Strike a pose: recensione del documentario sui ballerini di Madonna

Nella primavera del 1990 Madonna pubblicava Vogue, il primo singolo estratto dall’album I’m Breathless. Un successo che contò più di 6 milioni di copie vendute in tutto il mondo e che vide lo storico ritornello della canzone, Strike a Pose, diffondersi a macchia d’olio, trasformandosi in un fenomeno di costume che avrebbe segnato un’epoca: Il vogueing, il ballo portato alla ribalta da Madonna.

Da qui nasce il documentario Strike a pose, che entra fin da subito nella vita di sette giovani ragazzi catapultati in qualcosa più grande di loro, un tour mondiale della pop star più decantata e ammirata degli anni Ottanta. Più precisamente siamo nel 1987 e Madonna cerca dei ballerini che portino in scena lo stile vouge per affiancarla nel nuovo Blond Ambition tour. La scelta ricade su Luis Camacho, Oliver Crumes III, Salim Gauwloos, Jose Gutierez, Kevin Stea, Gabriel Trupin e Carlton Wilborn. Tira fuori te stesso è motto che riecheggia per tutta la durata del tour. Sia nel ballo che nella vita, non è qualcosa di facile, soprattutto se si attraversano momenti particolari e non si ha la volontà di condividerli, o semplicemente non si ha la forza di farlo.

Strike a pose: la libertà di essere se stessi

Il messaggio che porta Madonna in giro per il mondo è quello della libertà di essere se stessi. Molte persone, soprattutto rappresentanti del mondo religioso, pensano che questo spettacolo abbia in sé qualcosa di demoniaco e che allontani dai principi fondamentali. Nonostante querele e proteste, lo spettacolo continua e la vita di questi giovani ragazzi cambierà per sempre.

strike a pose

Strike a pose, una scena del film

Il documentario di Ester Gould e Reijer Zwaan ci parla, attraverso i racconti dei ballerini ormai adulti, del momento delle audizioni, la gioia di essere stati scelti, l’ego che brama sempre più fama e il declino, che inesorabilmente colpisce come una maledizione tutti questi giovani ragazzi pieni di energia. Eroina, alcol, AIDS sono dietro l’angolo. Anche la morte, per uno di loro, diventa uno spettro sempre più reale. Il successo di questo tour ha cambiato per sempre le loro vite, come più volte ripetono i protagonisti, e li ha messi di fronte a numerose difficoltà. Ma c’è una via di uscita: la capacità di rinascere e reinventarsi.

Il merito di Strike a pose è quello di riuscire a portare avanti un messaggio iniziato proprio con quel tour, in cui Madonna diventa la portavoce più celebre del mondo gay ed istiga tutti gli spettatori (e non solo) a guardare in faccia una realtà che esiste ma non si ha ancora il coraggio di affrontare. L’eco del suo lavoro, e del lavoro dei ballerini, dura ancora oggi, attraverso lettere di ringraziamento di giovanissimi in cerca di un modello a cui affidare le proprie difficoltà.

Strike a pose: il documentario nel documentario con Truth or dare

Strike a pose si serve di alcune parti prese da un altro documentario, Truth or dare, la cui bellezza è quella di passare il semplice e bellissimo messaggio che si può essere gay e umani, felici e anche di successo. Questo documentario nel documentario non fa che rinforzare il messaggio di Strike a pose, che attraverso i racconti onesti e sinceri dei ballerini ormai adulti, ci catapulta in un mondo che spesso dimentichiamo. Quello che si cela dietro le pop star, il business e il mondo discografico. Quel mondo fatto di persone che vogliono semplicemente essere amate.

Stike a pose è commovente nella sua semplicità, nel modo di raccontare la fragilità e la forza di quei giovani ragazzi che dopo 25 anni si ritrovano a parlare di quello che è stato e di cosa sono riusciti a costruire nel presente. Presentato in anteprima mondiale all’ultimo Festival di Berlino e quindi a Biografilm Festival | International Celebration of Lives di Bologna, Strike a pose vi aspetta al cinema in due serate evento, il 5 e il 6 dicembre distribuito da Nexo Digital.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.8