Mi chiamo Maya: recensione

La fuga è il tema principale dell’opera prima di Tommaso Agnese dal titolo Mi chiamo Maya (trailer), prodotto da Magda Film in coproduzione con Rai Cinema.

Lena (Carlotta Natoli), madre di Niki (Matilda Lutz) e Alice (Melissa Monti), muore in un incidente stradale. La morte della donna, che ha cresciuto da sola le figlie avute da due padri diversi, non rappresenta solo un lutto per le due ragazze ma anche la possibilità di separarsi l’una dall’altra. Infatti, essendo entrambe ancora minorenni e figlie di padri diversi, sono costrette a raggiungere i loro rispettivi padri biologici.

Le sorelle non intendono separarsi e progettano di scappare per rimanere insieme. Da qui inizia il viaggio di Niki e della sorellina Alice, di appena 9 anni, tra le vie di Roma, una città diversa da quella conosciuta. Ma il lato oscuro della capitale non è altro che il riflesso di una vita adolescenziale priva di punti di riferimento positivi. Tutti gli adulti dipinti nel film, infatti, non sono in grado di comunicare con i ragazzi e di fornire loro dei valori che possano aiutarli a crescere e maturare.

Niki e Alie

Niki e Alie

L’assenza dei genitori o l’incomunicabilità con essi è ben percepibile in due diverse ragazze che Niki e Alice incontrano durante la loro fuga: la prima è una compagna di classe di Niki, prima persona alla quale la ragazza si rivolge in cerca di aiuto. La ragazza-madre, totalmente priva di senso materno nei confronti del figlio con problemi di linguaggio, si guadagna da vivere con le hot chat e facendo la cubista in una delle discoteche pomeridiane frequentate dagli adolescenti.

Niki nella discoteca pomeridiana

Niki nella discoteca pomeridiana

La seconda è Elisabetta, ragazza cresciuta dalla governante e dalla carta di credito dei genitori quasi sempre all’estero per lavoro. La mancanza di regole con la quale la ragazza è sempre vissuta la porta addirittura a rinchiudere la governante nella sua camera per non essere disturbata durante la festa “da sballo” organizzata nella sua villa, una festa priva di regole in cui gli invitati possono fare ciò che vogliono, fino a devastare l’abitazione.

L’unica persona adulta che cerca di comunicare con le ragazze è l’insicura assistente sociale Cecilia (Valeria Solarino) ma il suo aiuto viene rifiutato dalle sorelle, soprattutto dalla maggiore che percepisce la vicinanza della donna solo come un dovere sociale derivato dal suo lavoro.

l'assistente sociale Cecilia

l’assistente sociale Cecilia

Quello di Mi chiamo Maya è un viaggio iniziatico e un processo di maturazione importante che porta Niki ad elaborare da sola ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che è pericoloso e ciò che è doloroso ma è meglio fare.

Un film dalle tematiche importanti e tratte dalla cronaca di tutti i giorni, ma che non riesce a reggersi interamente sulla sola recitazione della protagonista (Matilda Lutz), che mantiene la stessa intensità di voce per tutta la durata del film. Questo, purtroppo, incide sull’emotività di alcune scene, che avrebbero potuto godere di un pathos differente.
Buona la regia di Tommaso Agnese, come anche la scenografia e la fotografia. Precisa la scelta del sonoro.

Il film vi aspetta nelle sale dal 7 maggio distribuito da Red Post Production.

Giudizio Cinematographe

Regia - 3.2
Sceneggiatura - 3.2
Fotografia - 3.2
Recitazione - 1.7
Sonoro - 3.2
Emozione - 2.7

2.9

voto finale