Indiana Jones e l’ultima crociata: recensione del film con Harrison Ford

A otto anni di distanza da I predatori dell’arca perduta e a quattro dal secondo capitolo Indiana Jones e il tempio maledetto, le avventure dell’archeologo più celebre della storia del cinema giungono nel 1989 al terzo episodio con Indiana Jones e l’ultima crociata, che rimarrà anche l’ultimo film della saga fino all’uscita nel 2008 del molto discusso Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo. Dopo la non del tutto riuscita svolta dark della precedente pellicola, la coppia formata da Steven Spielberg e George Lucas opta per riprendere dal primo capitolo della saga le atmosfere mistiche e il principale nemico (ovvero i nazisti), approfondendo però il passato e il presente del personaggio di Indiana Jones attraverso il rapporto con il padre Henry.

Serviva un attore in grado di tenere testa a una stella come Harrison Ford e di pungolare la sicurezza e il carisma di un personaggio come Indy con argute e pungenti battute. La lista dei candidati era abbastanza corta. La scelta è così caduta sul leggendario Sean Connery, che dopo le indimenticabili prove nei panni di James Bond e nei cult Il nome della rosa e Gli intoccabili, consegna alla storia del cinema un altro personaggio memorabile, dando vita insieme al collega (di solo 12 anni più giovane) uno dei migliori rapporti fra padre e figlio apparsi sul grande schermo.

A dare volto e corpo al giovane Indiana Jones durante i flashback rivelatori di alcuni tratti caratteristici del suo personaggio, come il cappello o la fobia dei serpenti, è invece il compianto River Phoenix, che dopo la sua eccezionale prova in Stand By Me rende nuovamente manifesto il suo naturale talento, accrescendo i rimpianti per la sua vita e la sua carriera, tragicamente e sfortunatamente spezzate prima del tempo. Gradite novità rispetto al precedente capitolo sono anche quelle della sensuale Alison Doody e della coppia formata da Denholm Elliott e John Rhys-Davies, che riprendono i ruoli da loro già interpretati ne I predatori dell’arca perduta, sottolineando così il forte legame de Indiana Jones e l’ultima crociata con il primo capitolo della saga.

Indiana Jones e l’ultima crociata: un viaggio emozionante e spettacolare alla ricerca delle proprie origini e del tempo perduto

Indiana Jones e l'ultima crociata

Dopo un flashback ambientato nel 1912, in cui vediamo Indiana Jones (River Phoenix) lottare per sottrarre la croce d’oro di Coronado in modo da consegnarla a un museo, la narrazione si sposta al 1938, dove un Indiana Jones adulto (Harrison Ford) riesce finalmente a recuperare il manufatto e a lasciarlo in mani sicure. La quiete per il Professore dura però poco. Indy viene infatti contattato dal magnate Walter Donovan (Julian Glover), deciso a coinvolgerlo nella ricerca di uno dei reperti storici più ricercati nella storia dell’umanità, ovvero il Sacro Graal, il calice che secondo la leggenda fu usato da Gesù Cristo durante l’Ultima Cena. La ricerca di questo mitico manufatto ha occupato grande parte della vita del padre di Indiana, il Professor Henry Jones (Sean Connery), che al momento risulta scomparso.

Per Indiana Jones ha così inizio un lungo viaggio fra Venezia, Germania e Turchia, durante il quale, con l’aiuto della bella Dott.ssa Elsa Schneider (Alison Doody) e dei fidati Marcus Brody (Denholm Elliott) e Sallah (John Rhys-Davies), dovrà lottare contro nazisti e traditori per ritrovare il proprio padre e mettere le mani sul tanto ambito Sacro Graal.

Indiana Jones e l’ultima crociata: un toccante rapporto fra padre e figlio nobilita quello che per vent’anni è stato il perfetto epilogo della saga

Indiana Jones e l'ultima crociata

Con Indiana Jones e l’ultima crociata, la saga trova quello che per quasi 20 anni è stato il suo perfetto epilogo, accompagnando lo spettatore in un avventuroso viaggio, che con il passare dei minuti scopre però una forte componente spirituale e un profondo lato umano. Dopo il passo indietro de Indiana Jones e il tempio maledetto, Steven Spielberg ritrova l’ispirazione dei giorni migliori, riuscendo a fondere nel migliore dei modi l’azione pura con l’introspezione psicologica dei personaggi, superandosi nel delineare un toccante rapporto fra genitore e figlio, tema da sempre portante nel cinema del regista americano, e condendo il tutto con un irresistibile e pungente humour, mai fine a se stesso e sempre funzionale al racconto.

Mattatori della pellicola sono, prevedibilmente, Harrison Ford e la new entry Sean Connery, che si sfidano in bravura, dando spessore e profondità alla componente più intima del personaggio di Indiana Jones. In mezzo a inseguimenti, sparatorie e viaggi in capo al mondo, filtra infatti un legame fra padre e figlio difficile e controverso, fatto di una comune passione per la ricerca e per la storia, ma anche di incomunicabilità e profondo desiderio di accettazione. La scelta di mostrare apertamente i punti deboli del carattere del protagonista si rivela vincente e conferisce alla seconda parte della pellicola una valenza che trascende la mera trama, fatta di condivisione di intenti e passioni, continuità fra generazioni diverse e voglia di recuperare rapporti e tempo perduto.

Indiana Jones e l’ultima crociata fra storia, scienza e fede

Indiana Jones e l’ultima crociata si distingue anche per il tatto e la sensibilità con cui affronta un rapporto da sempre controverso come quello fra storia, scienza e fede. Il leggendario Sacro Graal, con la sua fama di fonte della vita eterna, diventa infatti il mezzo per esplorare il lato spirituale dei personaggi, che, pur mantenendo salde le proprie convinzioni, devono confrontarsi con situazioni non spiegabili solo con logica e razionalità. Esemplare in questo senso la parte finale, con le celebri prove che Indiana Jones deve affrontare per salvare la sua vita e quella dei propri affetti: è solo con un atto di pura fede e di estrema umiltà che Indy potrà superare l’avventura più difficile della sua vita, riconnettendosi con la propria personalità e con la propria storia in un finale emozionante e struggente.

La sceneggiatura di Jeffrey Boam si rivela a prova di bomba, sfruttando adeguatamente sia i brillanti dialoghi su fede e storia affidati ai protagonisti, sia il fascino e la suggestione portata dagli elementi mistici, da location mozzafiato come quella di Venezia e da un nemico sempre inquietante come il nazismo. Il team creativo di Indiana Jones e l’ultima crociata si concede inoltre i lussi di mettere Indy faccia a faccia con nientepopodimeno che Adolf Hitler in persona, e di mescolare realtà e fantasia con la spiegazione dell’origine del nome Indiana, proveniente da quello del cane della famiglia Jones e soprattutto da quello appartenuto nella vita vera all’ideatore della saga George Lucas.

L’esemplare chiusura di un ciclo narrativo

Indiana Jones e l'ultima crociata

Indiana Jones e l’ultima crociata chiude nel migliore dei modi una splendida trilogia, che ha saputo intrattenere, fare sognare e riflettere intere generazioni di cinefili e ancora oggi non vede minimamente intaccata la propria forza. Probabilmente sarebbe stato meglio lasciare Indiana Jones così, riconciliato con se stesso e con i suoi affetti in una poetica fuga a cavallo verso il tramonto e nuove mirabolanti avventure, accompagnato dal celeberrimo motivo di John Williams a cui è indissolubilmente legato. Le regole del profitto e del marketing hanno portato a una soluzione diversa, per cui non ci rimane che sperare che l’imminente quinto capitolo possa ridare alla serie lo smalto perduto con Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, accompagnandola verso una conclusione altrettanto intensa e soddisfacente.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4.5
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4.5
Emozione - 5

4.4