Torneranno i Prati: recensione
Ha avuto luogo stamattina a Roma l’anteprima per la stampa di Torneranno i Prati, il nuovo lavoro di Ermanno Olmi che si propone di offrire un punto di vista inedito sulla Grande Guerra del 15-18, tristemente famosa per aver fatto una vera e propria mattanza della nostre truppe.
Come lo stesso regista ha dichiarato nel video rilasciato a causa dell’impossibilità di presenziare alla conferenza stampa (per problemi di salute) il progetto è nato per dare un volto ed una voce a quei giovani caduti a causa del “tradimento” che la loro amata Patria ha inflitto loro , mandandoli a morire senza spiegare il perché; “con i morti e con i bambini non si può barare” – ha affermato Olmi – e l’unico modo per chiedere scusa ai caduti e far sì che il futuro non riservi ancora disastri di questo genere è spingere il pubblico a riflettere su chi sono i veri nemici: non i soldati di un ipotetico fronte avversario, ma coloro che provocano conflitti sanguinari in nome di futili interessi politico-economici.
Torneranno i Prati si presenta come una finestra su una notte qualunque in trincea, poco prima della disfatta di Caporetto: un gruppo di soldati, condotti dal Maggiore Claudio Santamaria e dal Capitano Francesco Formichetti, cerca di resistere alle ultime battute di una guerra che appare già persa e in cui l’unico obiettivo è la debole speranza di tornare vivi a casa; il tempo assume connotati onirici, dilatandosi e restringendosi bruscamente in sintonia col susseguirsi di attese infinite ed improvvisi bombardamenti che ridefiniscono drasticamente gli obiettivi successivi, portando gradualmente i protagonisti a perdere il senso di gradi, ruoli e motivazioni di una guerra che assume sempre più i connotati di un inutile castigo inflitto.
Il piano della realtà si fonde inestricabilmente con quello dell’ “allucinazione” laddove l’intenzione del regista è quella di creare non una cronaca di eventi ma un racconto evocativo, in cui la Poesia dei sentimenti umani prenda finalmente il sopravvento sullo scempio dei fatti narrati; le relazioni diventano di gran lunga più importanti delle gerarchie e quest’ultime finiscono col diventare simbolo dell’illusione di cui questi ragazzi sono stati vittime: pensare che valesse la pena di morire per combattere.
Come lo stesso Claudio Santamaria ha dichiarato in conferenza stampa, Torneranno i Prati è un film che racconta fatti realmente accaduti ma non necessariamente in modo realistico e, a questo scopo, si appoggia su vari espedienti, come la scelta di far indossare ai soldati divise con gradi sbagliati, allo scopo di favorire l’immersione dello spettatore nell’allucinazione dei sentimenti, distaccandosi dai fatti in se stessi.
Il tema dell’abdicazione, potentemente racchiuso nel grido liberatorio del Capitano Formichetti che, ad un certo punto, rinuncia al suo ruolo per non portare più il peso di morti assurdamente ingiuste, pone proprio l’accento sul potere decisionale del singolo che non deve mai perdere di vista la propria coscienza morale in vista di un millantato potere superiore, ma lottare per i propri ideali: questa è l’unica strada per la salvezza; a questo proposito Olmi ha citato Albert Camus e la sua celebre frase: “se vuoi che un pensiero cambi il mondo, prima devi cambiare te stesso”.
Torneranno i Prati rappresenta un tipo di cinema che si avvicina (a volte pericolosamente) al teatro: se è vero che una sceneggiatura di questo tipo, ricca di suggestioni e simbologie, si presta all’enfasi della recitazione da palcoscenico, la distanza ridotta che per mezzo della telecamera si crea fra attore e “platea” rischia di creare una risonanza eccessiva e restituire un risultato poco sincero.
Quest’ultimo aspetto, tuttavia, dipende soprattutto dalla capacità dell’attore di “dosarsi”, offrendo al pubblico un’apertura e non uno “squarcio” sul suo mondo interiore: a tal proposito risultano pienamente adeguate le interpretazioni del collaudato Santamaria ma anche dell’esordiente Alessandro Sperduti che, nonostante il ruolo insidioso del tenentino che si trova improvvisamente a dover prendere decisioni difficilissime, riesce a dosare la sua performance coinvolgendo spontaneamente lo spettatore.
La neve, oltre ad arricchire la sapiente fotografia con un effetto ancor più suggestivo, se da una parte ha rappresentato un ostacolo alla lavorazione del film, dall’altro ha guidato le scelte registiche nella direzione ideale: tenere solo ciò che da emozione, sfruttando il contrasto tra l’apparente cristallizzazione dell’ambiente innevato e l’ apparire improvviso di una granata che porta distruzione; l’inospitalità dell’ambiente, inoltre, ha favorito l’immedesimazione degli attori nei rispettivi personaggi, rafforzando i legami fra i membri di quella che ha finito per diventare una vera truppa.
Torneranno i Prati, risulta così un film necessario, il cui stesso titolo racchiude la facilità con la quale – se non ci si impegna a mantenere viva la riflessione- anche gli effetti della più devastante delle guerre sono soggetti a scomparire: la natura stessa è programmata per cancellare la memoria e, nello stesso luogo in cui il fuoco ha seminato morte e distruzione, con l’arrivo del primo sole i prati tornano a cancellare ogni traccia di orrore.
Torneranno i Prati, dopo l’ anteprima mondiale di domani, sarà al cinema a partire dal 6 novembre, distribuito da 01. Nel cast anche Andrea di Maria, Camillo Grassi e Niccolò Senni.