Adaline – L’eterna giovinezza: recensione
Una delle regole del cinema è quella di non fidarsi ad occhi chiusi dei trailer, e questo film del giovane regista Lee Toland Krieger, Adaline – L’eterna giovinezza, ne è un chiaro esempio: sebbene i presupposti per un buon film sembravano esserci, vengono stroncati da uno scavo psicologico quasi del tutto nullo e da un coinvolgimento che viene lasciato nel luogo dell’incidente, dove Adaline Bowman, la protagonista, smette di invecchiare all’età di 29 anni.
È proprio con il racconto della storia di Adaline (Blake Lively), da parte di una voce narrante, che inizia il film, momento in cui lo spettatore viene a conoscenza della soprannaturalità dell’accaduto e dove vengono accennati i problemi legati a carte e documenti che la donna è costretta a falsificare.
L’incompiutezza della vita della protagonista, costretta a lasciare la figlia e spostarsi di paese in paese senza legarsi a nessuno, si rispecchia anche nell’incompiutezza registica, che non riesce del tutto a mantenere alta l’attenzione e la curiosità del pubblico, sia per mancanza di uno scavo psicologico adeguato dei protagonisti (prima tra tutti la figlia, interpretata da Ellen Burstyn, che sembra vivere in serenità qualsiasi decisione della madre) sia per mancanza di empatia.
La conoscenza di un affascinante Ellis Jones (Michiel Huisman) sembra cambiare la vita della protagonista e il film sembra riprendersi dopo che Adaline, ormai diventata Jenny per uno dei tanti cambi d’identità, incontra una vecchia fiamma (Harrison Ford) ma nonostante una buona recitazione, la storia sembra virare verso un finale scontato e privo di colpi di scena.
Un vero peccato per un film che parte da buoni propositi che, tuttavia, non vengono sviluppati a dovere. Nonostante la trama inconsistente risultano comunque buone sia la recitazione che la fotografia.
Adaline – L’eterna giovinezza uscirà nelle sale italiane il prossimo 23 aprile distribuito da Eagle Pictures.