Passengers: recensione del film con Chris Pratt e Jennifer Lawrence
Una navicella spaziale interamente dormiente, due soli passeggeri svegli nello spazio: Chris Pratt e Jennifer Lawrence sono i protagonisti del nuovo film Passengers (trailer), prigionieri di una nave che sta per affondare e pronti a salvare la loro vita e quella sospesa di altri cinquemila incoscienti viaggiatori.
Svegli trent’anni prima che si concluda il percorso spaziale dalla Terra al pianeta Homestead II, Jim (Chris Pratt) e Aurora (Jennifer Lawrence) terminano il loro sonno ibernato e si concedono i lussi e i divertimenti che la navicella Avalon può soddisfare. Costretti ad un’esistenza oramai segnata che non li vedrà mai più arrivare sul nuovo mondo da colonizzare, rassegnati l’uomo e la donna si abbandonano ad un’appassionata storia d’amore, che entrerà in crisi con lo scoprirsi di imperdonabili verità tenute nascoste e ingenti problemi ai motori principali della struttura. In una concitata corsa contro il tempo, per Jim e Aurora sembra non esserci una via di uscita sicura.
Passengers: un viaggio perpetuo tra amore e salvataggio
In un viaggio perpetuo nell’immenso cosmo, dove una felicità accidentale viene messa in crisi da imprevisti fino ad allora mai verificati, trova terreno fertile il regista di Headhunters (2011) e dell’ottimo The Imitation Game (2014) Morten Tyldum, il quale sfrutta come sfondo narrativo lo spazio per il suo ultimo film sci-fi, che di sci-fi ha però ben poco da offrire.
Diviso in due parti monografiche che vanno poi ad influenzarsi vicendevolmente con ripetuti accenni durante l’intera durata della pellicola, Passengers fa un’iniziale eco alla solitaria esistenza di The Martian – Sopravvissuto per poi allontanarsene completamente e creare dalla semi-originalità del soggetto personale una storia d’amore tra i corpi celesti.
Un po’ racconto dell’uomo giusto al posto giusto e della differenza di classe che difficilmente avrebbe unito un meccanico ed una scrittrice se non per il fatto di essersi trovati da soli nel bel mezzo del nulla, un po’ tentativo eroico in cui lo scopo è quello di salvare cinquemila anime, il film scritto dallo sceneggiatore statunitense Jon Spaihts (L’ora nera, Prometheus, Doctor Strange) è l’intrattenimento facile che vuole però esagerare, scadendo in un finale sporcato da sbavature e momenti imbarazzanti, dove quel poco di buono intravisto negli attimi precedenti finisce per essere espulso come corpo morto nell’universo.
Passengers: blockbuster poco riuscito ed occasione sprecata
Predominante è la navicella stellare Avalon, vero teatro delle azioni di Passengers, che occupa l’intero campo visivo del film limitando l’elemento spettacolare dello spazio, che si intravede soltanto senza mai attirare una particolare attenzione della camera, limitandosi a rappresentare uno sfondo nero ed infinito contro cui viene stagliata la spigolosa aeronave.
Lontano dallo stampo autoriale che caratterizza alcuni dei successi fantascientifici degli ultimi anni, dall’intimista Gravity (2013) del regista Premio Oscar Alfonso Cuarón all’imponente Interstellar (2014) di Christopher Nolan, e al contempo contrassegnato da pecche talmente ingiustificabili da non poter passare inosservate sotto un attento processo, il nuovo film di Morten Tyldum si classifica come un blockbuster dai grandi nomi che crede di poter contare sulle suggestioni dell’universo e sui volti noti dei protagonisti per qualificarsi tra le pellicole riuscite sul tema dell’ignoto spazio, sbagliando però di molto la sua reale posizione.
Con un Chris Pratt nelle simili, ma ben lontane atmosfere stellari di Guardiani della Galassia dove veste i preferibili panni dell’irresistibile Star Lord e una Jennifer Lawrence che poco aggiunge con questa interpretazione alla sua prosperosa carriera, Passengers è un film commerciale al quale è meglio non affidare pretese, un lavoro che sarebbe potuto essere un viaggio incredibile nella meraviglia e nell’umano, ma dal quale invece si spera di scendere alla prima fermata.