Che vuoi che sia: recensione del film di Edoardo Leo
Ponendosi al confine tra la tragedia dell’intimità condivisa e l’incombente precarietà che affligge i giovani oggigiorno, Edoardo Leo torna per la quarta volta dietro la macchina da presa con Che vuoi che sia, un dramma travestito da commedia in cui la critica ai social network è acuta e labile almeno quanto l’opinione che la gente esprime sulla vita altrui.
Circumnavigando ancora una volta la caratterizzazione di un personaggio incompreso, inconcludente, tenero ma a tratti cinico, Edoardo Leo veste i panni di Claudio, ingegnere informatico propenso ad aprire una piattaforma web apparentemente geniale ma che sembra non decollare. Al suo fianco una bellissima Anna Foglietta nei panni dell’insegnante di matematica Anna.
Giovani, innamorati, laureati e terribilmente precari, i protagonisti di Che vuoi che sia rientrano perfettamente nell’identikit dei giovani d’oggi, quelli che non sono poveri al punto da elemosinare per strada, ma sono intrappolati in un limbo eterno che non gli consente di fare nessun passo avanti. Niente cene o uscite extra, figuriamo un figlio!
Avvalendosi di una colonna sonora metallica e psichedelica il film, sviluppato su soggetto e sceneggiatura dello stesso Edoardo Leo – sostenuto nell’impresa da Alessandro Aronadio (Orecchie), Renato Sannio e nel secondo caso anche da Marco Bonini – ci proietta nella quotidianità di Anna e Claudio con scie di ironia e complicità.
A smorzare il loro modus vivendi un Rocco Papaleo come sempre superbo e sopra le righe che, nei panni dello zio Franco cacciato di casa dalla moglie, dona ulteriormente colore alla commedia, affrontando il sentimentalismo e le regole societarie con un tocco di classe e anticonformismo.
Nella Milano del lavoro, del ‘tutto è possibile perché siamo al nord’, nel mondo in cui vigono l’uso smodato della rete e i progetti alla grande da smaltire come rifiuti, Che vuoi che sia si pone come elemento di contrasto; denuncia di sé e del mondo e/o modo in cui si vive e lo fa puntando tutto sulla ‘scarnificazione’ dei personaggi, spogliandoli psicologicamente davanti allo spettatore e invitandolo senza preamboli e entrare nella loro vita, a concepire il loro modo di amare, vivere, sognare.
Apparentemente la commedia si pone come una storiella sul sesso.
Claudio lancia un crowdfunding per far decollare una piattaforma web, ma non ottiene i risultati sperati così una sera di ritorno da una festa e in preda alle allucinazioni dell’alcol fa un video con la sua Annina in cui sfida il “popolo di Internet” a fare una donazione. Il premio? Un video hard che girerà con la sua fidanzata. Inaspettatamente la cifra sul desktop inizia a lievitare: tutti sembrano interessati a vedere Claudio e Anna fare l’amore e insieme allo scompiglio e alla vergogna i due protagonisti si trasformano in una specie di star. Fioccano inviti ai party, compensi in denaro per indossare una semplice giacca o addirittura per farsi un selfie e ancora inviti a trasmissioni.
Fare o non fare il video? Vendere la propria intimità e crearsi un futuro o decidere di rimanere precari e irrealizzati?
La loro mente (e consequenzialmente la nostra) si pone al confine tra la ricchezza materiale e quella morale; tra l’idea di giusto e sbagliato, la vergogna di mostrarsi in un atto intimo e la libertà di svincolarsi dalle catene della mentalità odierna – obbligatoriamente influenzata dall’ombra della religione.
I personaggi di Che vuoi che sia si schierano come in una guerra morale
C’è ovviamente chi li sprona a fare il video, come lo zio Franco che sostiene “In fondo che vi stanno chiedendo di fare? Una roba che fate tutti i giorni”; chi si preoccupa del tipo di depilazione, chi non si pone per niente il problema e chi rimane attonito come amici e parenti: la zia Ivana (Marina Massironi) e i genitori Manlio e Ugo (Massimo Wertmuller e Bebo Storti) e poi ovviamente il popolo della rete. Ma cosa è davvero giusto fare?
La risposta a questa domanda in fondo è relativa, perché il punto nevralgico dell’opera non è certo la sessualità ma l’affanno che causa la precarietà, l’idea di non avere scelta, di dover ricorrere alle idee più estreme pur di rimanere a galla. Ciò attorno a cui ruota Che vuoi che sia è fondamentalmente il frantumarsi di una vita fiabesca; la generazione cresciuta con la concezione di lavoro+casa+amore eterno+figlio come formula della vita perfetta si ritrova a sbattere il muso contro un sistema che, privandola del primo elemento, fa saltare inevitabilmente tutti gli altri.
Il quarto film di Edoardo Leo si denuda con una certa flemma davanti allo spettatore incuriosito, lo fa in maniera meno brillante rispetto al precedente Noi e la Giulia ma pur sempre con la risata amara che contraddistingue l’attore/regista romano e con un finale aperto che ci porta a guardarci allo specchio – che all’interno del film è presente sotto varie forme – e interrogarci sulla vita, i sogni e a cosa saremmo disposti a fare per realizzarci.
Che vuoi che sia è al cinema dal 9 novembre, distribuito da Warner Bros. Pictures.