I 10 film LGBT che vi scalderanno di più il cuore
Di film a tematica LGBT ce ne sono più o meno tanti – forse meno di quanto sia necessario e decisamente la maggior parte di questi non arrivano al grande pubblico, essendo per la maggior parte indipendenti e quindi perlopiù non uscendo dallo stretto circuito dei festival. Tuttavia i pochi che riescono, per nomi coinvolti a livello di cast e di regia, a raggiungere gli onori della cronaca cinematografica spesso narrano di storie malinconiche e tristi, dove l’happy ending non solo non viene raggiunto, ma sembra finanche impossibile immaginarlo (vedi i vari Brokeback Mountain, Boys Don’t Cry, Soldier’s Girl e via dicendo).
Per questo, in occasione del Pride di Roma e seguendo l’esempio di grandi brand internazionali quali Target e Converse, abbiamo deciso di stilare una lista dei dieci film LGBT che meglio di altri invece di spezzarvi il cuore alla fine e lasciarvi con il groppo in gola ve lo riempiranno piuttosto di gioia e speranza per il futuro.
- My Beautiful Laundrette (1985, di Stephen Frears, con Daniel Day-Lewis e Gordon Warnecke): Girato e ambientato nella Londra degli anni ’80, mostra una città dove la severa politica condotta da Margaret Thatcher fa da padrone e contribuisce prepotentemente al modo in cui i rapporti interpersonali dei personaggi si sviluppono.
Da vedere perché: Daniel Day-Lewis sarebbe un motivo sufficente, ma è interessante notare come le due diverse etnie si relazionino tra di loro, in un’epoca in cui il mostro dell’AIDS faceva da padrone – veniva chiamata “la piaga dei gay” e le relazioni omosessuali venivano viste come immorali. - Beautiful Thing (1996, di Hettie MacDonald, con Andrew Fraser e Scott Neal): Ambientato nel microcosmo di in un condominio comunale nei dintorni di Londra, questo coming-of-age film si concentra su due ragazzi vicini di casa che pian piano realizzano il loro reciproco innamoramento e si preparano ad affrontare tutte le conseguenze che questo porta con sé.
Da vedere perché: Combina amore, amicizia e istinto di sopravvivenza necessario nei corridori di una scuola con un sottile umorismo all’Inglese che permette al pubblico di inquadrare il dritto della medaglia in ogni situazione, anche la più complicata. - But I’m A Cheerleader (1999, di Jamie Babbit, con Natasha Lyonne e Michelle Williams): Usando un umorismo alla portata di tutti, tratta di un argomento molto serio negli Stati Uniti, quello delle “cure gay”, mostrando un gruppo eterogeneo di ragazzi alle prese con una scuola estiva molto particolare.
Da vedere perché: Per una volta un tema del genere diventa il centro di una commedia, e anche se alle volte le battute scadono un po’ nello scontato, i personaggi – tra cui spiccano nomi di rilievo come Michelle Williams e Natasha Lyonne – volutamente stereotipati riescono lo stesso a risultare simpatici. - Transamerica (2005, di Duncan Tucker, con Felicity Huffman e Kevin Zegers): La vita di una transwoman viene scombussolata quando scopre di aver avuto un figlio da una relazione avuta vent’anni prima; insieme, uniscono le forze e si imbarcano in un road trip molto particolare.
Da vedere perché: Unisce il tema della transessualità in un’epoca pre-Caitilyn Jenner ed Obama con la difficoltà dello sviluppare un rapporto genitore-figlio dopo vent’anni di vita. - Imagine Me & You (2005, di Ol Parker, con Piper Perabo e Lena Headey): Una ragazza appena sposata stringe un’inaspettata ed improvvisa amicizia con la fiorista responsabile dell’abbigliamento della chiesa, ignorando che presto il rapporto sboccerà in qualcos’altro.
Da vedere perché: Scanzonata e senza pretese commedia romantica, riesce ad inserirsi molto bene nel filone del genere non mettendo l’omosessualità in primo piano ma trattando la storia come fosse una tra le tante. - Shelter (2007, di Jonah Markowitz, con Trevor Wright e Brad Rowe): Ambientato nei sobborghi della California meno gioviale, narra la storia di un giovane ragazzo alla ricerca di una via d’uscita da un background familiare difficile e il suo accettare il proprio orientamento sessuale.
Da vedere perché: Amore gay tra tavole da surf e onde alte metri, non disdegna l’elemento di critica sociale e tuttavia non lo rende pedantico come spesso accade, lasciando il gioco di sguardi avere le meglio sulle parole. - Tomboy (2011, di Céline Sciamma, con Zoé Héran e Malonn Lévana): Quando un piccolo transboy si trasferisce con la propria famiglia, comincia a presentarsi come Mickael ai bambini del quartiere, riuscendo a farla franca finché gli adulti non si intromettono.
Da vedere perché: Nonostante il titolo un po’ fuorviante, si tratta di un vero e proprio caso di transessualità, e per di più essendo incentrato tutto o quasi intorno ai rapporti interpersonali tra bambini, è un’ottima lente di ingrandimento per inquadrare meglio la tematica. - Weekend (2011, di Andrew Haigh, con Tom Cullen e Chris New): L’avventura sessuale di un venerdì notte si trasforma naturalmente e pian piano in qualcosa di più durante il corso di un singolo weekend, mettendo così in crisi i due protagonisti.
Da vedere perché: Scritto e diretto da Andrew Haigh, responsabile del miglior episodio dell’intera serie di Looking, questa inaspettatamente delicata e tenera perla riesce a dare una nuova dimensione all’assai stereotipato amore tra due ragazzi gay, complici una sceneggiatura ed una fotografia che facilitano il compito ai – bravissimi – attori. - Joe + Belle (2011, di Veronica Kedar, con Sivan Levy e Veronica Kedar): Dark comedy ambientata in Israele, questa sui generis storia d’amore incrocia una spacciatrice di droga ed una psicopatica con manie suicide alle prese con un improbabile road trip all’Americana in cui cercheranno di aiutarsi l’un con l’altra a rimanere vive.
Da vedere perché: Divertente esperimento presentato come la versione lesbica di Thelma And Louise, non disdice l’umorismo a volte demenziale ed ha il pregio di non prendersi mai sul serio, nonostante la tentazione rappresentata principalmente dal setting potrebbe – e forse dovrebbe – permetterlo. - Pride (2014, di Matthew Warchus, con Bill Nighy, Andrew Scott, Ben Schnetzer): La bizzarra e straordinaria alleanza che si sviluppa quasi per caso tra gli attivisti gay di Londra e il sindacato dei minatori durante lo storico e lunghissimo sciopero in atto nel 1984.
Da vedere perché: Uno dei miglior film LGBT degli ultimi anni, rappresenta un piccolo capolavoro giocato tra attivismo e diritti umani, in una situazione sociale e politica molto delicata in cui entrambe le parti si giocano non solo il proprio credo ma addirittura la propria vita.