Jackie: 5 motivi per vedere il film con Natalie Portman
È finalmente arrivato nelle sale italiane Jackie, il film di Pablo Larraín con Natalie Portman presentato a Venezia 73 (qui la nostra recensione dal Lido) sulla figura di Jacqueline Kennedy, 35ª First Lady degli Stati Uniti e in seguito vedova di John Fitzgerald Kennedy. La pellicola ha riscosso ampio successo in tutto il mondo, incassando più di 13 milioni di dollari al box office e conquistando alcuni importanti riconoscimenti come tre candidature agli Oscar e il Premio Osella per la migliore sceneggiatura della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Se tutto ciò non vi bastasse, di seguito vi elenchiamo cinque motivi per cui non dovreste assolutamente perdervi quest’ottimo film.
Le mille sfaccettature di Jackie
Con Jackie, Pablo Larraín si cimenta nell’ardua impresa di tratteggiare un ritratto lucido e complesso di una personalità centrale nella vita di uno dei presidenti americani più amati di sempre. Nel film viene inevitabilmente mostrato tutto il dolore suscitato nella protagonista dal barbaro assassinio di JFK, ma anche la semplicità e la dolcezza di una First Lady che ha voluto fortemente portare per la prima volta il popolo americano all’interno di una Casa Bianca da lei stessa riorganizzata e la dignità e il carattere di una moglie e di una madre distrutta, ma al tempo stesso determinata a rendere un ultimo maestoso omaggio al marito. Una narrazione dalla cronologia solo apparentemente convulsa e frenetica ci restituisce così un’analisi sorprendentemente approfondita di una donna carismatica e appassionata, troppo spesso dipinta come la mera ombra del più celebre marito.
La performance struggente e mimetica di Natalie Portman
Grazie alla sua performance in Jackie, Natalie Portman ha conquistato la sua terza nomination all’Oscar, che con ogni probabilità si giocherà con la strepitosa Emma Stone di La La Land. L’attrice di origine israeliana centra una delle prove più difficili e intense della sua formidabile carriera, riuscendo a mostrare tutta la lacerazione interiore del proprio personaggio senza mai diventare patetica, tutta l’umiltà di Jackie senza mai renderla priva di spessore e tutta la forza di una donna distrutta, ma ancora capace di tenere testa alla spietatezza di media e istituzioni per tributare i giusti onori allo scomparso marito.
Da lodare inoltre lo studio compiuto dalla Portman in termini di immedesimazione nel personaggio: il tono di voce cantilenante e a tratti quasi fastidioso di Jackie è riprodotto alla perfezione, come la sua tipica gestualità dimessa e imbarazzata. Un lavoro pregevole e minuzioso, basato su tanti piccoli dettagli che contribuiscono a realizzare un ritratto umano intimo e struggente, fra i migliori di quest’annata cinematografica.
L’accurata ricostruzione di costumi e scenografie dell’epoca
Fra i tanti pregi di Jackie sono sicuramente da menzionare le scenografie di Jean Rabasse e soprattutto i costumi realizzati da Madeline Fontaine, giustamente premiata con una nomination all’Oscar per il suo lavoro. Grazie anche al già citato mimetismo di Natalie Portman, durante la visione di Jackie ci si trova di fronte a una magistralmente curata riproduzione della realtà, con alcuni fotogrammi che si rendono praticamente indistinguibili da foto e video di repertorio. L’accurato lavoro in termini di costumi e scenografia serve non solo a calarci in un’epoca lontana da noi di più di 50 anni, ma anche a testimoniare l’impatto dato da Jacqueline Kennedy in termini di stile ed eleganza, che l’ha portata a diventare una vera e propria icona della storia americana e un termine di paragone difficilmente eguagliabile per tutte le successive First Lady.
Il racconto di uno degli eventi più importanti della storia americana
Anche se il racconto è narrato interamente dal punto di vista della protagonista, Jackie offre un punto di vista lucido e amaro sui tragici eventi accaduti a Dallas il 22 novembre 1963. Pablo Larraín non risparmia allo spettatore nessun dettaglio sull’assassinio di JFK, mostrando senza nessuna censura sia il momento dello sparo che quelli immediatamente successivi, come la storica e commovente immagine in cui la First Lady cerca con la forza della disperazione di raccogliere i brandelli del cranio di suo marito nella vana speranza di poterlo curare. Jackie ci trasporta al centro di uno dei più celebri e tristi eventi della storia americana, mettendoci davanti alla concitazione e il dolore del momento, ai vestiti insanguinati e al cinismo della macchina del potere che deve comunque riprendere il proprio cammino, indugiando anche su alcune delle teorie complottiste scaturite dai tanti passaggi oscuri dell’omicidio di JFK.
La regia di Pablo Larraín
Il cileno Pablo Larraín, alla sua prima grande produzione statunitense, si conferma uno dei più talentuosi e capaci cineasti in circolazione, realizzando un biopic non convenzionale sul dolore, sulla solitudine e sull’amore, prima ancora che su una delle più celebri First Lady.
Il lavoro di Larraín dietro alla macchina da presa è meno appariscente rispetto a quello delle sue precedenti pellicole, ma fondamentale per amalgamare nel migliore dei modi ricostruzione storica e dramma umano e per sfruttare al meglio le eccellenze dei vari comparti tecnici, dai già citati contributi di Portman e costumi alle ottime musiche di Mica Levi, anch’esse premiate con una candidatura all’Oscar. Il contrasto fra i colori caldi dei momenti precedenti alla morte di JFK e il grigiore e la desolazione dei giorni successivi al tragico evento raccontano molto più di quanto possano fare le parole e rendono tutta l’umanità e la dignità di una donna e di una madre indelebilmente segnata dal lutto. La conferma di un regista ancora giovane e destinato a lasciare un prezioso contributo al cinema nei prossimi anni.