Mangiati Vivi! (Eaten Alive!): recensione
Mangiati Vivi! segna il ritorno di Umberto Lenzi al genere Cannibal inaugurato da egli stesso nel 1972 con Il paese del sesso selvaggio. I temi della pellicola risultano essere molto vicini a quelli del film datato 1972 anche se Mangiati Vivi! contiene più scene di cannibalismo (nella prima pellicola la scena era solo una) e si ispira ad un fatto di cronaca (un suicidio di massa e massacro avvenuto nel 1978).
Umberto Lenzi sarà riuscito ad eguagliare il successo della prima pellicola che ha inaugurato il filone e sconvolgere come Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato?
New York, 1980. La città viene sconvolta da una serie di omicidi effettuati mediante dardi intinti nel veleno di cobra. In seguito ad un incidente stradale nel quale l’assassino trova la morte, la polizia locale rinviene una pellicola appartenente a Diana Morris. Le autorità convocano, quindi, la sorella della donna, Sheila Morris, nella speranza di ricavare qualche indizio sull’intricata vicenda.
Sheila stessa, preoccupata delle sorti della sorella, di cui da lungo tempo non ha notizie, si mette segretamente alla sua ricerca. Giunge così ad una comunità religiosa newyorkese chiamata Setta della Purificazione che, sotto i perentori ordini del santone Melvyn Jonas, ha costituito un villaggio nella profonda giungla della Nuova Guinea, noncurante dei pericoli dell’ambiente ostile e delle locali tribù di cannibali…
La particolarità legata a Mangiati Vivi! è sicuramente legata alla regia: più di una volta, specialmente negli ultimi tempi, lo spettatore nel visionare una pellicola ha avuto un senso di déjà-vu, attribuendo alle immagini sullo schermo un qualcosa di già visto per la poca originalità nella sceneggiatura o nel gestire un particolare tipo di scena. Nella pellicola di Umberto Lenzi non si può utilizzare come scusante una sceneggiatura poco ricca o comunque con situazioni già utilizzate (sebbene non eccelsa, lenta e noiosa, ma ne parleremo in seguito), perchè principalmente Mangiati Vivi! sembra essere un collage di scene già utilizzate per Il paese del sesso selvaggio unite insieme da altre scene (con una fotografia e uno stile totalmente diverso) – girate per l’occasione – che fungono da collante per raccontare una nuova storia. Si fosse parlato di Director’s Cut non ci sarebbe nessuna critica da fare, ma siccome la pellicola verte a raccontare una nuova storia, una nuova situazione, nuovi personaggi (anche se Me Me Lay è presente nei film Cannibal da decenni) e un tipo di ritmo totalmente diverso, la critica è inevitabile.
L’intro in stile Fulci fa sperare in un prodotto avventuroso ma con qualche brivido, il problema è che Lenzi non è Fulci e, anche se le opportunità ci sono e la voglia di fare pure, la pellicola si rivela un’accozzaglia di situazioni diverse con una trama noiosa e lenta.
Sebbene la recitazione da parte del cast sia buona, nelle scene più crude e splatter si fa largo uso di campi e controcampi utilizzando (come scritto sopra) scene girate per l’occasione per immortalare le espressioni dei protagonisti e scene di “repertorio” dall’altro lavoro di Lenzi: la differenza si vede e le emozioni e il pathos diminuiscono notevolmente.
Le musiche di Budy-Maglione sono molto d’atmosfera, strizzando l’occhio ai lavori fatti da Frizzi, ma non basta una buona colonna sonora per creare un’atmosfera totalmente inesistente.
La sceneggiatura scritta dallo stesso Lenzi in più occasioni sembra voler strizzare l’occhio ai Bond Movies che tanto andavano di moda all’epoca, con un antagonista folle e la bella e l’eroe che tentano di contrastarlo; situazioni che possono funzionare se gestite come si deve e con un prodotto che non può essere vicino ai Cannibal Movies.
In conclusione Mangiati Vivi! fa sì parte del filone Cannibal, ma oltre ad alcune scene cruente (per la maggior parte riutilizzo di inquadrature) presenta una trama estremamente noiosa e assolutamente dimenticabile: non basta inserire della carne cruda per fare un film shockante, prima di far parlare le immagini, bisogna costruire una storia che possa raccontare qualcosa, e il film di Lenzi non porta in scena né l’una né l’altra cosa.