Denis Villenueve: “Blade Runner 2049 è uno dei progetti più rischiosi della mia carriera”
Il regista Denis Villeneuve dice di essere stato in due Universi paralleli negli ultimi mesi: tra la promozione per il suo film candidato all’Oscar Arrival e le riprese dell’ambizioso progetto Blade Runner 2049.
In una recente intervista nel podcast di Variety Playback, Villeneuve ha definito il sequel del film del 1982 di Ridley Scott come uno dei progetti più rischiosi della sua carriera.
“Sento una forte pressione ogni giorno. Allo stesso tempo, però, non sono mai stato tanto ispirato ed eccitato. Amo il rischio. Tutti i miei progetti sono stati caratterizzati da un certo livello di rischio artistico o, a volte, un rischio sulla rappresentazione della realtà. Ho realizzato un film che raccontava il massacro in una scuola [Polytechnique, 2009] e avevo una responsabilità enorme nei confronti delle vittime e di quegli eventi. Ho realizzato un film sul conflitto in Libano [La donna che canta, 2010] e, di nuovo, ecco una forte responsabilità nei confronti della realtà. Quando ho girato Sicario [2015] mi sono sentito responsabile per come avrei dipinto la società messicana. Per questi motivi sono abituato alla pressione. Per Blade Runner si tratta di pressione artistica e, finora, la più intensa che abbia mai provato”.
Denis Villeneuve parla di Blade Runner 2049
Denis Villeneuve si dice reticente ad entrare troppo in profondità nel racconto perché non ama raccontare il suo lavoro quando non è ancora completato. Ciò vale anche e soprattutto per quanto riguarda la musica del film, sulla quale sta lavorando con il compositore Johann Johannsson. Lo spazio lasciato dalla colonna sonora del film originale è decisamente complesso da riempire:
“Penso che per il film che stiamo realizzando, dovremo trovare una nostra identità, un nostro territorio e, allo stesso tempo, essere fedeli e ben collegati al primo progetto. È quello l’equilibrio che stiamo cercando di trovare”.
L’equilibrio riguarda anche non ricoprire il film con effetti in CG:
“Sono molto vecchia scuola. Vorrei avessimo avuto la possibilità di realizzare i miei ‘alieni’ in versione animatronics: quella era l’intenzione principale nella realizzazione di Arrival. Sognavamo di metterli in un acquario gigantesco e di muoverli come marionette. Sfortunatamente sarebbe stato troppo costoso. Odio gli schermi verdi, si prendono tutta la mia energia. Per Blade Runner: 2049, abbiamo provato ad usare più costruzioni possibili”.