Venezia72 – L’esercito più piccolo del mondo: recensione
L’esercito più piccolo del mondo di Gianfranco Pannone, prodotto dal Centro Televisivo Vaticano, è stato proiettato oggi, mercoledì 9 settembre, al Festival del Cinema di Venezia per conquistare quelli che speriamo siano i giudizi positivi del pubblico e della critica presenti alla 72esima edizione della Mostra.
Presentato fuori concorso, il documentario ci permette di entrare nel mondo delle Guardie Svizzere al tempo di Papa Francesco e di comprenderne, con la lente d’ingrandimento puntata sull’addestramento di poche giovani reclute, doveri e quotidianità. René, uno studente di teologia, è uno dei ragazzi che ha deciso di far parte del corpo Pontificio nato all’epoca di Giulio II. E’ attraverso le pagine del suo diario e la voce delle sue riflessioni che siamo portati ad interrogarci sull’effettiva necessità, ai giorni d’oggi, di una carica come questa, da oltre cinquecento anni al servizio dei Papi. Insieme a lui, arrivano altre giovani reclude, tra cui Leo, un ragazzo semplice che nella vita è un guardaboschi, e Michele, svizzero-italiano di origine lucana…
Ciò che sorprende e subito sveglia la nostra curiosità è scoprire che i giovani protagonisti disposti a ad indossare i panni, potremmo dire anacronistici, della Guardia Svizzera, parlano la lingua dei ragazzi di oggi, vivono con tensione, seppur pieni di orgoglio, l’esperienza dei primi turni di sentinella e trovano il tempo, abbandonata l’austerità della divisa, di andare a confondersi tra la folla giovane delle strade della Città Eterna. Una Roma che il regista ci presenta attraverso una fotografia sincera, reale e che i protagonisti trovano il modo di descrivere con le giuste poche semplici parole.
[…] è stato uno scambio profondamente umano quello che è avvenuto con la Guardia Svizzera Pontificia e mi auguro che questa umanità trapeli dal film arrivando ai credenti e non; perché dopotutto fare un film con sguardo documentaristico significa anche rivolgersi a tutti con la mente sgombra da muri d’ogni genere, aperta :- cosi leggiamo nelle note di regia. Ne esce fuori l’immagine di una Chiesa museo, aggettivo che deriva dai secoli di storia che porta dietro e ancora custodisce, e soprattutto aperta al resto del mondo. E’ questa apertura che René vuole leggere simbolicamente nei colori della propria divisa senza tempo.
L’elemento che, tra gli altri aspetti, emerge con maggior forza è sicuramente la musica. Quest’ultima, abbastanza frequentemente nel corso della pellicola, finisce per sovrastare col proprio volume i rumori circostanti, ad esempio quelli delle folle di turisti di Piazza San Pietro. In questo modo, i commenti musicali sembrano avere la forza di suggerire allo spettatore di dover spostare la propria attenzione nella direzione del significato vero, ultimo ed essenziale delle immagini che commentano. Papa Francesco è spesso portavoce di messaggi di semplicità e la musica è come se ne diventasse la voce. Quella voce che s’alza sul resto per ricordarci di guardare all’essenziale.
L’esercito più piccolo del mondo: un documentario per la curiosità appassionata dei credenti e l’interesse sincero dei non credenti
In conclusione, possiamo definire L’esercito più piccolo del mondo un ottimo prodotto documentaristico che, nei suoi 86 minuti, riesce ad appassionare il credente e a stimolare la curiosità del non credente: il primo sarà entusiasta di respirare, attraverso lo scorrere delle immagini del film, il nuovo clima portato dall’interpretazione del pontificato di Papa Francesco, il non credente, invece, vivrà, con sincero interesse, l’incontro tra il proprio punto di vista e il punto di vista di quella realtà a lui estranea e indifferente. E’ cosi che il film sembrerà scorrere via fino alla fine in un istante.