere “condannato al rogo”, e lo stesso regista subì una sentenza per offesa al pudore, con perdita dei diritti civili per cinque anni. Solo con il passare del tempo, le dure polemiche si sono affievolite permettendo la riabilitazione del film con sentenza di “non oscenità” nel 1987, mettendone finalmente in risalto la forte componente drammatica celata dietro l’ostentato e proverbiale erotismo.
Rue Jules Verne,quartiere di Passy, Parigi. Un uomo in preda alla disperazione lancia un sordo urlo coprendosi le orecchie con le mani. Una giovane ed elegante donna francese gli passa accato. Due perfetti sconosciuti, un uomo ed una donna fatti incontrare dal caso, da un destino che stravolgerà irrimediabilemte le vite di entrambi in un frenetico vortice di eros e passione . Paul (Marlon Brando) maturo quarantacinquenne confuso e malinconico da poco rimasto vedovo in seguito al tragico suicidio della moglie e Jeanne (Maria Schneider) giovane ragazza appartenente alla borghesia francese combattuta tra una passionale attrazione nei confronti dell’uomo senza nome e della sua maturità sessuale e un istinto di repulsione che la spingerà a compiere un atto estremo. Entrambi ignorano l’identità altrui, niente nomi, storie o passato, l’unico dichiarato scopo è la sperimentazione sessuale, la frenetica ed impulsiva passione che li travolgerà come in un folle e vertiginoso tango, trasformandosi ben presto in un gioco pericoloso.
Una passione folle, carnale, maledetta quella tra i due protagonisti, ricca di significati e sfaccetture, in grado di mettere a nudo le debolezze umane, di mostrare la provvisorietà delle relazioni incarnata dall’immagine dello squallido albergo “porto di naufraghi” di cui la defunta moglie di Paul è la proprietaria, il desiderio di estraniarsi dalla realtà tradotto visivamente dall’appartamento vuoto nel quartiere di Passy, simbolo di provvisorietà, incertezza e la paura e l’impossibilità di impegnarsi in un reale coinvolgimento emotivo che sembra destinare i due protaginisti ad un “continuo primo incontro” senza che vi sia mai una reale evoluzione.
I due protagonisti nascondono nel sesso il proprio vero volto, la propria diversità, il proprio essere incompatibili, consolando o tentando disperatamente di attutire la solitudine e la malinconia che li tormenta entrambi, cercando nel “sesso fine a se stesso” un conforto ai mali della vita, un rifugio contro la realtà, uno strumento per lenire le proprie ferite, dietro cui nascondere la propria vulnerabilità ed insicurezza. Il vuoto appartamento di Rue Jules Verne si trasforma per i due in un limbo, un intimo luogo sicuro in cui sfogare le proprie frustrazioni lasciandosi andare, sperimentare, andare oltre rifiutando ogni clichè sociale, lasciando, almeno inizialmente, da parte i sentimenti, conoscendo dell’altro solo e soltanto il corpo, niente corteggiamento, niente amore, niente romanticismo, solo puro piacere fisico. La sessualità, l’eros, ciò che governa la relazione tra i due protagonisti, si fonde in un binomio con il Thanatos,dando forma ad un connubio letale, un vortice di pelle e corpi come in un tango, un ultimo tango mortale che si paleserà in tutta la sua forza distruttiva nel finale dell’opera, in cui appare chiaro che non è mai realmente possibile lasciar fuori i sentimenti, separare sesso e amore; L’uomo è nato per amare e soffrire, amore e sofferenza, eros e thanatos sono legati da un filo indistruttibile.
Ultimo tango a Parigi risente fortemente delle contestazioni del ’68 e degli influssi della Nouvelle Vague, dando vita ad una pellicola che “guarda al futuro” che esprime attraverso le frenesie sessuali dei due personaggi la volontà delle nuove generazioni di lasciarsi alle spalle i comuni stereotipi, di sperimentare, di dar vita a qualcosa di nuovo dissacrando il passato e creando un nuovo presente. Plasmando un’opera che si configura come una vera e propria provocazione, che getta le basi per il cinema moderno, Bertolucci consacra la propria fama e mostra al mondo la propria capacità di “precorrere i tempi”, mettendo su pellicola uno degli atteggiamenti più comuni nella società contemporanea, il sesso come forma di contestazione sociale,come unica alternativa, via di fuga nei confronti del conformismo vigente, il sesso come denuncia, rifiuto nei confronti della realtà e delle sue regole, il sesso come (fallito) tentativo di trasformare se stessi, fuggendo e celando il proprio vero io. Attraverso il sesso, i due si estraneano dalle regole della società,si allontanano dal mito borghese della famiglia e del matrimonio, trasformandosi in rigide ed impassibili maschere in grado di nascondere la malinconia di lui e la fragilità di lei, in grado di legarli, unirli in un vortice estatico destinato tuttavia a sgretolarsi a contatto con la realtà, mostrando il vero volto di un uomo solo, infelice, insoddisfatto, consapevole della propria giovinezza ormai sfiorita che si cela abilmente dietro una ostentata e affascinante sicurezza e il vero volto di una giovane donna la cui spregiudicatezza nasconde in realtà il rifiuto di fuggire realmente la realtà borghese di cui fa parte. Bertolucci magistralmente mette in scena il netto ed autodistruttivo contrasto esistente tra chi si è realmente e tra chi si cerca disperatamente di essere.
Ultimo tango a Parigi deve la sua fortuna, la sua bellezza, la sua forza coinvolgente alla capacità di parlare con una attualità disarmante, di solitudine, di incomunicabilità tra i sessi, di malinconia, di rimpianti, errori passati, speranze future, tracciando un ritratto quanto mai attuale nella sua drammaticità della moderna società contemporanea, dove le avventure erotiche di Paul e Jeanne sembrano non destare più scalpore, ma quasi affascinare, intrigare lo spettatore, ma dove parlare di autentici sentimenti sembra essere pressochè impossibile.