Sarà il mio tipo? – recensione
Sarà il mio tipo? È questa una delle molte domande di carattere esistenziale che spesso ci poniamo di fronte ad una scelta. Ma se poi ci accorgessimo di aver sbagliato? Di non aver profondamente captato alcuni segnali subdoli e allarmanti? Cosa succederebbe se dovessimo renderci conto che la persona con la quale si è giunti a condividere qualsiasi cosa in realtà non è davvero il nostro tipo? Questi sono solo alcuni dei quesiti che sicuramente si sono posti i protagonisti Emilie Dequenne e Loic Corbery.
Una black comedy frizzante che lascia pesantemente l’amaro in bocca nello spettatore e con un finale sconvolgente, una natura morta che gela il cuore di chiunque. Straordinaria la prova della Dequenne che non è nuova ad acclamazioni corali (vinse il premio come miglior interpretazione femminile a Cannes con il film Rosetta) e ottima anche l’interpretazione di Corbery nel ruolo di un brillante filosofo moderno, preoccupato più dell’essere che dell’apparire. Davvero interessante la prova alla regia di Lucas Belvaux, giovane con le idee molto chiare, dirigere un film così impegnato intellettualmente non è cosa semplice, avere due personaggi diametralmente opposti e cercare di creare un fil ruoge tra i due è stata davvero un’impresa ardua.
La trama ruota intorno a due figure completamente opposte: Clement, giovane insegnate di filosofia di Parigi, trasferito ad Arras, un piccola cittadina tranquilla del nord della Francia, in cui si viene a creare uno status di disagio per l’uomo che lentamente percepisce l’eccessiva calma del luogo. Jennifer è l’altro lato della medaglia, una giovane ed esuberante parrucchiera che vive da sempre e fieramente ad Arras. Madre di un figlio, divorziata, trascorre le sue lunghe giornate tra il lavoro e la famiglia dedicandosi nel tempo libero al karaoke con le amiche. Clement legge Kant e Proust mentre Jennifer riviste di gossip e romanzi rosa. Apparentemente la differenza culturale sembra davvero abissale eppure tra i due scatta la più improbabile delle scintille. L’incontro è un fulmine a ciel sereno ed entrambi, sia per età che per piacere reciproco, si lasciano andare alla più sfrenata passione amorosa ed erotica. Ma ben presto l’amore dovrà fare i conti con le barriere culturali e psicologiche emergenti con il passare del tempo. Clement vuole cogliere l’attimo e fuggire dal mondo mentre Jennifer adora allontanarsi dalla realtà dell’istante per proiettarsi nel futuro più lontano. Le strade percorse dai due sono completamente differenti, sapranno davvero arrivare a un compromesso?
Permeante e corposa è l’argomentazione filosofica presente nella pellicola. Se da un lato Clement vuole vivere l’attimo come farebbe Quinto Orazio Flacco con il suo Carpe diem, forse in maniera alquanto sciovinista, dall’altro Jennifer è molto più disimpegnata e il suo modus vivendi rappresenta la netta contrapposizione con il Carpe diem, il Vita si uti scias longa est di Lucio Anneo Seneca. Entrambi vivono l’amore, ma nessuno dei due riesce a captare la purezza del sentimento. Clement vive l’amore della filosofia, in lui si respira un contorno kantiano e a tratti nietzschano mentre in Jennifer tutto è slegato da qualsiasi lugubrazione, ma profondamente influenzato dalle letture “snelle e asciutte” alle quali la ragazza dedica il suo tempo libero. Sarà il mio tipo?, in uscita nei cinema a partire dal 23 aprile, è un piccolo grande capolavoro d’ingegno e stile, dove nessun particolare è lasciato al caso, dove la fotografia e la regia brillano di eleganza e perfezione e dove Emilie Dequenne incarna la più alta forma artistico espressiva del panorama europeo.
Una vera opera d’arte nella quale lo spettatore dipinge e crea la sua storia perdendosi nell’infinito filosofico o nella finitezza terrena.