Scream Queens 2: recensione della serie con Jamie Lee Curtis e Emma Roberts
Gli sceneggiatori Ryan Murphy, Brad Falchuk e Ian Brennan hanno un enorme problema: hanno idee brillanti, danno vita a serie originali da tanti punti di vista, ma sembrano non essere in grado di portarle avanti, impantanandosi in ripetizioni e cadute di stile e di qualità. Il dramma (dopo American Horror Story e Glee) si è ripetuto anche con Scream Queens 2: l’ironia al limite dell’assurdo che ci aveva fatto apprezzare la prima stagione è diventata noia quasi insostenibile nella seconda.
Scream Queens 2 è ambientato in una clinica privata chiamata CURE. L’istituto è gestito dall’ex decano Cathy Munsch (Jamie Lee Curtis) che l’ha comprato con l’obiettivo di trasformarlo in una struttura che cura l’incurabile. Raduna attorno a sé medici apparentemente esperti, ma poco convincenti: il dottor Holt (John Stamos) e il dottor Cascade (Taylor Lautner) e decide di coinvolgere anche qualche vecchia conoscenza come Zayday Williams (Keke Palmer) e le Chanel (Emma Roberts, Abigail Breslin e Billie Lourd).
Di nuovo le protagoniste urlanti sono minacciate da uno spietato serial killer che, da diavolo rosso, è diventato un “cattivone verde”. Si tratta del figlio di un uomo ucciso dal personale incompetente dell’ospedale trent’anni prima e che ora non avrà pace fino a quando la struttura chiuderà definitivamente. Il killer se la prende con pazienti e personale, mentre le Chanel si improvvisano di nuovo investigatrici e cercano di scoprire la sua identità, tentando in tutti i modi di sopravvivere.
Scream Queens 2: il ritorno di un cast quasi tutto al femminile ironico ed efficace
Fortunatamente, uno degli elementi che era stato il punto di forza della serie nella prima stagione, ha mantenuto la sua efficacia anche nella seconda. Partendo dalla Scream Queen originale Jamie Lee Curtis, il cast quasi tutto al femminile è sarcastico e brillante. Emma Roberts (che lascia sembra il dubbio se stia recitando o meno) è una protagonista fastidiosa che incarna perfettamente quello che dovrebbe essere: una ragazza americana viziata, lo stereotipo della millennial egocentrica e ignorantella. Attorno a lei le Chanel (numero 3 e 5) sono altrettanto fastidiose e brillanti: una Billie Lourd impassibile e un’Abigail Breslin perenne capro espiatorio del gruppo. Tra i ritorni, vale la pena ricordare anche Glen Powell (anche se per poco) e il suo ridicolo e geniale Chad Radwell.
Ritorni un po’ meno apprezzati quelli di Lea Michele (nei panni della psicopatica Hester) e di Niecy Nash (l’agente Denise Hemphill). Le due, al contrario delle maggior parte dei membri del cast, falliscono nell’interpretare lo stereotipo a loro assegnato. La prima diventa una serial killer che strabuzza gli occhi; la seconda, invece, diventa la macchietta della donna afroamericana perennemente arrabbiata, perdendo ogni forza comica.
Le new entry, invece, hanno portato a termine la stagione senza infamia e senza lode. Taylor Lautner e John Stamos fanno i belli e pericolosi della situazione, con interpretazioni dimenticabili, ma di ottimo supporto. Kirstey Alley è un’ottima infermiera perfida e diabolica, benché il personaggio non sia costruito nel migliore dei modi.
Scream Queens 2: le insidie della ripetizione
La sceneggiatura di Scream Queens 2 è una volontaria ripetizione di quella della prima stagione. L’intento è quello di puntare tutto sulla serie di assurde situazioni nelle quali i protagonisti si trovano. Più di tutto, la scarsa probabilità (che nel corso della stagione viene spesso citata) di ritrovarsi faccia a faccia con due serial killer di fila nel giro di un paio d’anni. I meccanismi narrativi sono gli stessi della prima stagione: un assassino senza scrupoli vuole vendicarsi di qualcosa successo anni prima che ha coinvolto un genitore (dalla madre si è passati al padre), indossa un costume elaborato (anche se l’unica differenza sembra essere il colore) e uccide in modi orribili le sue vittime. Improvvisamente si scopre che di killer ce n’è più di uno. Insomma, nessuna novità.
La scelta, qui, sta allo spettatore. Questa ripetizione può essere vista come un meccanismo geniale ed ironico o come una narrazione estenuante. Il tentativo di Scream Queens 2 è reiterare un’idea vincente con il rischio (che apparentemente si è realizzato) di puntare sulle ripetizioni sbagliate. E il finale di stagione ne è il simbolo: il ritorno, per l’ennesima volta, del Diavolo Rosso che aveva ossessionato Chanel nella prima stagione sembra davvero oltrepassare il confine di quello che possiamo sopportare. La ripetizione è un meccanismo affascinante, ma tremendamente insidioso.
Se mai ci sarà una terza stagione, speriamo che ci sia anche la capacità di scindere gli elementi da tenere, da quelli da eliminare brutalmente. Le regine dell’urlo sono delle protagoniste pop ironiche e divinamente stereotipate, ma quel necessario stalker sanguinario che le ossessiona rischia di essere ancora solo un déjà vu.