Venezia72: Pecore in erba: recensione
Delirante, anomalo e fuori dagli schemi; è il mockumentary (ossia falso documentario) Pecore in erba, opera prima del trentaquattrenne Alberto Caviglia, presentato nella sezione Orizzonti alla 72ma Mostra del Cinema di Venezia, arriverà in sala il 24 settembre.
Pecore in erba: delirante, anomalo e fuori dagli schemi ma…
Dopo aver segnalato che il film è stato prodotto col contributo della lobby Pluto-Giudaico-Massonica Reazionaria – il che ci immette già sulla soglia dell’assurdo – l’incipit autentico è la sigla del tg, con la giornalista che annuncia la scomparsa di Leonardo Zuliani, interpretato da Davide Giordano. Ma di chi si tratta? Il pubblico inizialmente stenta a comprenderne l’importanza, ma una sequenza di immagini, intercalate dalle testimonianze di parenti e amici, nonché dall’intervento di autorità intellettuali e mediatiche quali Carlo Freccero, Ferruccio De Bortoli, Fabio Fazio, Gianni Canova, Corrado Augias, Vittorio Sgarbi, Claudio Cerasa, Linus, Gipi, sgelano il dubbio e la curiosità, attraendoci in un vortice divertente e folle, improntato come un video da diciottesimo compleanno (uno di quelli in cui si prende in giro il festeggiato fantasticando sulla sua vita).
Leonardo, ragazzino riccioluto dai grandi e vispi occhi (il piccolo Leonardo è interpretato da Tommaso Mercuri), ha sviluppato la sua personalità su un infondato odio nei confronti degli ebrei, inizialmente prendendo di mira un suo compagno di classe con disegni di cattivo gusto, che più avanti andranno a comporre la saga di fumetti Bloody Mario i quali, a detta dello stesso Elio (Elio e le storie tese), “forniscono ai bambini un’educazione che un genitore non potrebbe dare”. Una serie di foto e video di esperti studiosi ricostruisce un’infanzia passata tra la ricerca del padre (scomparso la notte in cui uscì per affittare una videocassetta), i discorsi col nonno (Omero Antonutti): un partigiano rimasto paralizzato durante la resistenza, l’amore della sorella (Bianca Nappi) e della madre (Anna Ferruzzo), la quale sembra misurare il grado di affetto solo ed esclusivamente attraverso un piatto, la lasagna, inducendo sistematicamente una risata isterica nello spettatore.
Tutti contribuiscono a lasciare la propria testimonianza, dalla vecchietta intenta a far la spesa al prete della parrocchia, dall’amico d’infanzia agli ultras. Alcuni stralci ripercorrono fugacemente l’antisemitismo nel corso della storia e le interviste a intellettuali e artisti famosi creano un mondo parallelo, immorale quanto apparentemente reale: un mondo in cui ad essere protetti non sono gli ebrei ma chi nutre odio nei loro confronti. Il motto che veicola la ‘filosofia’ di Leonardo? Paura d’odiare, che poi sarebbe anche il titolo del film ispirato alla vita del nostro Zuliani (che passa in bianco e nero tra le pieghe del falso documentario, abbracciando le interpretazioni di Francesco Pannofino, Margherita Buy, Carolina Crescentini, Paola Minaccioni e così via), ossia timore di manifestare la propria opinione negativa nei confronti di una razza.
Insomma, avrete capito che il protagonista è una figura dal grande carisma mediatico: fumettista, imprenditore (ha lanciato un kit che include benzina, bandiera di Israele e accendino Zippo; aperto la catena Burger Pork e inventato la trombetta col verso del maiale), attivista politico e scrittore.
Tra le tante cose ha infatti scritto La morte corre da Sion e redatto la New Bible Redux, cancellando praticamente ogni riferimento letterario agli ebrei per mezzo di un cancellino, considerata da Corrado Augias la migliore interpretazione della Bibbia; si è alleato poi con la sinistra estrema e con la Lega Nerd (un gruppo di ingegneri nucleari che si battono contro gli immigrati). Allo stadio si presenta puntualmente con degli striscioni che poi mutano una volta in platea cosicché, ad esempio, ‘Troppe pecore in erba’ si trasforma in ‘Ebreo trippone crepa’, causando disordini plateali.
Sarebbe impossibile elencare tutte le scemenze che vengono inserite nel lungometraggio e perdereste senza dubbio il gusto di vederlo ma, per arrivare al punto, Leonardo sparisce e si chiude in casa a causa di un incidente diplomatico: in occasione di un flash-mob le bandiere israeliane non prendono fuoco e chi aveva creduto di essere sostenuto nell’odio verso gli ebrei si sente deluso e amareggiato.
Dopo esservi ripresi dalle risate, vi chiederete: cosa vuole comunicare il giovane ebreo Alberto Caviglia con Pecore in erba? Chiaramente vuole ribaltare gli stereotipi dell’antisemitismo usando un’ironia dal taglio amaro; elogiando il male come sana forma di espressione e libertà e non ponendo ostacoli all’oscenità della cattiveria e del pregiudizio.
Un antisemitismo puro, tollerato, in un mondo che ha bisogno di odiare liberamente, lasciarsi andare nell’inchiostro e tra le beghe della spregiudicatezza.
L’unica cosa da rimproverare a questo lungometraggio è la lunghezza, dopo un po’ l’ironia risulta stucchevole e pedante, per il resto Pecore in erba saprà allietarvi e divertirvi!