The Bourne Supremacy: recensione del film con Matt Damon
In The Bourne Supremacy Jason Bourne (Matt Damon) si sente ormai al sicuro; risiede a Goa (India) insieme alla sua Marie (Franka Potente), disturbato solo saltuariamente da alcuni incubi che gli ricordano il tenebroso e violento passato di agente segreto dal quale ha deciso di allontanarsi per sempre. Ma per Bourne la pace ritrovata è solo un’illusione…
Pamela Landy (Joan Allen), in qualità di nuova vicedirettrice della CIA, ha ordinato una operazione di recupero dati precedentemente sottratti all’Agenzia, tuttavia l’azione fallisce a causa dell’intervento di Kirill (Carl Urban) agente dei servizi russi al soldo del magnate Gretkov (Karel Roden), che lascia sul posto le impronte di Bourne per incastrarlo. Non soddisfatto, si reca in India con l’intento di uccidere l’ignaro ex agente, ma riesce solo ad uccidere Marie, perdendo le tracce di un Jason convinto che dietro tutto si nasconda la longa manus della CIA. Bourne deciso a vendicarsi e assieme a discolparsi, comincia un complicato iter in cui si ritroverà a volte cacciatore, a volte preda, incontrando sulla sua strada vecchie conoscenze e scoprendo nuove orribili verità sul suo passato.
Seguito del bellissimo The Bourne Identity del 2002, film che ha rivoluzionato il concetto di spy movie moderno, anche questo episodio deve molto a Doug Liman, che era stato il regista di The Bourne Identity e che in veste di produttore è stato un prezioso aiuto all’abile regista britannico Paul Greengrass.
Coadiuvandosi con il famoso sceneggiatore Tony Gilroy, ha elaborato un intreccio praticamente perfetto, che avrebbe sicuramente fatto piacere al romanziere Robert Ludlum, creatore di quello che è il più accattivante e inquietante agente segreto dell’ultima generazione.
Il personaggio in effetti è in tutto e per tutto una deformazione (o se si vuole un upgrade) dei vari James Bond e Ethan Hunt, per definizione provenienti da un mondo che molto aveva a che fare con l’avventuroso e Adventure puro. Jason invece è figlio della nostra epoca, tecnocratica, spietata, confusa e assolutamente priva di ogni ideale o morale.
Matt Damon è un attore che ci ha regalato grandi performance, ma è innegabile che quello di Jason Bourne sia il ruolo che più di tutti lo farà ricordare.
Jason Bourne per lui è ciò che è stato il Grinta per John Wayne, Aragorn per Viggo Mortensen o Neo per Keanu Reeves. Al di là della natura accattivante del personaggio infatti, è la grande capacità di Damon nel rendere la componente spietata e raggelante dello Sciacallo, assieme a quella emotiva e idealistica, a fare di questo Bourne uno dei personaggi più intensi degli ultimi anni. Damon è sopratutto magistrale nel regalarci l’immagine di un uomo in cerca di redenzione e allo stesso tempo di vendetta, debole ed assieme inarrestabile.
In questo genere di film il rischio è sovente quello di farsi prendere la mano, sposando una scarsa verosimiglianza che può scivolare nell’assurdo o nel comico involontario. Basta pensare a Transporter o Losers per avere degli esempi. Qui invece siamo di fronte ad una messa in scena in cui è soprattutto la componente realistica a convincere, in particolare per quello che riguarda i combattimenti, gli inseguimenti, le sparatorie, la complessità di una trama che per quanto fantasiosa è sempre plausibile e realistica.
I cattivi spesso non sono poi così diversi dai buoni, con cui condividono una visione della vita come percorso dalla natura intrinsecamente legata alla sofferenza, alla solitudine da una parte, all’idealismo e ad una malcelata volontà di redenzione dall’altra.
The Bourne Supremacy ha un ritmo a dir poco avvincente, con un continuo alternarsi di colpi di scena, azione, rivelazioni, evitando accuratamente di impantanarsi in cliché o in banalità, mostrando l’iter di un uomo capace di cavarsela grazie al coraggio, l’intelligenza, la capacità di adattarsi.
Solo alcuni personaggi di Harrison Ford o il Robert Redford de I Tre Giorni del Condor riuscivano ad essere così realistici, estremi e umani allo stesso tempo in modo così efficace.
Lo spettatore sarà portato a perdersi in un universo grigio, meccanico, dove si ha continuamente la sensazione di essere parte di un gigantesco alveare tecnocratico, abitato dalla solitudine, dove ci si può fidare a malapena di se stessi.
The Bourne Supremacy è infine una efficace critica a quella mancanza di scrupoli e morale che, unita ad una strategia miope e ignorante, ha portato entrambe le due ex superpotenze a farsi governare da affaristi e satrapi senza scrupoli.