Film sulla danza: 20 film da vedere assolutamente, dalla danza classica all’hip hop
Se amate il cinema e la danza siete nel posto giusto, perché qui vogliamo parlarvi dei 20 migliori film sulla danza.
Prima di addentrarci nel nucleo della classifica, però, partiamo dal presupposto che il cinema è l’arte del movimento: un movimento tangibile nei passaggi della macchina da presa, nelle luci, nelle azioni di personaggi via via sempre e diversamente dinamici. C’è un’arte, però, che del movimento e della sua natura effimera e sempre e comunque irripetibile ne fa materia costituente: la danza. In declinazioni diverse, ma pur sempre danza.
Il cinema che danza: le arti del movimento – tangibile uno ed effimera l’altra – come declinazioni complementari al servizio della bellezza
La danza, a prescindere da quella che può essere la sua narrazione filmica, può essere intesa in maniera sempre differente: è una disciplina mai uguale a se stessa (anche ai suoi livelli tecnici talvolta esasperati). Può essere espressione fisica di sentimenti e stati d’animo, può essere onirica, metaforica e triviale, può essere artificiosa e stilizzata, rito collettivo e riflessione individuale.
Filmare la danza – e raccontare storia radicate nel suo mondo – è stata una velleità riuscita sul grande e sul piccolo schermo: un fenomeno che ha creato dei veri e propri cult.
Film sulla danza: ce n’è per tutti i gusti, stili e generi! Dalla danza classica all’hip hop.
Con il passare del tempo il cinema che danza, o la danza che da inconsistente gesto spirituale diviene benjaminianamente riproducibile al cinema, si è imposto non solo come categoria volta ad attirare l’attenzione di chi in quel mondo muove – è proprio il caso di dirlo – i suoi passi, ma anche come mezzo in grado di coinvolgere il pubblico meno avvezzo ad un livello di astrazione con scenari prodotti in modo inusuale.
Occorre, però, fare un ulteriore chiarimento: non tutti i film che hanno raccontato la danza sono sfociati nel grande genere del musical. Per molti registi, infatti, pur facendo sì che la danza sia una componente centrale della drammaturgia, la narrazione rimane priva di momenti dilatati dal tempo musicale.
Di tutti i film sulla danza che hanno provato a raccontare un mondo eterogeneo e complesso abbiamo provato a scegliere 20 film maggiormente significativi. Ecco la nostra classifica!
All that jazz (Lo spettacolo comincia) – 1979, Bob Fosse
Quando il coreografo diventa regista: Bob Fosse.
L’opera Cabaret del 1972 con Liza Minnelli si impone in maniera trasversale a raccontare il lato oscuro in chiave tragicomica dei locali notturni, con All that Jazz seguiamo la messa in scena di uno spettacolo tramite la vita del coreografo Joe Gideon (Roy Scheider) e il rapporto irreale con la dama Angelica (Jessica Lange). Nonostante l’elemento squisitamente fantastico impregnato di mistero, il film propone coreografie innovative in contesti particolari di narrazione. Movimenti stilizzati e gesti svuotati di significato sono, in questo caso, ripresi coerentemente e caricati di un fascino tutto drammatico.
Pina – 2011, Wim Wenders
Quando il regista è amico della coreografa (una delle più importanti del ‘900).
Pina di Wim Wenders è, oltre che un tributo a Pina Bausch, il primo film europeo realizzato con la tecnica 3D. Un film documentaristico che conduce lo spettatore lungo il viaggio, sensoriale e quasi mai descrittivo, che lo mette in contatto con la Bausch e con tutto ciò che fuori dall’ordinario ha creato. Complici l’uso dei danzatori del Tannztheater Wuppertal e l’utilizzo della tecnologia 3D, Pina è in grado di riprodurre la plasticità fisica, l’universo estetico e la sensualità emotiva del teatro-danza con coreografie quali “Café Müller”, “Le Sacre du printemps”,”Kontakthof” e “Vallmond”. Un film che accorcia la distanza tra arte e vita – da non dimenticare la prematura scomparsa della Bausch proprio pochi giorni prima dall’inizio delle riprese – e che caricato di bruciante umanità restituisce un affresco della creatività inarrestabile di Pina.
Save the last dance – 2001, Thomas Carter
Quando il balletto classico incontra l’hip-hop.
Una combinazione che è un clichè ancor prima di essere più e più volte riproposta in diversi contesti filmici. Il sentimentalismo dominante in tutto il film, con tre ingredienti centrali quali: la morte della madre della protagonista, la diversità di razza dei due giovani innamorati e l’ammissione alla prestigiosa Julliard School, non inficia sull’esito finale. Le combinazioni musicali proposte e la fresca interpretazione di Julia Stiles e Sean Patrick Thomas coinvolgono lo spettatore, mediamente teen, in un contesto tremendamente pop.
Billy Elliot – 2000, Stephen Daldry
Quando un bambino vuole diventare ballerino. QUI la storia vera.
Tratta dalla vera storia del ballerino Philip Mosley, figlio di un minatore che si guadagnò una borsa di studio per la Royal Ballet School, Billy Elliot è un film ricco di significati che spaziano dal carattere erroneamente elitario del balletto classico alla questione dell’omosessualità nel mondo della danza. Grazie a Jamie Bell, Billy è quella pura elettricità che, al di là della danza, riesce a trasmettere magneticamente un positivo monito di speranza.
The Company – 2003, Robert Altman
Quando la danza è crudele.
Il film presenta una trama che usa i momenti esclusivamente recitati come raccordo per i momenti danzati, i secondi di un livello nettamente maggiore rispetto ai primi. Il Joffrey Ballet, diretto da un affascinante coreografo (Malcom McDowell), è il centro nevralgico in cui competizione, sacrificio e pressione fisica ed emotiva è portato all’esasperazione – un po’ come avviene irrealisticamente ne Il cigno nero di Darren Aronofsky.
Il film di Altman è di una poetica dissonante e talvolta crudele che appassiona principalmente chi comprende ed entra in empatia con le logiche dell’arte coreutica.
La Febbre del Sabato Sera – 1977, John Badham
Quando la pista da ballo è rivalsa sociale.
Il film, contrariamente al mito legato anche a John Travolta che l’ha relegato al cult, è un racconto sociale senza se e senza ma. Tony Manero è un protagonista iconico e drammatico di un’età patinata fuori e dissoluto dentro, un giovane che sulla pista da ballo vive una celebrità che finisce per non saziarlo. La danza, congiuntamente con l’imprinting musicale dei Bee Gees, è il pretesto per raccontare ancora – e Bardham ci riesce – uno strascico di gioventù bruciata.
Carmen Story – 1983, Carlos Saura
Quando il confine tra danza e vita vera si perde.
Di film che hanno provato a raccontare la notissima vicenda di Carmen, la zingara nata dalla penna di Prosper Merimeè e immortalata in musica da Georges Bizet, ce ne sono tanti e di tutti i generi.
Carlos Saura in questa opera ha conferito giustizia al carattere partecipativo dell’opera Carmen, con una connotazione flamenca nelle danze e negli arrangiamenti musicali, firmate rispettivamente da Antonio Gades (qui anche interprete) e Paco De Lucia.
Un film vibrante dove la danza è eros figurato progressivamente con l’incalzare della musica e dei passi di danza. Il valore aggiunto, in un’opera dove già lo spettatore ha due piani narrativi intersecati, è il finale aperto.
Shall we dance? – 2004, Peter Chelsom
Quando i divi diventano ottimi ballerini.
Jennifer Lopez maestra di ballo di Richard Gere, un uomo che colma un innocente desiderio di evasione in una scuola di ballo. Shall we dance? è un film che complice anche la qualità e la popolarità degli interpreti propone una visione della danza come antidoto alle difficoltà e alle monotonie della vita. Momenti di ilarità, con attori come Lisa Ann Walter e Stanley Tucci, ben combinati con la danza. Il momento cult è il tango tra i due protagonisti: un’esibizione perfetta sul piano espressivo e corretta dal punto di vista esecutivo.
Due vite, una svolta – 1977, Herbert Ross
Quando la danza è una componente della qualità cinematografica.
Una trama semplice e una resa cinematografica e coreografica di alto livello. Rivalità, sacrificio e disciplina mischiati con equilibrio e a garantire la buona riuscita del tutto è sicuramente la prestanza di Mikhail Baryshnikov: un danzatore di una qualità eccellente e di una versatilità interpretativa fuori dal comune e, infatti, prestato più volte al cinema. È un film dove tutte le componenti ritrovano una loro ragion d’essere nel legame ciclico e ripetitivo delle vicende.
Center Stage – Il ritmo del successo – 2000, Nicholas Hytner
Quando la danza travolge nella sua interezza, lasciando che il cinema sia solo un mezzo di trasmissione.
È probabilmente il film che condensa al suo interno una grande quantità di clichè visti e rivisti come pochi altri: la protagonista di scarsa qualità tecnica che emerge, la compagna di stanza ribelle, il bravo ragazzo sinceramente interessato a lei e il bello e dannato che la illude sentimentalmente. Nonostante ciò il film è fresco e godibile, sorretto da numeri coreografici spettacolari eseguiti da i veri ballerini della compagnia dell’American Ballet Theatre, tra cui spicca Ethan Stiefel.
A time for dancing – 2000, Peter Gilbert
Quando la danza è un monito per affrontare un male incurabile.
Erroneamente a quanto si possa credere, questo film non ha nulla a che fare con Save the last dance. Qui c’è Jules (Larisa Oleynik), che scopre di avere un tumore in fase avanzata e la sua amica Sam (Shiri Appleby), nel mezzo il sogno della Julliard. Un film sulla riscoperta dei valori come l’amicizia e con una colonna sonora popolarissima e in linea con la drammaticità degli eventi. Non ci sono coreografie grandiose e il film si sviluppa intrecciando alla commozione una morale pienamente positiva.
Flashdance – 1983, Adrian Lyne
Quando il film sulla danza si compone di una serie di videoclip.
Entra a pieno titolo nella categoria di film sulla danza, ma Flashdance è composto di una serie di videoclip su hit anni ’80 tra cui il brano portante What a feeling cantato da Irene Cara (Premio Oscar come miglior canzone nel 1983) e Maniac di Michael Sambello.
Una bella protagonista interpretata dall’allora ventenne Jennifer Beals: saldatrice di giorno e ballerina di notte, una trama scontata che soccombe alle coreografie difficilmente dimenticabili.
Cappello a cilindro (Top Hat) – 1935, Mark Sandrich
Quando la danza si fonde – per la prima volta – con il tessuto della trama.
Commediola esilarante fatta di equivoci garbati e numeri danzati eseguiti e interpretati in maniera formidabile da una delle coppie più importanti e amate del panorama cinematografico: Fred Astaire e Ginger Rogers. Indimenticabili la scena del ballo nel gazebo del centro ippico durante la pioggia e la scena del ballo in abito da sera nell’hotel di Venezia.
Scarpette rosse – 1948, Michael Powell e Emeric Pressburger
Quando la favola si tinge dei colori della realtà.
Un film dal quale non si prescinde: fonde – essendo datato a fine anni ‘ 40 – per primo alcuni elementi di sperimentazione sia dal punto di vista foto-cinematografico, sia dal punto di vista coreografico. La favola, oniricamente rappresentata, ha un impatto visivo dirompente che, in aggiunta agli elementi della trama, ha come risultante un’opera armonica e di grande bellezza.
Il rapporto di Lermontov con Julian e Vicky è rappresentato, con declinazioni diverse, in molti altri film del genere e non solo.
Saranno famosi (Fame) – 1980, Alan Parker
Quando un film campione d’incassi diventa serie-tv negli anni ’80.
Scuola di arti sceniche con allievi talentuosi e meravigliosamente svogliati e docenti esigenti: Saranno famosi è un’opera generazionale che deve il proprio successo a interpreti grandiosi (tra cui Gene Anthony Ray nel ruolo di Leroy Johnson e Irene Cara nel ruolo di Coco Hernandez) e ad una scrittura fitta di elementi portanti in grado raccontare la crescita umana e artistica dei numerosi protagonisti.
Lo spin-off televisivo – e, ovviamente, il musical – ha avuto un successo difficilmente emulabile per altri prodotti di questo genere.
Ballando ballando – 1983, Ettore Scola
Quando parla solo la danza.
Uno delle pellicole più interessanti realizzate nell’ambito di film sulla danza è ad opera del maestro Ettore Scola. Ballando ballando è un’opera in cui la parola non c’è, eppure vengono dette molte cose benissimo. La derivazione teatrale francese preminente ma non caratterizzante lo consacra come il più classico dei film sperimentali in grado di mescolare in modo affascinante la pantomima, il varietà e la danza in un quadro fatto di ritratti umani.
Il cigno nero – 2010, Darren Aronofsky
Quando la danza è ossessione distruttiva.
Il film che ha confermato la consacrazione di Natalie Portman permettendole di vincere l’Oscar. Il Lago dei Cigni, il più classico dei balletti, diventa luogo e pretesto di perdizione ossessiva in un mondo fatto di cattiverie, soprusi e follie. L’alternanza tra i personaggi feticcio di Odile/Odette, interpretati dalla fragile Nina, è ricca di suspense e di tensione emotiva: una parabola narrativa – quella filmica – che eguaglia e amplifica quella propria del balletto.
Dirty Dancing (Balli proibiti) – 1987, Emile Ardolino
Quando tutte avrebbero voluto essere Baby.
Tutte, almeno una volta nella vita, abbiamo sognato di essere la giovane Baby, quella che “nessuno mette in un angolo”, di essere salvate da un bad-boy affascinante, in grado di farci ballare come non avremmo mai pensato di poter fare. Una storia, quella tra Baby (Jennifer Grey) e il maestro Johnny (Patrick Swayze), che non contempla la possibilità di arrendersi di fronte a nessun ostacolo, nella vita come nella danza. Utopia? Forse sì, e va bene così.
Step up – 2006, Anne Fletcher
Quando le coreografie fanno perdonare una trama banale.
Step up ha avuto ben quattro sequel e uno spin-off; se il primo si faceva perdonare la banalità della trama grazie alle buone interpretazioni e alle belle performance, gli altri quattro – soprattutto quello del 2010 Step Up 3D – rimangono tra i film da lasciare nel dimenticatoio.
Tanta cultura hip-hop e troppo sentimentalismo in un film spesso giustamente ricordato solo per la prestanza fisica di Channing Tatum e Jenna Dewan.
Footloose – 1984, Herbert Ross
Quando la danza è significante e significato.
In Footloose – anche questo vittima di remake filmici poco felici e buone riprese teatrali, invece – la danza come chiave di lettura per l’emancipazione sociale e la libertà è vincente e trascinante. Kevin Bacon è protagonista calzante di una generazione solo momentaneamente incompresa e oppressa che riesce a liberarsi e a donare al film indimenticabili numeri coreografici.