Black or White: recensione
Elliott Anderson è un avvocato che, rimasto vedovo, affoga il suo dolore nell’alcol. Unica sua fonte di salvezza è la nipotina Eloise. La figlia è morta dopo alcune complicanze avvenute durante il parto. Tante sono le difficoltà che Elliott incontra nel fare da nonno e nonna e al tempo stesso anche da genitore. La sua vita è letteralmente sconvolta da eventi improvvisi e, tra questi, dalla richiesta di Rowena, nonna paterna della bambina, di affidare Eloise alle cure del padre, un giovane drogato che l’aveva abbandonata dopo la morte della madre. Tra Elliott e Rowena scoppia una battaglia legale per l’affido e in questa circostanza viene fuori il problema dell’alcol e riemergono pregiudizi e dissapori del passato, riguardanti anche il colore della pelle. Eloise, infatti, è figlia di una ragazza bianca e di un giovane nero. Su questo le loro due famiglie hanno sempre avuto convinzioni diverse.
Elliott Anderson è interpretato dall’attore, due volte vincitore dell’Oscar, Kevin Costner. La consuocera Rowena da un altro premio Oscar, Octavia Spencer. Sono loro i protagonisti di Black or White, ultimo lavoro di Mike Binder presentato al Festival Internazionale del Film di Roma e al Festival di Toronto. Il regista ha scritto e diretto il film in stretta collaborazione con Kevin Costner, che lo ha coprodotto, e si è ispirato a una storia realmente accaduta.
Black or White mostra due mondi divisi e diversi. Lontani tra di loro. Un film in cui niente è solo bianco o nero. Nulla di troppo drammatico o vocati. Una storia che si alterna tra i toni della tragedia e quelli della commedia. Elliott è un uomo stanco e disperato che deve ritrovare la strada per la felicità. La serenità giusta per poter crescere e sostenere la sua Eloise. E per suo amore deve imparare a perdonare se stesso, il padre della bambina e la sua famiglia. Ma sfuggire dalla tristezza non è sempre facile.
“Abbiamo ancora un grosso problema legato al razzismo in questo paese”, ha commentato il regista Mike Binder. “La gente si vede bianca, nera o marrone. Ancora troppo spesso, ci vediamo per chi siamo piuttosto che per quel che siamo”. Black or White si basa su una storia che lo riguarda molto da vicino. “Diversi anni fa, la sorella di mia moglie morì a 33 anni. Aveva un figlio di sette anni che è birazziale. Suo padre era scomparso dalla sua vita e la famiglia del padre viveva a South Central. Sono meravigliosi e sono molto presenti nella sua vita. Ma siamo stati mia moglie ed io, e uno dei suoi fratelli, a crescere il bambino. Sotto molti punti di vista, è cresciuto in due mondi totalmente diversi: Santa Monica e South Central. E’ stato un bambino felice, ma tutte le persone consideravano un problema, il fatto che fosse mezzo bianco e mezzo nero. E quando andavamo a South Central per lasciarlo per il weekend o per riprenderlo, mi stupivo sempre di quanto drasticamente diverse fossero anche le piccole cose. Ovviamente, loro non avevano alcun problema nei nostri confronti. Sua nonna adorava mia moglie, Diane. Ma secondo me, se fosse successo qualcosa a Diane non sarebbero stati felici che lo crescessi io da solo”.
Mike Binder e Kevin Costner già in passato hanno lavorato insieme. In molti ricorderete il film Litigio d’amore. Da allora è nata la voglia di collaborare nuovamente. Dopo una serie di sceneggiature è arrivata quella giusta, coinvolgente. “Mi ha colpito la prima pagina. Mi ha commosso”, ha dichiarato Costner. “All’inizio del film, vediamo Elliot nel giorno più buio della sua vita. E’ completamente distrutto. Ha perso la compagna della sua vita. E capiamo che ha sofferto un’altra perdita enorme, sua figlia, la sua unica figlia: è una cosa dalla quale non ci si riprende più. Poi iniziamo a penetrare sempre più a fondo nella vicenda e lo vediamo entrare in una casa vuota. Ma non è vuota. Dentro c’è una ragazzina, e non è solo una ragazzina, è una ragazzina nera con la pettinatura afro e tutto il resto”.
Black or White è una storia meravigliosa. Uno spunto interessante per una riflessione sul razzismo, che non stanca mai. Lo scopo del film non è quello di criticare o giudicare, ma quello di ricordare che quello che conta è che siamo tutte persone con pregi e difetti. Spesso sbagliamo, indipendentemente dal colore della nostra pelle. Il film sarà in sala dal 5 Marzo, distribuito dalla Good Films.
“Non è il mio primo pensiero che conta, ma il secondo e il terzo e il quarto, e quelli sono i pensieri che mi definiranno come qualcuno che è tollerante o come qualcuno che è ignorante, o peggio un razzista”.