Cinema e libri: Francesco Munzi racconta Anime Nere
Anime Nere, presentato alle 71esima Mostra del Cinema di Venezia, continua il suo percorso tra Festival nazionali e internazionali. Terzo lungometraggio di Francesco Munzi, è un film che ha conquistato il grande pubblico e al tempo stesso suscitato diverse critiche tra la popolazione Calabrese, nei luoghi dove è ambientato. L’idea di questo film parte da Anime Nere, libro di Gioacchino Criaco. Una storia di ‘ndrangheta, di educazione malavitosa, di legami di sangue.
Pochi giorni fa Munzi ha partecipato a un incontro all’interno della rassegna Cinema al Maxxi guidata da Mario Sesti. Il regista si è confrontato con un uditorio molto incuriosito e assieme a loro ha sviscerato e raccontato il suo film sin dalla fase produttiva.
“Un film che, anche se parla di qualcosa di vero, è un progetto che ha come intento quello di raccontare, di fare qualcosa di buono”, ha affermato Munzi. “Mostrare un mondo da conoscere. Trovavo elementi interessanti in questa storia, come l’idea di fare un viaggio nella famiglia e spogliarla di tutti gli elementi connotativi della Calabria. Un confronto e scontro di idee. Questo non era il tema centrale del libro, ma io nelle sue pagine vedevo la possibilità di fare un viaggio archetipico nella storia di tre fratelli, nello scontro tra tre fratelli”.
Le prime esperienze registiche hanno aiutato Munzi ad avere un approccio distaccato con questo mondo a lui sconosciuto. Il taglio documentaristico è chiaro sin dalle prime scene e il senso di realtà è tenuto fino all’ultimo secondo dell’ultima scena. “Uno degli obblighi del documentario” ha continuato il regista, “sono quelli di entrare in contatto ed empatia con il territorio non in maniera troppo fredda. Noi abbiamo coinvolto nel gioco della recita tutta la popolazione, chiedendo se fossero interessati a partecipare al nostro progetto. Il primo approccio non è stato semplice. Il racconto di questi posti è legato o alla cronaca nera o a giornalisti d’assalto. Questo fa sì che la popolazione, anche quella migliore, si chiuda. È difficile raccontare certe dinamiche, certe realtà in modo ufficiale. Noi ci siamo riusciti con il tempo. Abbiamo creato un rapporto giusto e concreto. Non eravamo lì per fare notizia ma per raccontare qualcosa e insieme alla gente del posto abbiamo discusso e preso scelte importanti come quella di inserire il dialetto”.
Anime Nere è ambientato ad Africo un paese con circa tremila abitanti. Nel film si intravede sulle montagne l’Africo vecchia, abbandonata molti anni fa. In quelle montagne la ‘ndrangheta ha le sue radici, ma il film non affronta le ragioni sociologiche di quella terra e popolazione o il perché della delinquenza.
“Anime Nere il libro parla dell’educazione criminale di tre amici e non tre fratelli come nel film. Tre ragazzi amici sin dall’infanzia quando negli anni ’70 erano custodi delle persone sequestrate, fino ad arrivare a Milano e all’Europa”, ha dichiarato Munzi parlando della scelta registica. “Il libro per me rappresenta il passato. Rappresenta una dimensione che conoscevo dei personaggi e che ho preso e portato avanti. Di questo libro a me piaceva non tanto l’intreccio narrativo, la storia. Mi piacevano alcuni elementi di verità che c’erano, come l’attaccamento dei personaggi alla montagna e il modo in cui è raccontata la storia. È la storia di uomini e donne, di criminali che non si sentono vincenti. Hanno un senso di perdita, di sconfitta. Questi elementi li ho isolati e poi li ho ingranditi”.
Luigi (Marco Leonardi), Rocco (Peppino Mazzotta) e Luciano (Fabrizio Ferracane) nel film sono tre fratelli. Tre personaggi caratterizzati tra di loro in maniera diversa, pur avendo avuto una stessa educazione. A tenerli insieme è il senso di appartenenza alla “famiglia”, è il rispetto verso questa “unione sacra”. Altro ruolo importante in Anime Nere, come nella ‘ndrangheta, è svolto dalle donne, coloro che si nascondono dietro il silenzio, che difendono i loro uomini. La madre dei tre fratelli (Aurora Quattrocchi) è una donna riservata, non parla molto. Non chiede espressamente vendetta ma manifesta la sua opinione attraverso lo sguardo, attraverso quel solenne silenzio matriarcale. La stessa moglie di Luciano (Anna Ferruzzo) osserva il marito, lo sostiene. È la sua roccia salda, ma al tempo stesso non dice la sua. Mentre la moglie di Rocco (Barbora Bobulova) è una donna distante da quel mondo. “È la rappresentazione del mondo che non appartiene alla mafia ma che sta a stretto contatto con essa. Rappresentazione di chi abbassa la testa, fa finta di nulla e va avanti”.
E in fine, non per ordine di importanza, c’è Leo (Giuseppe Fumo). È il figlio di Luciano, un giovane che vive ad Africo e vuole andare via da quella terra. È lui che, compiendo gesti delinquenti e scontrandosi sempre con la volontà del padre, “riunisce la famiglia” e inconsapevolmente dà il via allo scontro, alla faida.
Anime Nere, libro e film, ha in sé un fascino indiscusso, che va oltre la storia di mafia. Un fascino legato agli archetipi della tragedia greca.