Forza Maggiore: recensione
Arriverà nelle sale il 7 Maggio Forza Maggiore, caso cinematografico dell’anno che si è accaparrato il premio della Giuria al Festival di Cannes nella sezione Un Certaine Regard e candidato sia ai Golden Globe che agli European Film Awards. Una famiglia svedese – Tomas, sua moglie Ebba e i loro due bambini – è in vacanza per una settimana di sci sulle Alpi Francesi. Il sole splende, la vista è spettacolare, ma durante un pranzo sulla terrazza dell’hotel una valanga improvvisa sembra sul punto di travolgere i turisti. Mentre la gente fugge terrorizzata Ebba tenta di proteggere i due bambini, al contrario Tomas scappa rifugiandosi all’interno: la reazione dell’uomo sconvolgerà il suo matrimonio e lo obbligherà a fare i conti con se stesso mettendo in discussione il suo ruolo di padre e marito.
Ruben Östlund indaga, attraverso il film, sugli istinti primari dell’uomo di fronte al pericolo, il dilemma sulla scelta della strada da seguire di fronte ad un disastro viene visto come in un enorme esperimento sociologico in cui al centro c’è una famiglia felice – a volte quasi eccessivamente melensa – che si ritrova catapultata in una sorta di incubo; nel momento del pericolo, colui che dovrebbe proteggere il nucleo familiare scappa in preda al panico abbandonando le persone che dovrebbero contare di più, trasformando il “prima le donne e i bambini” nel più egoistico “si salvi chi può“. Il regista analizza proprio il comportamento del modello maschile – quello che secondo la società dovrebbe sacrificarsi, ma che in base alle statistiche ha il più alto tasso di sopravvivenza – e lo fa in maniera contraddittoria ed infantile con Tomas incapace di accettare quello che è successo negando apertamente l’evidenza. Il contrasto con l’inizio della pellicola è evidente, la presentazione di una famiglia che sfiora la perfezione ma che viene “travolta dalla valanga” sia in senso letterale che metaforico, evento che porta la povera Ebba in una sorta di crisi profonda dalla quale non riesce ad uscire soprattutto perché non trova riscontro oggettivo nelle dichiarazioni dell’uomo che ama, o amava, ostinato a negare la realtà pur di non fare i conti con se stesso. Dal canto suo Tomas è quasi infantile, incapace di accettare quella sua parte “nascosta” reagendo anche in più di un’occasione in maniera grottesca, in contrasto con il modello stereotipato del padre di famiglia, una comicità cruda e brutale quella di Östlund che non risparmia anche l’evidente dramma psicologico che si consuma.
Tecnicamente eccelso, e con una fotografia nitida, quasi asettica, il grande problema di Forza Maggiore è proprio l’eccessiva pesantezza di alcune sequenze. In alcuni momenti il film si perde in interminabili dialoghi che non giovano all’attenzione dello spettatore e man mano che si va avanti nella visione si perde l’empatia e la gamma di emozioni (smarrimento, paura, ecc.) che la pellicola dovrebbe trasmettere. Lo stesso finale è stiracchiato e non infonde il senso di solidarietà che il regista tenta di presentarci. Nonostante qualche piccolo difetto, tuttavia, Forza Maggiore è un film che trascina lo spettatore nel suo percorso narrativo minando certezze e raccontando la storia di una crisi coniugale in maniera originale e sarcastica.