Vi Presento Toni Erdmann – Intervista alla regista Maren Ade: “Non pensavo di aver abbattuto un tabù”
Presentato allo scorso Festival di Cannes, vincitore di cinque European Film Award, in concorso come Miglior Film Straniero ai Golden Globe ed ora in lizza per aggiudicarsi l’Oscar di questo anno per la stessa categoria, Vi presento Toni Erdmann è il successo di critica che ha acceso la Germania grazie al dramma grottesco e personale della regista Maren Ade, a Roma per presentare la sua ultima opera.
Per l’immaginario comune associare Germania e comicità è sempre molto arduo, come hai lavorato quindi sull’umorismo e sull’imbarazzo del film? Come li hai pensati e gestiti?
È una domanda che mi fanno molto spesso in quanto è sempre difficile associare umorismo e Germania, ma vi assicuro che noi tedeschi ne abbiamo! L’umorismo è intrinseco nel personaggio del padre, sia per la voce assunta sia negli atteggiamenti, lo usa a volte per nascondersi ed altre per sopire la sua aggressività.
Con gli attori abbiamo cercato di gestirlo al meglio, ma alla fine bisogna ricordare che Vi presento Toni Erdmann è anche un dramma, Toni è disperato in quanto si trova davanti alla sua ultima speranza per ristabilire il rapporto oramai finito con la figlia. La protagonista Ines invece vive dell’umorismo riflesso del padre, ma quando è da sola nel corso del film mostra anche il suo lato comico indipendente.
L’imbarazzo invece è il risultato di una serie di situazioni, io credo molto nel sottotetto, quello che non appare in una scena apertamente. Sul film si vede la superficie, quello che i personaggi fanno, ma c’è una parte molto più complicata che fa parte del loro spazio interno.
Cosa pensi del tabù che riguarda la risata e la sua presenza in festival importanti, come ad esempio Cannes dove il film è stato presentato?
Devo dire che non avevo la minima consapevolezza di aver rotto un tabù a Cannes. Quando ho saputo che il film era stato selezionato ero molto emozionata e la cosa positiva è che non ho avuto nemmeno il tempo per crearmi aspettative visto che dovevo mandare il film ed io stavo facendo le ultimissime modifiche. Pubblico e critica mi hanno sorpreso, non immaginavo tanto apprezzamento, pensavo fosse un film troppo malinconico, essendo poi appena uscita dalla post-produzione. Sono felicissima però, anche perché il film è stato venduto in molti paesi.
La regista Maren Ade del film Vi presento Toni Erdmann: “Non pensavo di aver abbattuto un tabù. Volevo solo raccontare la storia di due persone che si conoscono da sempre e iniziano a guardarsi per la prima volta.”
Il film ha un’atmosfera molto europea (a giudicare anche dai cinque premi ricevuti agli European Film Awars), pensi che questo possa pesare nella corsa agli Oscar?
Tutti questi premi, in particolare l’esperienza recente dei Golden Globe, mi hanno permesso di incontrare tante persone e penso che la competizione culturale non ha tanta importanza, non esiste un miglior film in assoluto. Come autore e come regista anche io dipendo da tanti altri colleghi, poi è normale che il consenso può arrivare da un gruppo più grande come pubblico e critica o gruppi più piccoli come quello di una giuria.
Credo comunque che se il mio film non fosse andato a Cannes avrebbe avuto il medesimo percorso, considerando ovviamente sempre la probabilità e l’imprevedibilità. Comunque ora è stato presentato al New York Film Festival e sembra sia piaciuto. Sono stata alla conferenza stampa e ad alcuni incontri e sono rimasta felicemente sorpresa del riscontro ricevuto.
Il film con i suoi 162 minuti ha una durata decisamente più lunga del consueto, non hai mai pensato di accorciarlo e renderlo più breve?
Ero preparata ad alcune reazioni sulla durata, ho provata a ridurla, ma mi sono resa conto che accorciandolo sembrava ancora più lungo perché perdeva il suo vero essere. Lo spettatore deve avere la possibilità di passeggiare nel film per identificarsi e conoscere i personaggi.
Era importante che loro venissero preservati ed anche i loro momenti, togliendo parti avrei tolto intensità. Poi alla fine avrei ridotto comunque di quanto? Dieci o quindici minuti? Quindi alla fine ho scelto di lasciare che si espandesse lungo la sua durata.
Quale è stato il punto di partenza che ti ha spinto a raccontare la storia di questo padre particolare e di sua figlia?
Era da tempo che coltivavo la voglia di realizzare un film su questo tema, che poi è quello della famiglia. La voglia di raccontare due persone che si conoscono da sempre, ma che iniziano a guardarsi come se fosse la prima volta.
Quando si fanno opere sulla famiglia è facile attingere dalla propria esperienza personale ed anche io devo dire che ho un padre con una serie di gag e battute umoristiche non inferiori a quelle di Toni Erdamann.
Quando lavoravo per la realizzazione di Austin Power mi avevano dato dei denti finti ed ho pensato di regalarli a mio padre, lui ovviamente li ha usati in certe occasioni, tra cui una visita dal dentista.