S is for Stanley: recensione del documentario di Alex Infascelli
S is for Stanley è un documentario diretto da Alex Infascelli che pone lo sguardo su un uomo, Emilio D’Alessandro, il braccio destro di Kubrick, suo amico, autista, tuttofare e in qualche modo anche confidente.
Presentato in prima tv assoluta su Sky Arte HD e Premiato con il David di Donatello come miglior documentario, S is for Stanley dialoga con lo spettatore di tutta una casualità che ha legato questo piccolo uomo di origini italiane con il regista Stanley Kubrick.
Emilio D’Alessandro è un uomo originario di Cassino trasferitosi a Londra negli anni’ 60, appassionato di macchine e di motori, farà ogni tipo di lavoro come magazziniere, meccanico e tuttofare; si sposa con Janette Woolmore da cui avrà due figlie e comincerà a correre come pilota professionista nella Formula Ford.
La sua carriera da pilota non avrà lunga vita ma la sua passione per le macchine è così forte che un giorno acquisterà un’auto e la userà come mezzo per il suo nuovo lavoro da autista. Non gli interessa mai chi o cosa trasporta, compie quel lavoro in modo meticoloso e puntuale, finché un giorno non gli verrà richiesto di trasportare dagli studi di Borehamwood un oggetto piuttosto grande, un fallo bianco di porcellana che a malapena entra nella sua macchina.
Lui da professionista e con discrezione lo porta in un appartamento e non fa alcuna domanda. Non sarà né la prima né l’ultima volta che trasporterà cose o persone per la Hawk Films, la casa di produzione dei film di Kubrick, tanto meno si rende conto per quali persone lui sta realmente lavorando.
In tutto ciò Kubrick nota la sua bravura, la sua puntualità e le sue accortezze, cose che faranno di Emilio prima il suo autista personale, il suo assistente, poi il suo tuttofare, il responsabile dei suoi uffici, dei suoi animali e della sua casa. Kubrick gli notizia dei suoi bisogni e dei lavori attraverso post-it scritti a mano o a macchina che D’Alessandro ha custodito gelosamente, assieme a tanti altri cimeli che Kubrick ha donato personalmente ad Emilio.
Emilio diverrà parte integrante di tante creazioni, tante produzione filmiche quali Arancia meccanica, Barry Lyndon, Shining, Full Metal Jacket e Eyes Wide Shut, vedrà questi capolavori ergersi e nascere, accompagnando il regista attraverso i sopralluoghi, conoscendo e trasportando gli attori come Jack Nicholson o Tom Cruise, facendo anche piccole comparse nei suoi film, consolidando un’unione tra i due che andrà ben oltre l’ambito lavorativo, un legame inossidabile e granitico di amicizia, fiducia che nasce, si sviluppa, accresce, si ribalta e si slega come se fosse un amore tra due esseri così apparentemente agli antipodi ma mai davvero distanti.
S is for Stanley mostra tutto questo, riesce a ricreare perfettamente tutta la complessità che si era creata tra loro, che è ancora presente, che accompagna D’Alessandro e che è così vivida nei suoi occhi. Questo documentario è l’assoluto punto di vista di un uomo che ha saputo comprendere, assecondare e consigliare quel gran genio di Kubrick, che da lui si è dovuto allontanare (per poi tornare) e che l’ha vissuto con una tale vicinanza che i due sarebbero potuti essere interscambiabili.
S is for Stanley è un mosaico di ricordi, di scritti, un memoriale, quasi un vittoriale kubrickiano
Tra D’Alessandro e Kubrick si era creata un tipo di lealtà, di fratellanza, di fiducia e attaccamento tipici di chi vuol bene senza riuscire ad ammetterlo, se non nei momenti di distanza, di mancanza. Kubrick arriva a dipendere da quest’uomo così rassicurante, così per bene, onesto, umile, e la sua versatilità lavorativa lo rende prima apprezzabile, poi affidabile e alla fine necessario.
S is for Stanley è un mosaico di ricordi, di scritti, un memoriale, quasi un vittoriale kubrickiano che mai è stato uomo dalle risposte semplici, dalle argomentazioni spurie, leggendarie rimanendo sempre invisibile, inafferrabile e tutto ciò che il documentario fa è rendere tangibile e singolare il ricordo dell’universo di Kubrick e di come Emilio D’Alessandro fosse il pianeta dove egli deponeva ogni schermo e si sentiva libero di essere nel suo porto sicuro.