TFF34 – King Kobra: recensione del film con Christian Slater e James Franco
King Kobra è un film per la regia di Justin Kelly (I am Michael), presentato nella sezione After Hours della 34esima edizione del Torino Film Festival.
Una pellicola ispirata alla storia vera dell’efferato omicidio del produttore di film porno gay Bryan Kocis, titolare della casa di produzione Cobra Video, trovato carbonizzato nella sua villa data alle fiamme dopo che l’uomo fu ucciso con numerose coltellate, che lo portarono quasi alla decapitazione.
Ad assumere l’identità di Kocis un inedito Christian Slater che, dopo un provino in cui rimane folgorato, decide di lanciare nel mondo dei video porno gay la nuova giovane e sensuale stella Sean Paul Lockhart (Garrett Clayton), affibbiandogli il nome commercialmente più convincente di Brent Corrigan. Il produttore invita il ragazzo, che si dichiara diciottenne, a vivere presso la sua dimora, un vero e proprio set permanente nel quale Brent viene servito e riverito per dare il meglio di sé durante le performance.
Tale vicinanza, tuttavia, stimola i desideri repressi di Kocis, ormai sulla soglia del declino fisico ed evidentemente solo; l’uomo comincia a sentirsi coinvolto sentimentalmente dall’affascinante attore il quale, ricambiando controvoglia solo le sue attenzioni sessuali, reclama più soldi per le proprie prestazioni lavorative, soprattutto alla luce degli evidenti guadagni ingenti del suo produttore.
Dopo una lite furibonda con cui Brent non riesce ad ottenere ciò che vuole, il ragazzo abbandona la villa di Kocis, col desiderio di divenire un regista indipendente e finendo per collaborare con una coppia di produttori spiantati (James Franco e Keegan Allen), con i quali si coalizza per distruggere l’impero e l’influenza contrattuale di Kocis sulla sua carriera. Ma Brent non capisce in tempo fino a dove i nuovi produttori sono disposti a spingersi, per avere via libera al successo e saldare enormi debiti di cui lui non è a conoscenza.
King Kobra: i risvolti sanguinari di un’inarrestabile sete di successo
King Kobra mette in evidenza gli inquietanti retroscena del mercato della pornografia, portando in scena una storia realmente accaduta con un tono scanzonato che potrebbe infastidire, data la drammaticità dell’evento. Una scelta che non risparmia siparietti in cui gli omosessuali (perlomeno quelli parte dell’industria pornografica) vengono mostrati come una sorta di macchiette sempre in calore e pronti ad ammiccare.
Il risultato è una pellicola che riesce a divertire ed intrattenere, anche grazie al ritmo sostenuto, agli incalzanti scambi di battute e alla notevole presenza scenica dei protagonisti ma che, più che come un dramma, si classifica come commedia nera, in cui le motivazioni che portano al delitto vengono appena accennate, preferendo indugiare su mossette, scene di sesso e gli spassosi scatti d’ira sopra le righe di un James Franco in versione schizofrenica.
Notevole lo sforzo di Christian Slater di dipingere la mentalità cupa e morbosa del produttore Kocis, un uomo che per volere troppo ha distrutto se stesso, complice anche lo scandalo per pedofilia in cui Brent lo ha vendicativamente gettato, sostenendo di avere ancora diciassette anni al momento in cui girò i primi video porno per la Cobra.
Con la sua improvvisa virata sanguinaria, introdotta da premesse solamente accennate per chi non conosce le vicende reali alle quali il film si ispira, King Cobra ha conquistato parte del pubblico della sezione After Hours del Torino Film Festival 34 ma è probabilmente destinato a lasciare gli spettatori generalmente divisi, indecisi se sia il caso di ridere o meno su una vicenda così amara e agghiacciante.
King Cobra è stato presentato in anteprima mondiale nella sezione Midnight del Tribeca Film Festival 2016; nel cast del film anche Alicia Silverstone, Molly Ringwald e Spencer Lofranco. James Franco è anche produttore della pellicola.