Venezia72 – A Bigger Splash: recensione
Delle linee parallele, pulite, minimali, riempite da colori scialbi e corrotti da un tuffo, uno scarabocchio biancastro quasi mal fatto, che irrompe nell’opera di David Hockney ravvivandola non di bellezza, bensì di una docilissima nota di mistero: che significa questo splash? Perché piomba così, inaspettatamente, davanti ai nostri occhi, chi l’ha provocato? Da dove è venuto? Vi chiederete certamente cosa c’entri la pop art col film di Luca Guadagnino, A Bigger Splash, presentato alla 72ma Mostra del Cinema di Venezia. In primo luogo il regista di Melissa P. condivide con l’artista britannico il titolo dell’opera; in secundis si denota una correlazione nella perdita di un senso compiuto.
A Bigger Splash: un cast superlativo scivola tra le note di musiche sublimi, peccato che l’opera sia orfana di senso
Il lungometraggio, costellato di un cast a dir poco eccezionale, sembra essere guidato da un pilota automatico privo di GPS, al punto che noi passeggeri non riusciamo a renderci conto di quale sia il punto d’arrivo.
Nello scenario favoloso e selvaggio dell’isola di Pantelleria, si ritrovano quattro personaggi legati tra loro come in una specie di gioco degli specchi: le loro anime si riflettono vicendevolmente mettendo in luce una serie di rancori, sopportazioni, esperienze condivise e desideri repressi. Si potrebbe dire che il fulcro sia la leggenda del rock Marianne Lane (interpretata da una sublime Tilda Swinton), contesa da un forastico, attraente e rassicurante Paul (Matthias Schoenaerts – Suite Francese, The Danish Girl)
Le scene si svolgono perlopiù all’interno di una casa, tra il salotto, la cucina e soprattutto la piscina; sbattendo letteralmente in faccia la porta all’emozione naturalistica che potrebbe trasmettere la visione del territorio siculo, immortalato a lungo nelle zone più aride, quasi a volerne sottolineare l’aspetto più ispido. L’acqua diviene allora quasi un medium in cui i protagonisti si incontrano, si mettono in mostra, discutono, attirano l’attenzione su di sè (prima tra tutte la bella Penelope, che prova in tutti i modi a sedurre Paul).
I rapporti tra Paul e Harry sono un braccio di ferro folle che sconfina nella violenza più acuta, un tira e molla perenne, rigido, controverso – il primo tiene i piedi ben saldi per terra, il secondo è un inguaribile Peter Pan che vive all’insegna della verità e della libertà – di cui Marianne è vittima e al contempo artefice. In un certo senso è come se questi due uomini rappresentassero le sue parti del suo essere, ossia il suo passato sregolato fatto di alcool, droga e incertezza e il suo presente certo e tranquillo.
Tra i due uomini c’è una resa dei conti tesa come nei film western, ma colorita dalle note dei Rolling Stones, contornata da un repertorio musicale divino, che dal rock’n roll va fino alla musica classica, creando un dialogo di note eccezionale. A tratti appare la presenza dei clandestini, atta a farci orientare storicamente, ma essenzialmente priva di un senso logico.
A Bigger Splash crea, in fin dei conti, una cornice apparentemente perfetta (grandi attori ed esemplari interpretazioni, grande colonna sonora), peccato che la storia sembri priva di un senso, spoglia di un fine ultimo in grado di lasciare allo spettatore un motivo forte per rivedere nuovamente l’opera.
Forse Guadagnini non avrebbe dovuto accontentare StudioCanal e realizzare un rifacimento de La piscine di Jacques Deray (film del ’69), ma visto da un’altra prospettiva racchiude artisti differenti tra loro e tutti bravissimi (oltre a quelli già citati, Aurore Clement, Lily McMenamy, Elena Bucci, Corrado Guzzanti) che magari garantiscono già di per sé un bel vedere.
A Bigger Splash sarà al cinema dal 26 novembre 2015, distribuito da Lucky Red.