Gotham: recensione
Durante il cold open della terza puntata di “Gotham” si viene colpiti dritti in faccia dall’irresistibile voglia di spegnere qualsiasi attrezzo tecnologico sul quale si sta guardando il suddetto telefilm. Che show televisivo è quello in cui un banchiere viene legato ad un pallone aerostatico e lasciato a fluttuare nel cielo? Davanti a quale guazzabuglio ci troviamo?
“Gotham” ha un sacco di problemi, ma il più grande è il tono che le puntate assumono. E’ questo ciò che rende lo show semplicemente ridicolo, non avvicinandosi nemmeno al divertimento da comics-strip (se gli autori andavano a parare la). C’è una linea sottile tra la leziosa bontà e la cattiveria cartoonesca (leggere anche come caricaturale), e “Gotham” non ha chiaramente idea di dove sia tracciata quella linea. Questa cosa è doppiamente preoccupante: quando comparirà, se mai comparirà, Batman lo show sarà diventato un’imitazione di infima qualità dei già infimi film di Schumacher?
Sulla carta alcune di queste “idee” potrebbero funzionare, ma sullo schermo tutto si riduce ad un troppo forzato omaggio alla serie tv di Batman degli anni ’60, quella con Adam West. In sintesi ci sono delle stupidaggini mescolate con un paio di morti ad effetto e con la solita solfa della polizia corrotta ripetuta ad ogni puntata fino allo sfinimento. E’ un telefilm troppo serio per essere stupido ma troppo stupido per essere serio.
Inoltre “Gotham” è il caso peggiore di prequel che si sia mai visto. Ogni personaggio spende la metà del suo screen-time a ricordare chi diventerà quando Batman arriverà in città; nessuno riesce a immaginare quanto si siano repressi i produttori a non fare indossare ad Oswald Cobblepot delle t-shirt con dei simpatici pinguini (magari anche quelli di Madagascar… Mashup!).
I svariati rimandi di Cobblepot al fatto che diventerà il Pinguino sembrano fuffa rispetto a tutte le volte che colui che sarà l’Enigmista entra in scena, premettendo ad ogni sua battuta un indovinello. O quando la giovane Selina Kyle afferma di poter vedere nel buio come un gatto (il che è nuovo a tutti).
E poi c’è il giovane Bruce Wayne, presente e non nel suo strano show televisivo. In uno spettacolo pieno di cattive idee avere il giovane suddetto in ogni episodio potrebbe essere la peggiore. Nel secondo episodio abbiamo visto Batman bambino auto infliggersi lesioni, ascoltare death metal e disegnare teste mozzate. Di sicuro della psicologia “turbata” di Batman queste sono le cose meno interessanti, ma questo è tutto quando “Gotham” si preoccupa della psicologia di un personaggio.
C’è la mancanza di un ben preciso disegno di storyline a lungo termine. Nel pilota Pinguino era creduto morto ma in realtà era solo in esilio; in uno show che guarda avanti Cobblepot avrebbe potuto trascorrere una stagione o due lontano dalla natia Gotham, accumulando potere criminale in modo da ritornare presto alle sue origini. Due episodi dopo invece eccolo di ritorno, come se l’esilio fosse stato solo una distrazione. Così tutti i personaggi principali sono stati introdotti e messi nei rispettivi posti mentre noi spettatori siamo in attesa che un giorno diventino davvero chi ci aspettiamo che siano.
Dunque aspettiamo che succeda qualcosa, sperando che Bruce Wayne non diventi un ragazzotto emo nel mentre. Tanto il trash una risata la strappa sempre.