Venezia 72 – Francofonia: recensione
La bellezza salverà il mondo, scriveva lo scrittore russo Dostoevskij, ma il mondo è davvero in grado di salvare la bellezza?
Francofonia, del regista Alexandr Sokurov (già vincitore del Leone d’oro nel 2011 con Faust), intreccia i destini di due uomini eccezionali: nemici sulla carta ma legati da un rapporto che sarebbe errato definire amicizia; erano piuttosto uniti dalla volontà di salvare qualcosa che li accomunava sotto il nome di “Europa”. Perciò furono spinti a collaborare, a tralasciare i rapporti conflittuali tra i loro Paesi, ad andare oltre il presente della distruzione, fino a solcare i mari della bellezza.
Francofonia: chi salvereste tra gli uomini e l’arte?
Mari, già, “Il mare si ingrossava a ogni onda e non c’era in lui nè ragione nè pietà” dice il narratore all’inizio della pellicola ricordando Cechov. Si comprende così, fin da subito, che è necessario un trasferimento delle opere d’arte, quelle custodite all’interno del Louvre, proprio le stesse che adesso il mondo intero ammira estasiato. Se sopravvissero all’ira furastica della Seconda Guerra Mondiale fu solo grazie a due uomini, differenti per cultura e occupazione sociale: il direttore del Museo Louvre Jacques Jaujard (interpretato da Lois-Do De Lencquesaing) e il Conte Franziskus Wolff-Metternirch, ufficiale d’occupazione nazista, interpreatato da Benjamin Utzerath.
Siamo in piena guerra, esattamente nei giorni a cavallo tra il 27 e il 28 settembre 1938 e, oltre ai problemi causati dall’occupazione tedesca di Sudetenland, ve ne sono altri forse apparentemente trascurabili per chi si trova a schivare bombe e a sbarcare il lunario, ma non trascurabili dalle persone che hanno vissuto il primo conflitto conteggiando, assieme all’esosa perdita di vite umane, anche l’irrimediabile scomparsa di opere d’arte di inestimabile valore. Questo amore sconfinato per l’arte e la voglia smodata di assicurare un lascito alle generazioni future creano una fitta rete di complicità in grado di salvare, almeno in parte, quella bellezza.
Che poi, ne è davvero valsa la pena? Emergono tra i bisbigli del documentario scene in cui la nave che trasporta il ‘tesoro’ sta per affondare, ma l’equipaggio potrebbe salvarsi, se solo gettasse in mare quelle opere. Ma no, c’è qualcosa nell’essere umano che si ostina a proteggerle, forse non è prettamnete la parte romantica, piuttosto si direbbe quella dominante di chi vuole sconfiggere il tempo, afferrare tra le beghe dei secoli un uncino che urli ‘Esisto anche io! Non ora, ma ci sono stato e sono stato grande’.
Quella nave così imponente sembra fin troppo somigliante alla Zattera della Medusa di Gericault: stessa prospettiva triangolare, stessa altalenanza tra le onde, ma Gericault è arte, mentre il filmato cerca di salvare l’arte…
Con una fotografia dettagliata e un savoir faire quasi fiabesco, animato dai fantasmi di Napoleone e Marianne, i quali rivendicano l’uno la paternità del Louvre (creato di fatto per elogiare le sue conquiste durante le campagne belliche), mentre l’altra è una continua eco di Libertè, Fraternitè, Egualitè, Alexandr Sokurov incolla insieme i tasselli di una storia dimenticata, mettendo poi sull’altro piatto della bilancia il trattamento ricevuto dall’ex Unione Sovietica, di cui invece furono ignorati musei, opere d’arte, opere letterarie, musicali e d’altro genere, solo perché riassunti sotto l’etichetta dell’Est.
Si ammirano nei minimi dettagli i lasciti di Assiri, Egizi, francesi… e di tutti loro in fondo non rimane che uno sguardo, quello in cui guardiamo ansimanti in cerca di una risposta, in cerca di una voce che ci dica da dove veniamo, chi siamo, dove andremo.
Francofonia è un’opera in bilico tra il documentario e la fiaba, una pellicola che dovrebbe farci riflettere sulla guerra in atto adesso nel nostro mondo, che non salva le opere d’arte non perché preferisce salvare gli uomini, bensì perché ha perso la speranza nel genere umano, in ciò che ha fatto nei secoli passati e in ciò che potrebbe fare in quelli futuri.
L’uomo non rispetta la bellezza, non riesce a vederla, non sa più legarsi all’ombra del ricordo, cercare tra le pieghe delle sculture o baciare con gli occhi le pennellate seccatesi su una tela. Abbiamo perso il senso di essere custodi della bellezza, custodi di un patrimonio che ci appartiene ma che non siamo in grado di decifrare.
Francofonia, realizzata in co-produzione col Museo del Louvre, è stata presentata alla 72ma Mostra del Cinema di Venezia.