In Treatment 3: recensione della stagione finale della serie con Sergio Castellitto
Uno studio con poltrone di pelle spessa, scaffali pieni di libri e uno sguardo che analizza e scava nei pensieri e nelle emozioni più recondite. È un ritorno impegnativo quello nello studio del dottor Mari di In Treatment 3, la stagione finale della serie Sky che psicanalizza la psicanalisi. A riprendere quello sguardo indagatore che il pubblico e la critica hanno tanto apprezzato per tutti e 70 gli episodi precedenti è Sergio Castellitto che insieme – come al solito – ad alcune eccellenze del panorama attoriale italiano, ci accompagna nella visione di uno degli show più di qualità del piccolo schermo nostrano.
In Treatment 3 – con un cast eccezionale – torna a psicanalizzare la psicanalisi
Lo psicanalista Giovanni Mari ha ripreso a esercitare dopo un periodo di riflessione, ma è ancora in grado di aiutare i suoi pazienti? Le difficoltà professionali si intrecciano a quelle della sua vita privata, con un divorzio alle spalle, una nuova compagna, il rapporto con i figli e lo spauracchio di una terribile malattia. I casi della terza stagione di In Treatment, dunque, interrogano Mari sulla sua identità, la sua vocazione e l’autenticità delle sue scelte.
Si comincia il lunedì con Rita (Margherita Buy) sorella di una paziente di molti anni prima che lo costringerà a confrontarsi con gli effetti del suo lavoro. Il martedì tocca a Padre Riccardo (Domenico Diele), sacerdote incapace di vedere le ragioni della sua crisi, affronta insieme a Mari il rapporto tra verità religiosa e verità terapeutica. Mercoledì arriva nello studio Luca (Brenno Placido) un adolescente omosessuale e molto problematico: cresciuto da genitori adottivi, costringe Giovanni a ridefinire i suoi limiti di padre. L’ultima paziente, giovedì, è Bianca (Giulia Michelini): giovane, bella, con un’estrazione sociale umile. Soffre di crisi di panico e porterà Mari a dover ricercare strade diverse dalla grammatica terapeutica tradizionale.
Il venerdì, tocca a Mari sedersi sulla poltrona del paziente, sottoponendosi, restio, alle cure della giovane analista Adele Rasch (Giovanna Mezzogiorno). Il confronto con lei lo porta a mettere in discussione tutte le sue fondamenta, verso una nuova consapevolezza.
L’utilizzo del palmarès attoriale italiano, per In Treatment, non è una novità. La serie Sky vanta, nelle stagioni passate, la partecipazione di Kasia Smutniak, Barbora Bobulova, Guido Caprino, Adriano Giannini, Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi, Michele Placido, Greta Scarano, Isabella Ferrari e Alba Rohrwacher. In Treatment 3, non è da meno.
Partendo dal capofila, il veterano Sergio Castellitto, risulta evidente che la ricerca dei protagonisti di In Treatment 3 sia stata curata e ragionata, come d’abitudine.
Castellitto è uno psicanalista serio e fragile; è in grado di ipnotizzare lo spettatore o di mettersi da parte e lasciare il suo interlocutore al centro della scena intervenendo, abile spalla, al momento più propizio. Davanti a lui troviamo altri grandi esempi di intensità. È infatti innegabile la capacità di calarsi nel personaggio e nelle sue difficoltà di Domenico Diele (1992) o del giovane Brenno Placido, così come della conosciuta Giulia Michelini (sebbene sia, almeno inizialmente, poco convincente). Sempre brava, ma sempre simile a se stessa, è Margherita Buy: grande esempio di profondità, vulnerabilità e – perché no – forza femminile, con un ruolo emotivamente complicato. Impossibile dimenticarsi di Giovanna Mezzogiorno che, pacata e rasserenante, si contrappone all’impeto di Castellitto.
In Treatment 3 mantiene la forza che aveva caratterizzato le stagioni precedenti: la cura dei dettagli e nella sua costruzione.
La serie Sky è più simile ad una pièce teatrale che ad uno show televisivo. È un prodotto che spicca per la cura dei dettagli: nella messa in scena, nelle inquadrature, nella scelta delle parole dei personaggi. Spicca una sceneggiatura ben articolata che si cimenta in quello che, spesso, è il punto debole del nostro cinema: il dialogo. Sarà difficile sentire banalità, inutili ripetizioni. Gli attori si trasformano completamente in quel personaggio seduto sul divano e raccontano la loro storia, senza ipocrisie, caratterizzati da un profonda verità. Quei dialoghi, semplici e complessi allo stesso tempo, sono comuni, quotidiani: sono storie normali, plausibili, psicanaliticamente corrette.
In Treatment 3 rappresenta quella qualità che Sky – in collaborazione con Wildside, Studio di produzione che ha portato sul piccolo schermo serie del calibro di The Young Pope (QUI la nostra recensione), La mafia uccide solo d’estate (QUI la recensione) e 1992 – ha deciso di portare avanti con orgoglio. Il coraggio, tra le altre cose, di terminare alla terza stagione una serie che, grazie all’incredibile successo, potrebbe andare avanti per anni con il rischio di prosciugarsi, ne è indicativo.
Nella continua ricerca d’azione e di sensazionalismo a cui il cinema e la televisione (non solo italiani, anzi) ci hanno abituati, osservare la complessità del dialogo è un respiro di sollievo. In Treatment 3 ci fornisce, per l’ultima volta, un’isola di introspezione e di morbosa curiosità verso i problemi nascosti di quattro pazienti e di uno psicanalista che deve analizzare se stesso. L’appuntamento è fissato, siete pronti per la seduta?
In Treatment 3 va in onda dal 25 marzo su Sky Atlantic HD, su Sky Uno HD e Sky On Demand. QUI trovate tutto quello che dovete sapere sulla serie.