Humandroid: recensione
È in grado di pensare, parlare e provare emozioni. C’è da meravigliarsi perché non è un uomo ma un robot. È Chappie (Humandroid). Il regista Neill Blomkamp torna al cinema un progetto nuovo, diverso dai soliti film di genere. Il suo protagonista ha qualcosa di affascinante che lo avvicina molto a personaggi del cinema come E.T., Frankenstein e Bambi. È un androide umano. Il suo corpo è di metallo e inevitabilmente i suoi movimenti sono rigidi, ma ha un’anima, forse più umana degli umani. Humandroid esce in sala il 9 aprile distribuito da Warner Bros.
Deon Wilson (Dev Patel) è l’inventore degli Scout, robot poliziotti che hanno il compito di proteggere i cittadini e far rispettare la legge. A Wilson serve un robot per testare una nuova scoperta e nell’officina dell’azienda c’è un modello che va distrutto. Contro il volere dei suoi capi, ruba questo robot è carica al suo interno un sistema. Non ne conosce le vere potenzialità, ma il risultato è strabiliante. È così che nasce Chappie. Per una serie di circostanze l’androide umano è allevato da Ninja, Yolandi Visser e Jose Pablo Cantillo (i Die Antwoord), una piccola gang interessata ad arruolare il robot per furti e rapine. Chappie, però, è diverso dagli altri. Prova sentimenti, ha una coscienza e vuole solo l’amore di una famiglia.
Come in tutti i film c’è un “bello”, ma qui non è il tenero e dolce robot Chappie. È Deon, ex soldato che vuole eliminare i poliziotti robot a favore di una sua invenzione. Un mostro gigante che ha come scopo quello di terrorizzare e distruggere. Il nome del personaggio è Vincent Moore e ad interpretarlo è Hugh Jackman.
Humandroid è un film molto atteso. In esso azione ed effetti speciali si mescolano perfettamente con divertimento e tenerezza. Neill Blomkamp ha vinto una sfida molto difficile riuscendo a dare vita a un’intelligenza artificiale punk e ribelle. Merito anche della sceneggiatura firmata insieme a Terri Tatchell. Ma chi è realmente il dolce Chappie? È Sharlto Copley, l’attore sudafricano per la terza volta al fianco del regista, che dà vita al robot bambino lavorando sul set accanto agli altri protagonisti del film e indossando indumenti con sensori di tracciamento, riprodotti in seguito dai ai maghi degli effetti in movimenti digitali.