Recensione da letto – Aloha
– Allora? Eh? Ti sono piaciuto? Che dici?
– Aloha, rilassati…
– Sì, va bene, ma ti sono piaciuto, no? La profondità della trama, le soluzioni formali? Quando mai hai visto personaggio come i miei?
– Vai piano, Aloha. Sicuramente delle cose di te mi sono piaciute…
– Ecco, ecco! Sono un bel film, un film di culto, uno di quelli che parlano all’anima delle persone, vero?
– …
– Vero? Ti prego, ti prego! Dimmi che sono un bel film!
– Cominciamo col dire che non sei un film fortunato. Prima ancora di arrivare nelle sale sei stato accusato a gran voce di “whitewhashing”. Come dire: sei ambientato alle Hawaii e tutti i personaggi sono perfettamente caucasici, che neanche nel cuore dell’Arkansas. Anche il personaggio interpretato da Emma Stone, Allison, che dovrebbe essere di discendenza hawaiana e cinese…
– Sì, lo so. Mi hanno praticamente cassato ancora prima che uscissi.
– Eh, l’ossessione per il politicamente corretto ha sempre trovato terreno fertile a Hollywood. Comunque hai ragione, piccolo: ti hanno fatto una croce sopra prima prima di vederti, un po’ come è successo per “The Lone Ranger”. Ed è un peccato, perchè non sei così male.
– Ma allora perchè? Perchè non hanno tutti inneggiato alla mia bellezza ed al talento del mio regista, Cameron Crowe?
– Bimbo, il problema è che sei come tutti i film di Cameron Crowe.
– C-come?
– Allora, in ordine sparso… Alterni momenti di pura poesia visiva a soluzioni narrative di una banalità sconcertante. Riesci a delineare sentimenti con maestria certosina, ma hai una struttura narrativa del tutto atipica, nel senso che della trama ti interessa relativamente: dai più spazio ai sentimenti dei personaggi e ai loro rapporti che a quello che effettivamente fanno. Non ti interessa raccontare una vicenda ma evocare una rete di relazioni umane. Tra l’altro, per un attore non deve essere una passeggiata.
– Oh, per fortuna, ho un cast solido come la roccia.
– E meno male, bimbo, perchè i tuoi dialoghi sono brillanti ma non sempre stanno in piedi. Ogni tanto avrei voluto fermarti e chiederti cosa stava succedendo. Poi però tiri fuori dal cappello alcune trovate spettacolari, come la conversazione silenziosa tra Gilcrest e Woody o il dialogo del cappello con gli occhiali. Insomma, Aloha, sei un casino.
– M-ma in senso buono?
– Alla fine, più sì che no. Cameron Crowe non è uno dei registi più facili, ma è senz’altro un buon scrittore. Ha la tendenza ad infarcire i dialoghi con monologhi verbosi e piuttosto improbabili, ma rimangono comunque migliori di molte delle schifezze che girano là fuori. È un’inguaribile romantico, cosa che in un regista ci può star bene…
E nonostante le critiche e gli incassi talvolta disastrosi, in qualche modo riesce a continuare a fare i film come gli pare a lui. Tuttavia, a parte forse “Jerry Maguire”, film di culto che parlano all’anima delle persone non ne ha fatti.
– Quindi non sono un film di culto?
– No, Aloha. Non sei un film di culto. Sei un film carino ma un po’ sfigato, uno dei tanti che non raggiungerà mai la fama che meriterebbe.
– Che tristezza…
– Adesso dormi. Domani ti preparo la colazione, ma niente monologhi.
– Oh. Va bene, niente monologhi…