Confusi e Felici: recensione
Il segreto della felicità? Non prendersi mai troppo sul serio e saper guardare la vita dalla giusta angolazione! Questo l’insegnamento che sembra voler trasmettere Confusi e Felici, il film di Massimiliano Bruno.
Con un inizio asettico e psicanalitico, si avvia alla conclusione con ironia e sarcasmo, tirandoci dentro ai problemi dei protagonisti: uno spacciatore continuamente nel panicato (Marco Giallini), un telecronista irato perché tradito dalla moglie (Rocco Papaleo), un quarantenne particolarmente affezionato alla gonnella della madre e alla sua squisita cucina (Massimiliano Bruno), una coppia sessualmente in crisi (Pietro Sermonti e Caterina Guzzanti) e una ninfomane invadente (Paola Minaccioni). Ah ma ne manca uno: lo psicanalista (Claudio Bisio), più matto di tutti suoi pazienti messi insieme e con i quali finirà per stringere un profondo e sincero legame d’amicizia, anche grazie all’intervento della sua segretaria: Anna Foglietta, che in questa interpretazione entra in punta di piedi in una donna fatta di arte, cultura e poesia!
Una pellicola divertente, ma che nasconde sotto la cenere una ferita ancora da rimarginare e soprattutto da accettare, ossia la malattia mentale. Un disagio sottovalutato, criticato e bistrattato persino dalla medicina stessa e ancor di più dall’opinione pubblica, nonché da coloro che ne sono affetti. La vita viene messa a nudo con tutti suoi difetti, le paure, le gioie e i dolori, senza abbandonare il margine della malasorte, presa letteralmente in giro dalla voglia di reagire.
Problemi fisici e psichici si incastrano vicendevolmente, creando una matassa di emozioni difficili da districare e da gestire. Così la progressiva perdita della vista porterà Marcello (Claudio Bisio) ad allontanarsi dalla vita e a chiudersi nel suo loculo, salvo poi riuscire per assurdo a vedere meglio tutto ciò che gli sta attorno e ad apprezzare il tatto, il gusto, l’olfatto e l’udito, ma soprattutto il più completo dei sensi: il cuore.
Nell’atmosfera divertente della Città Eterna, talvolta ricamata dai suoni della tradizione e dai gusti della buona tavola, i “matti” vengono emarginati, lasciati in balia di un destino del quale infine prenderanno le redini, non discostandosi mai dalla loro vera natura, bensì accettandosi così come sono: confusi e felici!