L’ultimo lupo: recensione
Ispirato a “Il totem del lupo” di Jiang Rong, libro di importante successo e best seller in Cina, L’ultimo lupo è il nuovo lavoro di Jean-Jacques Annaud, famoso per aver diretto film quali Il nome della rosa e Sette anni in Tibet.
Affiancato nella promozione italiana dal WWF, il film vede come attore principale Feng Shaofeng nel ruolo di Chen Zhen, un giovane studente di Pechino che agli inizi della Rivoluzione Culturale cinese viene inviato in Mongolia come insegnante di una delle popolazioni locali.
Accolto da un paesaggio estremo ed affascinante, cresce in lui la curiosità di conoscere un mondo tanto diverso da quello a cui è abituato ed entra in contatto con il lupo, animale pieno di mistero e dignità.
Il rapporto tra Chen Zhen e l’animale è il perno del film, accompagnato da un paesaggio spettacolare e in evoluzione con la crescita psicologica del protagonista.
L’ultimo lupo convince soprattutto per regia e scenografia, senza dimenticare anche la resa di alcune sequenze difficili da girare sia per la naturale avversità tra lupi e cavalli, ma anche in termini di numeri (200 cavalli, un migliaio di pecore, 25 lupi e 480 tecnici).
Una prova ben superata quella di Jean-Jacques Annaud il cui film uscirà nelle sale italiane, anche in 3D, il prossimo 26 marzo distribuito da Notorious Pictures.
Nel cast anche Shwaun Dou, Ankhnyam Ragchaa, Yin ZhuSheng, Basen Zhabu e Baoyingexige.