Little miss Sunshine: recensione
“..Riappropriatevi della vostra vita e siate vincenti! ” esclama Richard Hoover (Greg Kinnear) in apertura di Little Miss Sunshine.
Vittoria, successo, bellezza e l’idea che se non si possiedono si è destinati inevitabilmente ad essere dei “ losers ”, sono infatti solo alcuni dei mortificanti imperativi culturali a cui la massificante società contemporanea ci sottopone giorno dopo giorno . Per essere belli si deve essere magri. Per essere vincenti si deve avere successo . Ecco di cosa i mass media, la televisione e le pubblicità ci hanno subdolamente resi schiavi riducendo così la nostra vita ad una mera e sterile lotta verso la vittoria personale.
La difficoltà nell’accettarsi e nel farsi accettare è una delle delicate tematiche affrontate con una vena di amaro e pungente umorismo in Little Miss Sunshine che, attraverso la figura della bizzarra famiglia Hoover, ci mostra che è proprio il rimanere se stessi ad essere l’unico modo per sentirsi vincenti nella vita e che la nostra famiglia, seppur imperfetta, è l’unico porto sicuro dove rifugiarsi quando tutti i nostri sogni vanno in fumo.
Quella di Little miss Sunshine, tragicommedia on the road datata 2006 diretta dalla coppia esordiente sul grande schermo Dayton – Faris e vincitrice di due oscar (Migliore sceneggiatura originale a Michael Arndt e Miglior attore non protagonista ad Alan Arkin) è ,non a caso, la disordinata storia di una atipica “ famiglia alla ricerca di se stessa”, alle prese con un viaggio profondamente introspettivo che sgretola completamente il clichè della famiglia medio-borghese a stelle e strisce , portando alla luce delicate e controverse dinamiche familiari che poco si addicono agli ideali patinati del sogno americano e trasformando il film in un perfetto inno alla diversità ed un invito spassionato ad essere sempre se stessi.
Il titolo allude al concorso di bellezza per bambine a cui la piccola protagonista Olive (una adorabile Abigail Breslin) deve partecipare, costringendo così l’intera famiglia ad una tanto forzata quando indesiderata convivenza a bordo di uno scardinato pulmino Wolswaghen diretto in California. Ben presto il viaggio si dimostrerà un’occasione per comprendersi e comprendere, trasformando un gruppo di individui (auto)emarginati, e senza più ambizioni, in un reale nucleo familiare, autentico nella sua imperfezione.
Servendosi in modo assai brillante di una raffinatezza ai limiti del grottesco e del surreale, di un ritmo incalzante e dinamico e di una colonna sonora che si dimostra la compagna di viaggio ideale, Little miss Sunshine diverte in modo intelligente, abbattendo con l’arma dell’ironia le solide barriere del conformismo e il mito del “bello e vincente” e urlando a gran voce che la vera vittoria è avere il coraggio di non rinunciare mai ai propri obiettivi.
L’immagine della famiglia disastrata e fuori dal comune è materia spesso affrontata sul grande schermo, ma in poche occasioni con lo stesso amore, entusiasmo e carisma come nel caso del pungente e allo stesso tempo delicato Little Miss Sunshine che, grazie ad un equilibrato mix di follia e serietà, appassiona e a tratti spiazza lo spettatore , facendolo ridere alle battute dell’irriverente nonno con il vizietto della cocaina, provare compassione per le delusioni amorose dello zio Frank, portandolo a sperare in un ritorno alla parola del nietzschiano Dwayne e facendogli detestare i “nove passi per il successo” ideati dal (troppo) ambizioso padre Richard ossessionato dal successo personale ma destinato alla sconfitta. Fin dalle prime scene questa bizzarra opera sopra le righe rende lo spetattore parte integrante del viaggio dei protagonisti, fino a trasportarlo sul palco dove la piccola e tenace Olive, seppur cosciente della propria diversità nei confronti di quella bambinette tutte plastica e ricci cotonati, la esibisce orgogliosa senza paura dei distruttivi giudizi altrui, con l’innocenza che solo i bambini possiedono.
In fondo in ognuno di noi c’è un po’ di Olive, c’è la voglia di emergere di far sentire la nostra voce, di metterci alla prova dimostrando il nostro valore ma rimanendo sempre e comunque noi stessi perché “ essere vincenti vuol dire avere il coraggio di provarci”.