I predatori dell’arca perduta: recensione del primo film su Indiana Jones
Proprio all’inizio di quegli anni ’80 che hanno formato tanti cinefili con le loro uniche e irripetibili pellicole, due straordinari cantastorie come Steven Spielberg e George Lucas (rispettivamente regista e creatore del soggetto) fondono le loro menti e le loro esperienze ne I predatori dell’arca perduta, consegnando per sempre alla storia del cinema il celeberrimo personaggio di Indiana Jones e affermando definitivamente la stella del protagonista Harrison Ford.
È l’inizio di un lungo e florido franchise, che al momento conta su quattro film (più un quinto in produzione), una serie televisiva (Le avventure del giovane Indiana Jones), una dozzina di videogiochi (fra cui le strepitose avventure grafiche della LucasArts Indiana Jones and the Last Crusade e Indiana Jones and the Fate of Atlantis), svariati romanzi e innumerevoli opere audiovisive ispirate a questo iconico personaggio, divenuto un vero e proprio punto di riferimento per quanto riguarda le avventure sospese fra azione, ironia e mistero.
I predatori dell’arca perduta comincia in medias res nel 1936, mostrandoci l’archeologo e avventuriero Indiana Jones (Harrison Ford) a caccia di un antico manufatto in Perù insieme alla sua guida Satipo (un giovane Alfred Molina).
Dopo diverse peripezie, proprio quando la ricerca sembra andata a buon fine, il brillante studioso viene sorpreso dal collega René Belloq (Paul Freeman), che gli sottrae l’oggetto mettendolo in fuga. Dopo aver fatto ritorno nell’università presso cui insegna, Indiana Jones viene contattato dall’Intelligence americana, che gli svela che le mani del nascente Terzo Reich si stanno pericolosamente allungando sulla mitica Arca dell’Alleanza. Per Indiana Jones ha così inizio una lunga serie di adrenaliniche e pericolose avventure ai quattro angoli del globo, insieme al fidato amico Marcus Brody (Denholm Elliott) e alla sua vecchia conoscenza Marion Ravenwood (Karen Allen), da lui sedotta e abbandonata in passato.
I predatori dell’arca perduta riporta in auge l’avventura pura al cinema
Sfruttando la loro comune passione per i serial televisivi e per i fumetti degli anni ’30 e ’40, Steven Spielberg e George Lucas riescono nella non facile impresa di riportare in auge l’avventura pura al cinema, omaggiando la grande tradizione degli anni d’oro di Hollywood (Il tesoro della Sierra Madre e Il segreto degli Incas su tutti) e al tempo stesso alzando più in alto l’asticella del puro intrattenimento cinematografico dell’epoca.
Anche se visto oggi, infatti, I predatori dell’arca perduta si conferma ad ogni visione un giro sulle montagne russe per grandi e piccini, sorretto da ottimi effetti speciali, impreziosito da un ritmo incalzante che non concede spazio a cali di tensione o noia e alleggerito da un’ironia di fondo mai pacchiana né volgare, perfetta per fare immedesimare lo spettatore nella storia e per dare allo straordinario protagonista Harrison Ford terreno fertile su cui costruire il personaggio.
I predatori dell’arca perduta non inventa nulla di nuovo, ma gioca abilmente su elementi già noti a qualsiasi tipo di pubblico, arrivando così dritto al cuore dello spettatore e facendolo tornare per due ore bambino.
Indiana Jones è un eroe fumettistico ma al tempo stesso credibile: archeologo nella vita di tutti i giorni e avventuriero spericolato (anche se con la fobia dei serpenti) nel tempo libero; grande conoscitore di storia e costumi, ma anche ironico e irriverente sciupafemmine. Un brillante ribaltamento dello stereotipo del nerd timido e ingobbito sui libri realizzato con qualche decennio di anticipo rispetto alla recente rivalutazione della categoria da parte di cinema e serie televisive.
I predatori dell’arca perduta: una classica storia di lotta fra bene e male, che fonde mistero, religione e storia
Nessun eroe può però conquistare ed emozionare senza un grande antagonista da sconfiggere, e Lucas e Spielberg scelgono sapientemente i nemici per eccellenza del cinema del dopo guerra, ovvero i nazisti, modellando su di loro e sulla loro sete di potere una classica storia di lotta fra bene e male, che fonde mistero, religione e storia, spaziando dall’avventura al fantasy.
Anche se buoni e cattivi sono divisi nettamente e senza sfumature intermedie, lo sceneggiatore Lawrence Kasdan riesce a tratteggiare personaggi complessi e tridimensionali, le cui strade si incrociano per scopi opposti ma entrambi realistici, ovvero il desiderio di conoscenza e preservazione del patrimonio artistico e culturale da parte di Indiana Jones, e la bieca volontà da parte dei nazisti e del loro lacchè René Belloq di mettere le mani su un oggetto potenzialmente determinante nell’imminente Seconda Guerra Mondiale.
Gran parte del merito della riuscita de I predatori dell’arca perduta va certamente tributato al comparto tecnico, che ha saputo sfruttare al meglio il budget di 22 milioni di dollari, decisamente imponente per l’epoca.
Gli effetti speciali della Industrial Light & Magic sono pregevolmente messi al servizio della narrazione e dell’intrattenimento da un ispiratissimo Steven Spielberg, sempre a proprio agio nel gestire al meglio il materiale a propria disposizione in questo tipo di storie, come le location mozzafiato che fanno da sfondo alle avventure dei protagonisti. Sarebbe inoltre delittuoso non citare il pregevole lavoro del compositore John Williams, che a pochi anni di distanza dal suo operato per Lo squalo e Star Wars centra un altro tema musicale scolpito indelebilmente nella storia della settima arte.
I predatori dell’arca perduta regala a tutti i bambini più o meno cresciuti un sogno ad occhi aperti di di 2 ore
A dominare su tutto e tutti è un eccezionale Harrison Ford, che, dopo la prova nei panni di Han Solo e poco prima di interpretare Rick Deckard nel monumentale Blade Runner di Ridley Scott, trova il ruolo della definitiva consacrazione e quello per cui ancora oggi è maggiormente identificato.
L’attore statunitense prende tutta la spavalderia e la disinvoltura del già citato contrabbandiere della saga di Star Wars, conferendo contemporaneamente al proprio personaggio un’impareggiabile statura professionale e una sincera passione per la conoscenza e la preservazione dei beni culturali. Il cappello e la frusta di Indiana Jones diventano così i tratti distintivi di un personaggio formidabile e unico nel suo genere, che continua ad essere il termine di paragone per qualsiasi protagonista di avventure cinematografiche o videoludiche.
Con la sua semplicità e leggerezza, I predatori dell’arca perduta regala a tutti i bambini più o meno cresciuti un sogno a occhi aperti di di 2 ore, grazie ad un mix di mistero, azione, umorismo e fantasia che riporta alla mente le mirabolanti avventure cercate e desiderate da ognuno di noi nel corso dell’infanzia.
Con le sue formidabili peripezie, Indiana Jones ci ricorda l’importanza di difendere le nostre passioni e le nostre conoscenze da qualsiasi attacco esterno e di come sia possibile sfruttarle per cavarsela anche nelle situazioni più difficili. Niente male per un personaggio il cui nome deriva da un cane (nello specifico quello appartenuto a George Lucas), che sarà ulteriormente approfondito e sviscerato nei successivi capitoli della saga.