Venezia72 – Early Winter: recensione
Nella selezione ufficiale delle Giornate degli Autori di Venezia72 trova spazio Early Winter, un’anomala coproduzione fra Australia, terra natale del regista Michael Rowe, e Canada, che contribuisce al film con i due attori principali Paul Doucet e Suzanne Clément (che alcuni ricorderanno nello straordinario Mommy di Xavier Dolan) e soprattutto per la gelida ambientazione, teatro perfetto per il racconto di un matrimonio logoro fra due persone profondamente infelici.
A dispetto della scena di sesso iniziale, che lascia presagire una storia particolarmente passionale e sensuale, il film è dominato invece dalla freddezza, dall’incomunicabilità e dalla solitudine. Michael Rowe ci trasporta nell’abitazione di David e Maya, dove voyeuristicamente e con un pizzico di sadismo ci mostra i resti di un matrimonio ormai schiavo della monotonia e della ripetitività. David lavora in una clinica per anziani, dove abitualmente stringe rapporti con persone vicine alla morte, mentre Maya, frustrata per la sua scarsa conoscenza del francese, fa una vita da casalinga, impiegando gran parte del proprio tempo giocando con il cellulare e trascurando così la cura per la casa. Per il marito si tratta del secondo matrimonio, mentre la moglie prima che arrivassero i figli ha tradito David con un altro uomo. Queste precedenti relazioni non sono ancora state superate dai due sposi e hanno lasciato problematici strascichi nel matrimonio: Maya ricorda continuamente al marito il suo feeling con l’ex moglie, mentre David è ossessionato dal timore di un nuovo tradimento da parte della consorte e cerca di sorvegliare i suoi comportamenti e le sue azioni.
Le inquadrature statiche di Rowe e la fotografia dai toni pallidi rappresentano a dovere il grigiore della vita dei due e il muro di incomunicabilità che si è venuto a creare fra loro. Il sesso viene ripetutamente rifiutato dai due sposi, che cercano continuamente evasione al di fuori del matrimonio, nelle chiacchiere con gli anziani e con il gruppo degli ex alcolisti per quanto riguarda David e nella tecnologia per Maya. La lentezza del racconto diventa uno strumento per farci addentrare nella crisi esistenziale e matrimoniale dei due, che sembra arrivare a una svolta positiva con le riparazioni da parte di David di vecchi riproduttori musicali, che creano così un legame col mondo tecnologico della moglie e un possibile punto di incontro fra i loro interessi così diversi; il passato però ritorna sempre a presentare il conto, accompagnandoci verso un finale abbastanza sorprendente nella sua coerenza, che chiude in maniera coraggiosa una pellicola ben diretta e ottimamente interpretata dai due protagonisti, che per larghi tratti reggono il film da soli, in un gioco di sguardi e di attese che sconfina quasi nella pièce teatrale.
Early Winter – L’inverno di un matrimonio nel gelido clima canadese
Di racconti basati su un matrimonio in crisi ne abbiamo visti tanti, ma questa pellicola riesce a mantenere una sua originalità e autorevolezza grazie soprattutto al clima desolato e avvilente, ben lontano dai contrasti accesi e sanguigni a cui siamo abituati in questo genere di film. Early Winter è cinema di introspezione e di forte approfondimento psicologico, coraggioso nello scandagliare gli abissi dell’infelicità umana e che si prende tutto il tempo necessario per portare avanti la storia. I lunghi silenzi penalizzano i dialoghi, che a volte risultano un po’ semplicistici e forzati, mentre l’interesse dello spettatore a tratti è messo a rischio da qualche lungaggine di troppo e dalla mancanza di scene emotivamente potenti; gli ultimi memorabili minuti, che comprendono un piano sequenza che esalta le doti recitative di Paul Doucet e Suzanne Clément, riscattano però anche i passaggi precedenti meno riusciti, lasciando una sensazione di disagio e amarezza che rimane anche dopo la conclusione dei titoli di coda.