Vertigo: analisi filmica
Dopo l’analisi di La finestra sul cortile, proponiamo un altro dei capolavori di Alfred Hitchcock, Vertigo (La donna che visse due volte), del 1958.
Il protagonista del film, Scottie (James Stewart), poliziotto affetto d’acrofobia, proprio a causa della paura del vuoto e dell’altezza, non riesce a salvare un suo collega, il quale muore durante un inseguimento sui tetti. Dopo aver lasciato la polizia è incaricato da un amico di vecchia data, Elster (Tom Helmore), di pedinarne la moglie, Madeleine (Kim Novak), in preda a strani turbamenti psichici. Scottie finisce per innamorarsi di lei, ma non riesce comunque ad impedirne la morte. La donna, infatti, sale su un campanile e si getta nel vuoto.
Robin Wood, nel libro Hitchcock Films, definisce Vertigo “uno dei quattro o cinque film più profondi e belli della storia del cinema”.
Interessante è l’uso del colore. Domina il rosso quando, nel ristorante, Scottie vede per la prima volta Madeleine, mente le successive tonalità verdi e più fredde alludono all’irrompere della morte nella vicenda.
Il protagonista e l’intera storia possono dirsi incentrati sul concetto dell’illusione.
Scottie supera le proprie debolezze e ha la possibilità di riprendere in mano la propria vita grazie proprio ad un’illusione, poiché gli incarichi assegnatogli da Elster sono una menzogna per mascherare l’omicidio di Madeleine.
Assistiamo ad una prevalenza di soggettive poiché il regista, fin da subito, vuole che lo spettatore condivida con Scottie anche l’esperienza della vertigine, resa tecnicamente attraverso la sincronia tra la zoomata all’indietro e la carrellata in avanti.
Dopo la morte della protagonista femminile, Scottie incontra Judy, evidente è la somiglianza della donna con Madeleine. Il poliziotto, quindi, inizia a frequentare Judy, spingendola a vestirsi e a comportarsi come la donna amata e perduta.
L’intero film è ambientato a San Francisco. Il Golden Gate Bridge, divenuto uno dei luoghi culto per gli appassionati di cinema, che vediamo nella scena in cui Madeleine si getta in acqua, fu scelto da Hitchcock già nel 1951. Il regista definì la location “il luogo ideale per un delitto”.
Lo spazio filmico è strutturato in base ad un continuo alternarsi di alto e basso. Alle superfici piane in cui il protagonista si muove sicuro si oppone la verticalità del campanile del monastero o dei tetti in cui Scottie è in evidente difficoltà.
Particolarmente importanti, nella seconda parte del film, sono le immagini in cui compare lo specchio. Quest’ultimo rappresenta l’elemento attraverso cui il protagonista vede se stesso e, contemporaneamente, ha la possibilità di vedere il personaggio femminile che, a sua volta, si osserva sulla superficie riflettente. Lo specchio è il luogo in cui si può scrutare più da vicino la trasformazione della donna. In Vertigo, il concetto dello psichiatra e filosofo francese Jacques Lacan sulla formazione dell’io, grazie all’immagine allo specchio dell’altro, è posto dal regista nel bel mezzo di un meccanismo d’illusioni. Infatti, quando Judy è ormai diventata in tutto identica a Madeleine, vediamo Scottie riconoscere di nuovo se stesso come soggetto, proprio mediante l’immagine dell’altra donna, o meglio l’illusione dell’altra.
Da sottolineare, inoltre, è la necrofilia del protagonista.
“Quest’uomo vuole andare a letto con una morta” spiega lo stesso Hitchcock.
Si può notare che è attraverso la rigenerazione di una donna morta che Scottie torna alla vita. Il protagonista desidera unirsi fisicamente e idealmente col fantasma di Madelaine, tanto che concentra tutte le sue energie nella creazione di un simulacro della donna perduta. Realizza, in realtà, una nuova illusione, senza rendersi conto del fatto che Judy-Madeleine è la Madeleine che crede morta. Scottie è destinato a subire di nuovo il trauma della morte e della perdita.
Il protagonista potrebbe essere un alter ego dello stesso Hitchcock, proprio perché, al pari di un regista, tenta di dar vita, manipolando Judy, a un soggetto inventato.
Ciò che viene cancellato, in questo gioco di illusioni, è l’identità di chi viene manipolato. Judy, infatti, in un primo momento, viene trasformata in Madeleine da Elster e, in seguito, subisce un’ulteriore trasformazione da parte di Scottie.
Vediamo entrare in crisi il protagonista maschile solo quando si accorge che ciò che lui ha fatto è stato precedentemente realizzato lucidamente da qualcun altro per mascherare un omicidio.
La donna, Judy-Madeleine, potrebbe sembrare in posizione di vantaggio rispetto all’uomo poiché è consapevole del meccanismo di cui è protagonista, mentre il soggetto maschile subisce l’inganno. Tuttavia, Kim Novak è nel ruolo di una protagonista femminile ambigua. Consapevole e vittima dell’inganno. Alla fine del film ciò che viene punito non è l’assassinio di Elster, ma la fragilità della figura femminile. Scottie, infatti, perderà per sempre anche Judy, dopo che questa, finita la recita, ha confessato al protagonista di aver collaborato con Elster a coprire, con il finto omicidio, la morte della vera Madeleine.