Taxi Driver: recensione del capolavoro di Martin Scorsese
Taxi Driver può essere considerato, all’interno della prolifica carriera di Martin Scorsese, il primo grande capolavoro del regista italo-americano. Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 1976, la pellicola è caratterizzata da una forte connotazione noir che lo avvicina, insieme alle musiche di Bernard Hermann -qui alla sua ultima composizione prima della morte – e a numerosi espedienti registici, ai lavori più celebri di Alfred Hitchcock.
Taxi Driver è basato sul personaggio di Travis Bickle (un eccezionale Robert De Niro), un ventiseienne reduce del Vietnam (fatto solo accennato nel film), in un evidente ma sommesso stato di alienazione che lo porta a soffrire perennemente di insonnia. Impossibilitato a dormire, Travis decide allora di investire le ore notturne nel lavoro di tassista, esplorando quotidianamente ogni angolo ed ogni lato dell’umanità che popola New York.
Privo di qualunque relazione sociale reale, tolte le chiacchiere con i colleghi tra una corsa e l’altra, Travis è un uomo profondamente solo, alimentato da un sommesso ma bruciante desiderio di amore (suggerito magistralmente dal tema principale della colonna sonora) che lo porta a cercare, nella massa di umanità corrotta e alla deriva che sfila ogni notte davanti ai suoi occhi, un vero contatto umano, capace di rompere la sua vuota routine fatta di lavoro, insonnia e momenti di svago nei cinema a luci rosse.
Ma New York, al di là della sua apparenza sfavillante, rappresenta un mondo popolato da indifferenza, diffidenza e superficialità, ed anche il promettente incontro con l’affascinante Betsy (Cybill Shepherd) , impiegata dello staff elettorale del senatore Charles Palantine, candidato alle elezioni presidenziali, si rivela una delusione, mediata dalla freddezza della donna ma soprattutto dalla difficoltà di Travis ad abbandonare i suoi maldestri schemi di comportamento.
Travis non riesce ad accettare la sporcizia che popola il mondo, una realtà sudicia che ha bisogno di essere ripulita da una deriva morale ormai fuori controllo. Ecco allora che la macchina da presa indugia su ambientazioni esterne sempre umide, in cui l’acqua imbratta invece di lavare, rendendo ancora più viscide strade e persone.
Dopo l’insuccesso con Betsy, Travis comincia a maturare un desiderio di vendetta verso questo mondo sbagliato, che lo porta a scegliere come bersaglio primario della propria rabbia proprio il senatore Palantine, ai suoi occhi simbolo di quella politica ipocrita alla base della rovina della società in cui è costretto a vivere.
Una sera, inoltre, un evento colpisce particolarmente la mente tormentata del tassista: una giovanissima prostituta (Jodie Foster) cerca di fuggire dal suo protettore (Harvey Keitel) entrando nel taxi, venendo tuttavia portata fuori violentemente dal criminale, che lascia sul sedile di Travis 10 dollari, con l’indicazione di “dimenticare” ciò che ha visto.
Mosso dall’impossibilità di sopportare oltre le brutture che lo circondano, questo evento rappresenta la molla che fa sì che il riservato e pacifico tassista si trasformi in un vero e proprio giustiziere, motivato a liberare il mondo dal male.
Taxi Driver: Robert De Niro paladino di una giustizia che non può evitare la violenza
Martin Scorsese apporta un taglio profondamente esistenzialista alle vicende di Travis, un uomo che non riuscendo più a vivere bene decide istintivamente di immolare la propria esistenza vendicandosi della proiezione esterna di quello stesso male dal quale non riesce a liberarsi.
Molto esplicite le simbologie cromatiche (il rosso predomina la pellicola, rappresentando il violento conflitto fra amore e odio che alimenta le azioni di Travis) così come gli elementi che ritornano (come i succitati 10 dollari), tasselli di un mosaico che vede in un epilogo aperto ma profondamente significativo la cartina tornasole di tutti gli elementi messi in gioco: la rappresentazione delle profonde contraddizioni alla base dell’attribuzione di una valenza morale (positiva e negativa) alle azioni umane, mediata dalle circostanze, che finiscono per definire il valore di un uomo più delle sue effettive intenzioni.
Travis è solo un uomo piegato dal peso di un’esistenza che lo ha posto di fronte a pesi insostenibili, eroe per un giorno di un mondo che ha l’occasione di celebrarlo solo perché ha avuto la fortuna di trovarlo “arrugginito”, come da lui stesso suggerito nelle ultime battute del film.
Un Taxi Driver desideroso di proiettare la propria vita verso un futuro che – per quanto voglia superare il passato – non può fare a meno di lanciare un emblematico sguardo indietro, verso ciò che non può essere dimenticato e che probabilmente farà sempre parte di lui.
Taxi Driver ha ricevuto quattro candidature agli Oscar (Miglior Film, Miglior Colonna Sonora e Migliori Attori a Robert De Niro e Jodie Foster); nel cast del film anche Peter Boyle, Albert Brooks, Leonard Harris, Steven Prince, Murray Mosten, Harry Northup e Martin Scorsese in un cameo a bordo del taxi di Travis.