Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2: recensione
“It All Ends”. Una delle più grandi saghe cinematografiche mondiali è giunta al termine. Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2, segna la fine di un viaggio, la fine di un periodo importante della vita di tutti i bambini che, coetanei di Harry, Ron ed Hermione hanno iniziato con loro, all’età di 11 anni la più bella avventura che si potesse mai immaginare. Al tempo stesso segna anche un inizio, e un augurio ad andare avanti, volgere lo sguardo al futuro, più forti e determinati, con la consapevolezza che attraverso la volontà, l’amore e la fraternità si potrà sorpassare qualsiasi ostacolo nel proprio cammino.
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2 sembra cristallizzarsi nella scena iniziale: una musica triste, profondamente malinconica, ed evocativa permea nell’atmosfera di Hogwarts, congelandola. Il logo della saga si fa spazio in questa melodia quasi tombale, facendoci rimpiangere e ricordare con nostalgia il festoso leitmotiv che apriva i precedenti film.
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2: l’ultimo capitolo è un inno al mondo magico
Non si pensa a fedeltà o tradimento nei confronti del libro originale della Zia Ro, guardando l’ultima pellicola i fan ne rimarranno comunque soddisfatti, venendo investiti da una marea di emozioni, spesso anche contrastanti in una stessa scena. C’è solo soddisfazione e tanta, troppa, nostalgia, come se volessimo tornare indietro insieme ai nostri protagonisti, insieme ai nostri amici.
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2 è un film corale, e riassuntivo, in cui possiamo sorridere nel veder tornare alcuni personaggi, oggetti, situazioni tipici del primo film, Harry Potter e la Pietra Filosofale. Non si tratta solo dell’ultimo film, ma di un vero e proprio inno al mondo magico e al maghetto più famoso del mondo. È come se David Yates non avesse lasciato nulla al caso, dirigendo eccezionalmente la pellicola, e presentando ogni cosa al momento giusto.
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2: un viaggio tra vecchi amici alla scoperta di sé stessi
“È la bacchetta che sceglie il mago Signor Potter”. Harry ripercorre i passi fatti dal sé stesso undicenne, quando ancora spaesato e incredulo s’incamminava, al fianco di Hagrid, per le vie di Diagon Alley. Ed è fenomenale il modo in cui Yates propone agli spettatori tutti questi dettagli familiari, investendoli di un’atmosfera in parte nuova. Harry va a chiedere spiegazioni sulla bacchetta di Sambuco ad Olivander, e notiamo subito che il vecchio venditore di bacchette non è più l’ometto geniale e sprizzante che avevamo conosciuto. Il campo di Quidditch, una volta regno di festeggiamenti e cori da stadio, è imprigionato dal fuoco.
Ritroviamo anche la Gringott, non più luogo di ricchezze e buoni propositi per il futuro, ma luogo di corruzione e oscurità. Tornano anche i troll, e il drago che sorveglia la camera blindata di Bellatrix, che ricorda molto Fuffi, il cane di Hagrid a tre teste. Rivediamo anche la professoressa McGranitt che nonostante l’età avanzata decide di esporsi in primo piano nella battaglia.
Da una parte ci ricorda la saga a cui ci siamo affezionati in 10 anni, dall’altra invece sembra un qualcosa totalmente nuovo, soprattutto all’inizio. E Yates vuole far vacillare lo spettatore, facendolo sentire al sicuro, ma al tempo stesso spaesato. Solo quando Harry, Ron ed Hermione tornano ad Hogwarts, ritorna, gloriosamente, il celebre leitmotiv di Nicholas Hooper, facendoci sentire nuovamente a casa.
Una pecca delle scelte registiche di Yates è soprattutto la poca considerazione che viene data a morti importanti, esclusa quella di Piton, come quelle di Remus, Tonks, Fred e Lavanda.
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2: Vengono messi in discussione personaggi importanti che hanno fatto la storia della saga
La stessa figura, quasi paterna di Silente viene messa in discussione. Chi è Silente? Perché si è preso cura di Harry “allevandolo come una bestia da macello”, come afferma lo stesso Piton, sapendo che il ragazzo sarebbe dovuto morire per sconfiggere Voldemort? Invece, con profonda commozione e affezione, scopriamo nel personaggio di Piton, un attaccamento veramente paterno nei confronti di Harry, tanto da proteggerlo e sorvegliarlo da lontano per tutti questi anni. Chapeau al grande Alan Rickman, che rimarrà per sempre nei nostri cuori.
Daniel Radcliffe supera sé stesso, ipnotizzando con lo sguardo del suo Harry ferito, stanco, ma determinato più che mai. Harry è pronto a diventare l’eroe che tutti inneggiavano, è pronto a prendersi le sue responsabilità, temendo per il suo destino, ma andandoci incontro a testa alta.
“Non provare pietà per i morti, Harry. Prova pietà per i vivi, e soprattutto per coloro che vivono senza amore”
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2: Dalla magia infantile si passa alla realtà, al mondo degli adulti
Insieme a tutti i personaggi, che hanno visto il loro luogo sicuro divenire un campo di battaglia, per poi essere quasi interamente distrutto, gli spettatori sono pronti a passare all’età adulta, preparati nel corso degli anni dalle varie pellicole della saga. Diciamocelo, la verità è che la saga di Harry Potter è stata la miglior psicologa della nostra adolescenza.
Se Peter Pan mostrava la magia dell’essere piccoli, tanto da voler restare un bambino per sempre, Harry Potter, ha condotto, progressivamente, i fan nel mondo degli adulti, non facendo vivere come un trauma questo salto, e anzi facendo accettare loro tutte le difficoltà che si possono presentare in futuro. Dalla magia infantile si passa alla realtà, che a volte può essere cruda e dura, ma se c’è la buona volontà – e tutti quei valori su cui la saga si è fondata per anni – si potrà affrontare con orgoglio e con dignità.
Solo chi ha iniziato questo viaggio con Harry, Ron ed Hermione, potrà capire a fondo il messaggio contenuto nell’intera saga. Solo chi ha sofferto, gioito, e riso con loro potrà fare tesoro di quello che ha imparato nel corso degli anni.