Benicio Del Toro: le 7 interpretazioni più disturbanti di un attore monumentale
Benicio Del Toro ha la rara capacità di sapersi imporre sulla macchina da presa, catalizzando l’attenzione senza alzare mai la voce, non eccedendo oltre i limiti di un’impercettibile sobrietà attoriale. Le sue interpretazioni parlano per lui e la dicono lunga su quanto sia disadorno, implosivo, schivo e preciso nell’impersonare i propri soggetti filmici, anche quelli più eccessivi ed iconici come Pablo Escobar o Ernesto Che Guevara. Le sue sono interpretazioni che lasciano il segno nello spettatore, senza sbavature o imprecisioni, con sguardi molteplici alla cinepresa che bucano lo schermo in modo sempre disatteso. Benicio Del Toro è una artista ineguagliabile, inclassificabile, raro.
Viene insignito nel 2001 dell’Oscar al miglior attore non protagonista per la sua interpretazione in Traffic, che gli vale anche l’Orso d’argento per il miglior attore al Festival di Berlino. Nel 2008 vince il Prix d’interprétation masculine al Festival di Cannes per Che – Guerriglia e Che – L’argentino. Nasce a San Germán il 19 febbraio 1967 e oggi, per il suo cinquantesimo compleanno, noi di Cinematographe-FilmIsNow celebriamo questo formidabile attore portoricano con le 7 interpretazioni più disturbanti e, perché no, alienanti, della sua carriera monumentale.
I soliti sospetti (1995)
I soliti sospetti è una pellicola di Bryan Singer, interpretata da Kevin Spacey, Gabriel Byrne, Chazz Palminteri, Kevin Pollak, Pete Postlethwaite, Stephen Baldwin e Benicio del Toro. Intramontabile thriller, un cult senza eguali che vede cinque persone portate in una centrale con l’accusa di aver rubato un camion pieno di armi. Persone diverse l’una dall’altra, che non hanno mai avuto a che fare tra loro ma sono accomunate dagli stessi crimini commessi in passato.
Al centro di questa caccia al ladro ci sono Dean Keaton, ex poliziotto, Todd Hockney, maestro di esplosivi, Fenster e McManus, due rapinatori e Roger Kint, un invalido furfante. Una volta liberi e prosciolti da tutte le accuse mosse dal dipartimento, questi soggetti vedono bene di organizzare un colpo, una rapina per mettere in difficoltà la polizia. Ma le loro mosse piano piano cominciano ad attirare l’attenzione di un celebre boss di New York che mai nessuno ha visto in faccia, un tale Keyser Söze…
Benicio Del Toro ci regala un’interpretazione scanzonata, ironica ma non per questo leggera. L’attore portoricano figura in questo film in modo residuo e pur essendo alla sua prima pellicola di un certo spessore si dimostra all’altezza del suo ruolo, che si inserisce perfettamente nell’intreccio filmico e che tiene lo spettatore incollato alla pellicola, col fiato sospeso fino all’ultimo fotogramma.
Paura e delirio a Las Vegas (1998)
Paura e delirio a Las Vegas è un film diretto da Terry Gilliam, con Johnny Depp e Benicio Del Toro. Raoul Duke e il Dott. Gonzo sono un giornalista e un avvocato che intraprendono un viaggio a Las Vegas. Noleggiano una decapottabile rossa e insieme sfrecciano attraverso il deserto del Nevada nell’America degli anni ’70. Raoul deve scrivere un articolo riguardante una gara di moto che si tiene periodicamente nel deserto. Gonzo lo affianca in questo viaggio per amicizia e compagnia, ma soprattutto per deviare tutto al fine di abusare di sostanze allucinogene. Questi si armano di una valigetta in cui collezionano le droghe più disparate, dalla cocaina alla marijuana passando per gli acidi e l’etere e ne usufruiscono in quantità che ammazzerebbero chiunque e, senza mai fermarsi, mandano giù l’impossibile e gli effetti si vedono in toto durante la pellicola.
Johnny Depp e Benicio Del Toro sono un duo formidabile davanti la cinepresa, riescono a dare forma e criterio anche a personaggi assolutamente sregolati, che vivono con l’unico desiderio di provare ogni eccesso, fisico e sociale, sfrenati in ogni parte della loro vita. Ed è proprio in questo film esilarante che Benicio Del Toro ci dà un assaggio di quel che è il suo potenziale, non viene mai adombrato dalla bravura di Johnny Deep, anzi le due interpretazioni sono complementari, perfettamente calibrate l’una con l’altra.
Traffic (2000)
Traffic è un film diretto da Steven Soderbergh, interpretato da Benicio del Toro, Michael Douglas, Catherine Zeta-Jones, Tomás Milián, Don Cheadle e Dennis Quaid. Il film è tripartito dalla geografia delle storie, configurandosi in San Diego, Messico e Washington, ma la tematica che accomuna tutte queste realtà è una: la droga. Cronologicamente Traffic comincia dalle vicende messicane, in cui due poliziotti, Rodriguez e Sanchez lavorano al confine tra Messico e California e vengono immischiati nei giri di corruzione e malaffare.
A Washington, un uomo, Robert Wakefield viene eletto capo anti-droga alla corte di giustizia dell’Ohio e parallelamente scopre che proprio sua figlia soffre di una corrosiva tossicodipendenza che è indirettamente connessa con i giri malavitosi del paese. Infine il film vola a San Diego dove due agenti della Dea riescono a bloccare un cartello di droga e a stanare un narcotrafficante molto potente, Carlos Ayala. Quando questi viene arrestato la moglie Helena, seppur ignara degli affari oscuri del marito, farà di tutto per riaverlo fuori dal carcere, mettendosi lei in prima persona nel racket della droga.
Benicio del Toro, che con Traffic vinse l’Oscar come miglior attore non protagonista, in questo film incarna uno di quei topoi cinematografici dal gusto noir, che hanno dentro sé il senso del bene ma che conoscono fin troppo bene l’attrazione per il male, un personaggio che sa sporcarsi le mani, che non è mai ridondante, mai prevedibile, impavido e che misura, con grande efficacia, la propria sopportazione alla vita.
21 grammi (2003)
21 grammi è un film diretto da Alejandro González Iñárritu ed interpretato da Sean Penn, Naomi Watts e Benicio del Toro. Tre persone sono il centro assoluto di questo capolavoro del nostro secolo: Jack, Paul e Cristina, tre esistenze che si andranno ad intrecciare in modo logorante per tutti. Jack è un padre di famiglia molto credente, fino all’esasperazione, ma anche un ex detenuto, cosa che lo porta a non trovare e a perdere molti dei suoi lavori. Paul è un uomo che ha bisogno urgente di un trapianto di cuore, la sua vita è al limite ed è in attesa di un donatore che sembra non arrivare mai.
Cristina è una donna che tenta di superare la sua tossicodipendenza e che ha una famiglia che la supporta e la rende capace di gestirsi. Tutto cambia improvvisamente quando Jack, alla guida di un auto, investe accidentalmente il marito e le figlie di Cristina e, preso dal panico, fugge via senza soccorrerli. Il cuore del marito è l’unico che si ritrova ad essere compatibile con Paul che, ancora incredulo di aver trovato un donatore, si sottopone all’operazione chiedendosi in seguito a chi appartenesse quel cuore che gli ha dato nuova vita…
Benicio Del Toro è in questo film epocale sicuramente uno dei personaggi più disturbanti e corrosivi che abbia mai interpretato.
Un uomo dedito a Dio, conscio delle sue colpe, del dolore, che ha sofferto e tenta la via della redenzione, un uomo disossato di ogni carestia mortale, che affronta la sua vita sotto l’occhio onniveggente di chi vede senza apparentemente far nulla, che si flagella, che non è mai uscito dal suo carcere interiore. Jack in 21 grammi sconta una pena molto più grande di quelle terrene, reagisce alla parola del vangelo, alla parola dell’uomo, fa un uso prevaricante della propria fede sul resto del mondo, che si sottrae quando comincia a sentire in bocca il sapore rugginoso della morte e il peso che abbandona il corpo ogni qualvolta essa lo attraversa.
Che – L’argentino (2008)
Che – L’argentino è una pellicola diretta da Steven Soderbergh, interpretata da Benicio del Toro, Benjamín Benítez, Julia Ormond, Franka Potente, Armando Riesco, Catalina Sandino Moreno e Demián Bichir. Il film trae ispirazione da La Guerra Rivoluzionaria a Cuba, scritto da Ernesto Guevara. La pellicola ripercorre tutte le tappe della rivoluzione a Cuba, fin da quando un giovane Ernesto, laureato in medicina, conobbe Castro ad un cena, per poi passare dal colpo di stato del ’52 del generale Batista, in cui si posero le basi di una resistenza rivoluzionaria che liberasse i cubani dalla schiavitù americana e dalla corruzione totale del proprio governo. Il film attraversa le battaglie, gli arruolamenti, le posizioni e le strategie, l’arrivo a Santa Clara e il celebre discorso del Che all’Onu, un monumento mondiale d’indipendenza e rivoluzione.
Benicio Del Toro, che con Che – L’Argentino vince il Prix d’interprétation masculine al Festival di Cannes, in questo film lo troviamo in totale stato di grazia.
Ci si trova poveri di aggettivi quando ci si confronta con l’enormità di un’interpretazione del genere, che è quasi indistinguibile dalla realtà, un documentario, in cui oggetto e sua rappresentazione coincidono come immanenza e trascendenza, tutto redatto in modo sublime grazie anche al suo modo di mostrarci il volto umano e carnale di un mito, quale Che Guevara, che qui prende anche delle sembianze anti-eroiche. Un personaggio che va contro se stesso, contro un’immagine iconografica che Soderbergh e Del Toro hanno scandito in modo che fosse più reale, più vivido, più capace di coinvolgere lo spettatore dal primo all’ultimo minuto di pellicola.
Escobar: Paradise Lost (2014)
Escobar: Paradise Lost è un film diretto da Andrea Di Stefano, interpretato da Benicio Del Toro e Josh Hutcherson. La pellicola orbita attorno alla figura di Pablo Escobar dal periodo di insediamento in politica al giorno della sua incarcerazione. Attorno a questa figura di cui sono state proposte tante trasposizioni differenti, si sviluppa la storia di un ragazzo canadese, Nick, che con suo fratello Dylan decide di aprire una scuola di surf lungo la splendida costa colombiana. Questo insediamento non piace ad alcuni malavitosi del posto che minacciano i ragazzi canadesi di dover pagare una somma per poter vivere in quel posto. Parallelamente Nick incontra e si innamora di Maria, una ragazza del luogo che scopre poi essere nipote di Pablo Escobar.
Lui è una leggenda, un filantropo, un uomo che ha costruito un impero grazie alla cocaina e che ora vuole portare giustizia nel suo paese. Nick si presenta alla famiglia Escobar e diventa parte di essa, comincia a lavorare per loro e vive con Maria una relazione seria. Ma proprio mentre tutto sembra andare per il verso giusto, i due fratelli cominciano a sospettare che Escobar non sia proprio l’uomo giusto ed onesto di cui tutti sono invaghiti, e in men che non si dica Nick, Dylan e Maria si troveranno al centro di una guerra totalmente disattesa, in cui tutte le certezze vengono rimpiazzate dal principio del divenire più o meno sacrificabile, soprattutto agli occhi di ha molto da perdere.
Benicio Del Toro si insidia nella pellicola in modo pacato, genuino, proprio come un serpente che circuisce la preda prima di inghiottirla.
Dimostra come quel volto, da molti criticato e vessato per la troppa rigidezza e integrità strutturale, possa dare e possa convincere di qualsiasi cosa; quest’uomo dai mille volti ha potuto incarnare nella vita personaggi così agli antipodi da sembrare assurdo poterli porre sullo stesso piano di vicinanza, eppure Benicio del Toro riesce a fare al cinema ciò che nella vita parrebbe impossibile.
Sicario (2015)
Sicario è un film diretto da Denis Villeneuve ed interpretato da Emily Blunt, Benicio del Toro, Josh Brolin e Jon Bernthal. Sicario gravita attorno a tre personaggi principali: Kate, Alejandro e Matt, tutori della legge, ognuno a suo modo, che presiedono al confine tra Stati Uniti e Messico, l’inferno vero. Kate è dell’FBI, e in seguito ad un’irruzione in un covo che nascondeva decine di persone sequestrate e torturare, viene ingaggiata, per collaborare, da un reparto speciale della CIA che si occupa principalmente di narcotraffico. Lei appartiene a tutt’altra realtà, è esperta di rapimenti e naviga profondamente nel mare del protocollo, della sicurezza e delle regole.
Regole che non vengono rispettate soprattutto quando affianca nelle missioni i due agenti Alejandro e Matt, l’uno taciturno e tenebroso, l’altro più bislacco e ironico. Kate viene convinta a superare quel suo limite morale quando le spiegano in che mondo combattono ogni giorno, i cui cartelli sono i pieni responsabili quotidiani di carneficine come quelle a cui lei ha potuto assistere, in cui la pace è misurata in modo subdolo e non sempre legale, in cui bisogna sapere meglio del nemico come si ragiona e come reagire.
Benicio Del Toro si impadronisce delle atmosfere più torbide e plumbee dell’anima per portare avanti una propria verità, un proprio dualismo che sfugge al raziocinio.
Alejandro è un uomo distrutto, perso, vendicativo, che vive in un mondo di lupi da lupo, un tutore della propria legge, che ha perso il senso dell’ordine e della pace. Non essendo più capace di ripristinarne una personale, tenta di apportare uno sparuto eco di legalità in quel mondo dannato che è il narcotraffico, ancorato al concetto occhio per occhio e che ha inflitto dolori dai quali lo stesso Alejandro non sa più come ridestarsi, se non con la logica del plomo.